lunedì 14 aprile 2008

Se non sai bloccare una città non puoi avere diritti.



Severino ha deciso di non votare: è immobile dal 1995, quando una trombosi lo ridusse allo stato di "mummia pensante". Qualcuno dovrebbe portarlo sin dentro la cabina e tracciare una croce per lui. Per la legge italiana, infatti, possono votare da casa solo i disabili dipendenti continuativamente da apparecchiature elettromedicali; Severino Mingroni è paralizzato quasi completamente, ma non ha bisogno di macchinari per sopravvivere. Questa volta, però, non si farà accompagnare alle urne. Il suo appello lo ha lanciato tre giorni fa, con un video postato sul sito dei Radicali. «Sono un disabile gravissimo, ma considerato trasportabile. Vorrei votare da casa mia, ma so che la legge non lo consente, allora voi normodotati votate per me».
Ecco mi permetto di dedicare questa storia un po’ a tutta la politica buonista, a quelli che si fanno convincere dai blocchi dei camonisti o che sotto il ricatto di chi sa ridurre al collasso una città decidono di tornare sui passi di una legge che non va più modificata. Sulla pelle di chi è invece ridotto a pensare a quando poteva muovere liberamente i propri arti o respirare senza l’aiuto di una macchina, sulla pelle di costoro si possono non prendere impegni oppure prenderli e non portarli a termine.
Mi permetto di rivolgere questo pezzo anche al sen. Curto che più volte ha dichiarato il suo impegno per modificare la legge ed estendere il diritto al voto a domicilio a favore dei malati intrasportabili: senatore, dov’è finita quella proposta di legge che dichiarò di aver depositato in Parlamento?

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