martedì 27 gennaio 2009

Ai compagni radicali. E a chi pensa di non esserlo (perché glielo fanno credere).


Cari compagni,
solo nello scorso dicembre abbiamo rinnovato le cariche all’interno di “Diritto e Libertà”, dopo aver attraversato un deserto senz’acqua, ma ci siamo comunque ritrovati con una fiammella accesa che, per quanto flebile, è sempre sinonimo di speranza.
L’insostenibile e straordinariamente grave colpo di mano del regime partitocratico (con la recente distruttiva e mortificante “questione Commissione di Vigilanza" -spacciata per "questione Villari”- ma non solo), ci dovrebbe imporre una risposta fuori dall’ordinario, dal normale, dal quotidiano.
Oggi, quello a cui vi chiamo è un moto di orgoglio, perché possiate comprendere quanto importante possa essere la storia e il presente, la lotta di ognuno di noi, quanto ci sia di vero nella frase secondo cui “un radicale in più fa la differenza”.
Tutto ciò è indiscutibilmente vero, se solo pensate a quanto la situazione di Francavilla sia stata da noi compresa con mesi d'anticipo e solo oggi ci viene riconosciuto che la nostra strategia in previsione delle amministrative era esatta.
Ma anche nella misera realtà francavillese sta avendo (apparentemente) la meglio, ancora una volta, la partitocrazia, sempre in bilico tra la vittoria scontata e la definitiva sconfitta. E’ ciò che abbiamo cercato di fare in questi mesi, è ciò che continueremo a fare nella mia città: spingere giù nel burrone del pensionamento i responsabili della morte politica e amministrativa di Francavilla.
Vi imploro quindi di crederci, di non rimanere con le mani ferme, perché il nostro impegno è fondamentale, perché tutti gli altri partiti sono tanto più contro di noi quanto più comprendono che noi siamo il popolo: nessuno di loro può sopportare l’idea che da queste bocche giungano proposte, programmi, progetti, che siano al di fuori di spartizioni aritmetiche di potere. Il nostro obiettivo deve essere quello di coinvolgere (con la partecipazione attiva, con la responsabilizzazione, col renderci “annusabili”, conoscibili) chi pensa di non essere radicale perché glielo fanno credere; nostro dovere è resistere con i mezzi che abbiamo, per prepararci a sconfiggere un regime arricciato su se stesso.
Vi chiedo, pertanto, un impegno straordinario, a partire dalla partecipazione all’assemblea interregionale in programma a Napoli sabato prossimo.
Quello che abbiamo scelto di svolgere militando in questo partito è un compito forse ingrato, se volete, sicuramente proibitivo, ma è anche il più giusto: è l’unico modo per stare dalla parte dei cittadini e predire il futuro con la semplicità e la saggezza di chi legge la storia.

giovedì 22 gennaio 2009

L'Italia è una Repubblica partitocratica fondata sulla violazione sistematica dello stato di diritto.


