giovedì 17 aprile 2008

Aprite quella porta...


Mi interesso, come Presidente della Cellula Coscioni, di temi spinosi come aborto, eutanasia, droga, famiglie e laicità in senso ampio. Per una città come Francavilla affrontare simili tematiche resta un’impresa colossale, specie quando non si tratta di qualche predica sulle droghe che “fanno tutte ugualmente male” o di proporre pubblicamente ideologiche campagne “per la vita”. Roba trita e ritrita, soprattutto metodi, questi, non soltanto inadatti a risolvere o migliorare la quotidianità delle persone, ma anche poco rispettosi del senso di responsabilità di queste ultime.
Campagne scientifiche e informative, ci vorrebbero.
Sono convinto che il passaggio per il miglioramento del dibattito “politico” (inteso in senso ampio: la droga, il sesso, la vita sono politica, “vissuto”) giunga dal dialogo con (non dalla predica a) le giovani generazioni. Come si può, ad esempio, pensare di affrontare il tema sessualità-contraccezione-aborto senza rivolgersi direttamente agli studenti? Con chi dovremmo affrontare il fenomeno droga e parlare degli effetti che ciascuna di esse provoca?
Tra le scuole Superiori, il solo Istituto Professionale De Marco ci ha meritoriamente autorizzati a sottoporre ai ragazzi un test sulla conoscenza della pillola del giorno dopo, contraccettivo d’emergenza che sarebbe efficacissimo se solo fosse reso accessibile soprattutto alle ragazze costrette a peregrinare in ogni dove, tutte le volte che trovano il coraggio di recarsi in un ospedale per farsi prescrivere la ricetta obbligatoria. I risultati di quel test hanno confermato la necessità di una informazione urgente.
Nessun capo d’istituto ha risposto alla nostra proposta di indagine conoscitiva in forma anonima sull’uso di droghe da parte degli studenti, così come nessuno ha voluto che all’interno della propria scuola si affrontasse (a più voci, beninteso!) il tema dell’eutanasia con Mina Welby giunta nella nostra Terra. Sono stato costretto a chiedere ospitalità al Liceo Classico di Ostuni.
Io non voglio né ho mai voluto strumentalizzare od operare un lavaggio del cervello ai ragazzi in una delicata fase di formazione. Ho voluto e voglio, come rappresentante di una associazione, interloquire, confrontandomi con altre personalità che su certi temi la pensano diversamente. Parlare, dunque.
Esigo una risposta, che continua a non giungere. Non si addice ad una scuola superiore la strategia della noncuranza rispetto ad una sollecitazione propositiva. Ditemi pure che le mie richieste sono farneticanti, ma non rimanete in silenzio, un silenzio offensivo, soprattutto per il rispetto non verso di me, bensì verso coloro che di certe informazioni dovrebbero fruire.
Ora mi chiedo: è compito anche della scuola informare? E’ compito della scuola fornire ai ragazzi gli strumenti per crescere con responsabilità e per affrontare i momenti duri della vita, offrire una sventagliata di possibilità, come anche informarsi essa stessa, per comprendere di cosa gli studenti hanno bisogno? Oppure la scuola ha una funzione di soggetto tenuto a tappare gli occhi, addolcire la realtà, un po’ come facevano i nostri genitori quando eravamo piccoli, consolandoci, ogni volta che ci cadeva un dente, con l’arrivo del topolino pronto a lasciarci 5 mila lire sul comodino? Si ritiene davvero che certe discussioni, sui rapporti sessuali ad esempio, debbano essere relegate alle famiglie, lasciando che sia una specie di terno al lotto a decidere se la nostra sessualità debba svilupparsi serenamente oppure sotto i veti maschilisti di qualche padre padrone? Chi risponde a queste domande?

1 commento:

Anonimo ha detto...
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