martedì 8 settembre 2009

Perché non servono nuove carceri.


Radio radicale e pochi altri si sono occupati del suicidio (avvenuto un mese fa nel carcere di Rovereto) di un muratore 48enne arrestato perché in possesso di 99 grammi di hashish.
In questo periodo, la Comunità Penitenziaria nel suo complesso (detenuti, agenti, educatori, dirigenti) è alle prese con la vera emergenza italiana, quella della giustizia che, insieme all’invivibilità degli istituti di pena, rappresenta ciò che Marco Pannella ha definito “lo specchio dello Stato, del Regime, vigenti”.
Il Ministro Alfano, dal canto suo, ha dichiarato nel marzo di quest’anno che la situazione delle carceri pone il nostro Paese “fuori dalla Costituzione”.
Anche e soprattutto grazie all’iniziativa ferragostana dei Radicali, è venuta alla luce la (tecnicamente) illegale e disumana condizione nella quale versano le carceri italiane.
Circa 200 parlamentari hanno infatti meritoriamente deciso di visitare gli istituti di pena per rendersi conto della situazione ed i dati che ne sono scaturiti hanno consegnato un quadro a dir poco allarmante della situazione.
Che fare, allora? In molti propongono di costruire nuove carceri: in realtà va preliminarmente detto che una strada del genere ha costi notevoli e tempi biblici.
Si tenga presente, poi, che entro il 2010, continuando con una media di circa 800-1000 nuovi detenuti al mese, arriveremo alla cifra record di 70mila detenuti nelle carceri italiane, mentre attualmente sono circa 43mila i posti letto. Quanto tempo e quanti soldi ci vorranno per rientrare nella legalità? E’ una strada oggettivamente percorribile, in un Paese che in molti casi non riesce neppure a garantire il sapone ai detenuti? Si pensi a quanti sarebbero dietro le sbarre se non si fosse adottato il tanto criticato indulto del 2006!
Molto più fattibile sarebbe allora puntare sulle misure alternative al carcere, strada questa seguita perfino da Paesi come gli Stati Uniti che si sono accorti di come queste ultime misure siano meno costose e più vantaggiose per la sicurezza rispetto alla detenzione in carcere. Un solo dato può essere utile da valutare, quello relativo alla recidiva: quanti sanno che chi sconta la pena in carcere nel 68% dei casi torna a delinquere, mentre chi beneficia di misure alternative lo fa solo nel 19% dei casi? E quanti sanno che la diminuzione di un solo punto percentuale della recidiva consente un risparmio economico per la collettività di circa 51 milioni di euro all’anno?

1 commento:

PINK ROOM studio ha detto...

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