Mentre arriva dall’altra parte del mondo una boccata di ossigeno da un neo-Presidente che sceglie ancora lo Stato di diritto promettendo che chiuderà Guantanamo, i nostri leader politici cercano di appiccicare la loro storia su quella di chi vince le elezioni. Ed è così che al povero Veltroni non basterà far ricoprire l’Italia di manifesti pro Obama per spacciarsi di rappresentarne la versione nostrana (al massimo sarà quella all'amatriciana).
1 Ieri l’Italia ha approvato un accordo siglato quest’estate col quale Berlusconi si è impegnato a donare generosamente 250 milioni di dollari per venti anni al dittatore libico Gheddafi (col solo voto contrario di radicali, UDC e IdV): cosa importa se, solo per dirne una, la classificazione di Freedom House assegna alla Libia un voto pari a 7, il peggiore possibile nella scala di valori utilizzata per valutare il grado di libertà esistente in un Paese ?
2 Poi c’è la questione Vigilanza, che ha dell’inquietante. Ricapitoliamo: per mesi la Commissione non aveva eletto un Presidente e non lavorava. Marco Pannella adotta lo sciopero della fame e costringe i parlamentari ad incaricarsi del problema, con l’aiuto del Presidente Napolitano che interviene per dichiarare l’urgenza del funzionamento di quell’organo e il fatto che esso è tenuto all’adempimento di obblighi inderogabili. La prassi vorrebbe che il Presidente fosse indicato dall’opposizione, ma i parlamentari del PdL non vogliono Orlando(IdV); così, essi votano provocatoriamente per Villari (PD). Il centrosinistra non ci sta e chiede a Villari di dimettersi, minacciando, in difetto, l’espulsione di quest’ultimo dal partito ( cosa che avviene puntualmente). Villari, un po’ intontito, si dichiara disposto a lasciare, ma solo dopo aver adempiuto a quegli obblighi che il Presidente Napolitano aveva dichiarato “inderogabili”.
I soli radicali contestano il fatto che vi è un Presidente regolarmente eletto e c’è bisogno di far funzionare la Commissione, con il Presidente che c’è, in quanto in RAI e nella distribuzione degli spazi tv regna l’anarchia, con il mancato rispetto della par condicio, specie in Sardegna dove si terranno a breve le elezioni regionali.
A questo punto, persino i Presidenti delle Camere intervengono chiedendo non ai parlamentari di recarsi in Commissione, bensì al Presidente (regolarmente eletto) di dimettersi; nel frattempo Marco Pannella sporge denuncia nei confronti dei commissari ipotizzando il compimento dei reati previsti alternativamente all’articolo 289 del c.p. (attentato contro organi costituzionali) e 340 del c.p. ( interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità) che prevedono pene con la reclusione fino a 5 anni nel caso del verificarsi dei reati in questione. Ma a questo gesto col quale si chiede il rispetto della legalità fa invece seguito il giorno 21 gennaio l’atto con cui i Presidenti delle Camere revocano i commissari, facendosi carico di un precedente gravissimo che vedremo come sarà risolto. Nel frattempo il radicale Beltrandi prosegue l’occupazione della Vigilanza e annuncia ricorso.
Insomma, i rappresentanti delle istituzioni a presidio del rispetto della spartizione delle poltrone e non del funzionamento delle regole istituzionali e costituzionali.
Pdl e PD hanno prima ignorato il problema (chi dimentica quando Veltrusconi dichiarava che “agli Italiani non interessa questo problema! Essi devono pensare ad arrivare alla fine del mese!”?) e poi hanno fatto le barricate, del tutto disinteressati, evidentemente, al rispetto delle regole, ma intransigenti sulla spartizione delle poltrone.
Ecco il nuovo che avanza, ecco spiegato lo squallore: in pochi sono riusciti a seguire realmente la situazione. Io sono un privilegiato: io ascolto radio radicale.

domenica 18 gennaio 2009

DA SOSTENITORE FIERO DELLE PRIMARIE, ECCO PERCHE’ NON HO ADERITO AL COMITATO E PERCHE’ PRENDO LE DISTANZE DA CHI SI SCOPRE IMPROVVISAMENTE DEMOCRATICO


Chi ha seguito le vicende politiche locali avrà avuto modo di rendersi conto di quanto la mia lotta sia stata incentrata dalla prima riunione su due obiettivi nitidi: l’anagrafe degli eletti e le primarie.
Si trattava di due obiettivi utili per creare una maggioranza che si caratterizzasse per una ferma e seria scelta in favore della democrazia e della trasparenza.
La storia, nonostante i tentativi di mistificazione messi in atto da più parti, la conoscono in molti: non solo le primarie sono state rifiutate da tutti, ma vi è stato un deliberato, scientifico, militare tentativo di boicottaggio perpetrato nei nostri confronti per impedirci di parlare alla cittadinanza di questi temi. Noi radicali abbiamo organizzato due incontri pubblici aperti a tutte le forze politiche, abbiamo lanciato un’infinità di appelli sulla stampa e io stesso quest’estate ho tentato invano di raccogliere firme per un manifesto a sostegno delle primarie. La risposta delle segreterie politiche e dei cosiddetti liberi pensatori di sinistra è stata compatta contro quello strumento.
Il gruppo di Filomeno ha continuato, anche nell’ultimo comunicato ufficiale, a ignorare gli argomenti che il sottoscritto ha elencato innumerevoli volte, ma ha preferito scegliersi il debolissimo avversario nello sventurato PD.
In pochi giorni, per il resto, si è respirato un nuovo vento che ha per magia modificato le idee di molti e sul quale mi sono pronunciato immediatamente. Perfino i giovani del PD si dichiarano oggi per le primarie e pian piano, come avevamo preannunciato, i grandi leader democraticissimi di quel partito cambieranno in una notte la loro posizione, visto che tanto i principi sono qualcosa che si può nascondere come nel gioco delle tre carte.
Sono stato, poi, personalmente contattato per aderire al comitato a sostegno delle primarie, ma il documento sottopostomi non mi ha convinto fin da subito in quanto non erano (come non sono) chiari la funzione e gli obiettivi di suddetto comitato. Ho, per tale ragione, rilanciato l’idea (a mio parere, molto più precisa) di un semplice appello da proporre alle forze di centrosinistra nel quale si facesse riferimento solo ed esclusivamente allo strumento di designazione del candidato sindaco, senza preamboli o riferimenti vaghi ad altro.
Gli aderenti al comitato non ne hanno voluto sentir parlare. Se il loro obiettivo è solo quello di svolgere le primarie, di sicuro lavoreremo nella stessa direzione (anche se a quel punto non capirei il perché del "comitato" invece di un secco "appello", come avevo proposto).
Per ora, mio dovere era ed è quello di difendere la mia e nostra lotta di un anno (isolata, solitaria e ghettizzata volutamente) da operazioni politiche che nessuno ci ha spiegato con chiarezza e che peraltro paiono possibili grazie ad una sospetta sponda del PD.

