mercoledì 9 aprile 2008

Legge 40. Ovvero, sprazzi di "pietas" cristiana.



Grazia, siracusana, trentenne. “Ho la traslocazione robertsoniana, un'anomalia cromosomica per cui al 75% è destino: non supero il terzo mese di gravidanza. Ogni volta abortisco naturalmente. Sono rimasta incinta quattro volte, quattro volte la speranza di un figlio si è interrotta prima della 12 settimana. Senza la fecondazione artificiale, senza la diagnosi pre-impianto non ho speranza. E tre embrioni, come prescrive la legge non bastano alla diagnosi: la statistiche dicono che c'è n'è uno sano ogni 6. Senza contare che per legge mi impianterebbero anche quello malato, lasciandomi poi la scelta di abortire, dopo. Ma chi ha scritto quelle norme sa cosa significa?”.

Sandra, 34 anni. La fecondazione assistita “è prevista dalla legge solo per le persone sterili mentre io come chi ha altre malattie rare o genetiche, posso avere figli. Sono quindi una cittadina diserieB: autorizzata a partorire bambini con un'altissima probabilità di vederli nascere malati, costretti a trasfusioni due volte al mese dalla culla e un'aspettativa di vita ridotta. Quale genitore vorrebbe un simile strazio per il figlio?".

1 commento:

Anonimo ha detto...
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