giovedì 15 gennaio 2009

Primarie: democrazia od opportunismo?


Si parla molto, ultimamente, della possibilità di ricorrere alle primarie in vista delle elezioni amministrative a Francavilla Fontana.
Oggi c’è un rischio: il “rischio” è che una parte considerevole del PD si sia ravveduta dopo mesi in cui il sottoscritto ha lanciato un salvagente che nessuno ha voluto – deliberatamente e in maniera reiterata- raccogliere. Per mesi hanno detto che le primarie non andavano tenute perché non c’erano candidati, per non spaccare la coalizione o perché il toto-sindaco non appassionava, ma che bisognava pensare prima ai programmi (quali?).
Badate bene: “La nostra linea deve essere evitare le primarie a tutti i costi”, si diceva.
Ma oggi cosa accade?
Accade, per esempio, che vi siano autorevoli esponenti del PD brindisino che, improvvisamente, ritrovino la parola per rilanciare sul territorio “il metodo democratico delle primarie”, utile, si dice, “per evidenziare le differenze tra gli strumenti dell’azione politica” rispetto al centrodestra. Qual è la questione, allora?
Personalmente intendo differenziarmi da quell’ondata di persone che, sospinta da venti provenienti dalla Provincia, inizierà a questo punto la riforma camaleontesca della propria linea politica, rispolverando principi e ideali (in realtà, mai concepiti come propri o comunque) messi in soffitta per qualche ragione emergenziale, ossia per la “emergenza privatissima” di essere acclamati come candidati sindaci di un’intera coalizione, invece di legittimamente proporsi per competere democraticamente con chiunque aspirasse a quel ruolo.
Continuerò a spendermi a favore delle primarie, ma mi auguro che chi, da oggi, farà improvvisamente lo stesso, avrà il buon gusto di ammettere che “sì, si è sbagliato per mesi: quel pazzo di un radicale aveva ragione”.
Solo così la gente potrà credere a chi ancora una volta preferisce sposare posizioni mutevoli invece di condurre lotte, e solo così quello strumento, quanto meno, non sarà ulteriormente svilito agli occhi di chi crede realmente e genuinamente nella democrazia.

lunedì 12 gennaio 2009

Storia del percorso verso le amministrative.



L’atteggiamento ambiguo che si è tenuto a Francavilla rispetto alle primarie è la dimostrazione dell'approssimazione della classe dirigente del centrosinistra.
Quest'estate, dopo mesi di predica vana, tentai di raccogliere firme “simboliche” a sostegno di quello strumento democratico, ma fui costretto ad abbandonare l'idea a causa della totale mancanza di soggetti (a parte i compagni radicali e tre-quattro indipendenti cui va il mio apprezzamento) in grado di scorgere in quella proposta l'unica vera soluzione al pantano partitocratico.
Scrivevo il 31 maggio scorso in una lettera al segretario del PD : “Sia chiaro: chi è contrario alle primarie, è per il ritorno al vecchio, alle scelte delle segreterie chiuse e stantie. Tertium non datur.” E ancora prima, il 12 maggio: “Chiedo che si discuta ancora una volta sulla necessità o meno di rispettare la parola data, i patti, i principi enunciati e sistematicamente traditi, a partire dall’art. 20 dello statuto del PD”.
Non si tratta di un’autocelebrazione, ma della pubblicizzazione delle responsabilità e dei tentativi di proporre un accordo, cercato da noi anche dopo che una parte del centrosinistra decise di buttarci fuori dalla coalizione.
A quelle lettere, neanche a dirlo, non fece seguito nemmeno una pernacchia da parte di nessun esponente ufficiale.
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La coerenza non è necessariamente un valore (si può, è lecito cambiare idea), ma la buona fede sì.
Quando, passata l'estate, tutti i partiti del centrosinistra si sono incontrati mantenendo le posizioni immutate rispetto alla primavera, mi sono letteralmente cadute le braccia dinanzi, da un lato, a chi si appellava ad un "regime emergenziale" (“non possiamo disperdere forze con le primarie, dobbiamo approfittare del momento di crisi del centrodestra”) che legittimerebbe sempre tutto, anzitutto il tradimento dei valori e degli statuti, e, dall'altro, a chi il candidato già ce l'aveva e non aveva (come non ha) nessuna intenzione di ritirarlo perché il settarismo è nel dna di certa sinistra. Tutti uniti contro le primarie, dunque.
Neppure allora, dopo il periodo di pausa estivo, ci fu qualcuno che dall'interno o dall'esterno del pd o da altri partiti, disse una sola parola in appoggio al sottoscritto.
Tanto meno, oggi, i cosiddetti "giovani" del PD, che di quello strumento sono prodotto recentissimo e fiero.
Insomma, se il PD annaspa, la responsabilità è non solo del PD stesso (che ha voluto pervicacemente e ostinatamente rifiutare le primarie per 7-8 mesi) ma anche dei partiti della cosiddetta sinistra (che hanno scelto deliberatamente quella linea antipartecipativa da subito, si direbbe “senza se e senza ma”, sapendo che sarebbero andati allo scontro frontale e scegliendo lo scontro con l’alibi della candidatura di Bianco ventilata dal PD).
Dentro al PD, poi, è possibile che nessuno abbia mai neppure bofonchiato alcunché, durante le riunioni a cui ho preso parte, non dico per criticare il segretario e conseguentemente indicare una soluzione che fosse contrastante, ma nemmeno per porgere una domanda: “E se stessimo sbagliando?”?
Mi sia consentita l’intrusione in casa del partito più forte del centrosinistra, nel bene della coalizione con la quale decido sciaguratamente di stare: ma i compagni si sono ricompattati sulla improvvisa e inspiegabile sfiducia al segretario, con una scelta che sa di masochismo. Se si vota contro una linea, si presume che si voti anche a favore di un’altra. Dunque, qual è la linea attuale?

Oggi l’amico Giuseppe Bruno rilancia, e finalmente parla anch’egli di "statuto alla mano".
Ci si accorge di uno statuto, delle regole, dei principi(?) cui sarebbe ispirato un partito. Finalmente.
Ma è normale che non si capisca più nulla, è normale che coloro i quali si sono spesi per "evitare a tutti i costi le primarie" dovranno rendersi conto che non si può giocare con i "valori", i principi scritti negli statuti. E' normale che quello strumento perda di significato se si sostiene che va utilizzato solo per ricompattarsi e non come scelta irrinunciabile di trasferimento di poteri dal partito direttamente nelle penne dei cittadini.
Io non credo minimamente che si riusciranno ad organizzare primarie di coalizione, ma penso che quelle sarebbero (state?) l'unica scelta di un gruppo di forze radicalmente democratiche, alternative e in discontinuità rispetto allo strapotere dei partiti locali.
Temo invece che qualcuno tenterà di incartare una (non)competizione preconfezionata dalla quale uscirà un vincitore già scritto. Anche a questo ci opporremmo con tutte la nostra forza.

venerdì 9 gennaio 2009

Dedicato ai sostenitori dello “Stato” (e non della “democrazia”) palestinese.


Un articolo di Sergio D’Elia (Segretario di “Nessuno tocchi Caino”), apparso oggi su “Europa”, spiega in maniera perfetta il senso della lotta per la democrazia piuttosto che per uno Stato qualsiasi in Medio Oriente. Da radicali continuiamo a denunciare la cecità della via di guerra scelta dal governo israeliano tanto quanto le condizioni di totale isolamento nelle quali quel governo è costretto ad operare, circondato com'è da un insieme di regimi dittatoriali che intendono distruggere Israele.
I pacifisti, i comunisti, i nazionalisti, mi auguro vorranno dedicare a queste riflessioni qualche minuto evitando di tapparsi gli occhi e di marchiarci a vista come nemici filoamericani e filoisraeliani da tenere a distanza.
Ecco alcuni stralci dell’articolo, che inizia riportando il contenuto di una norma recentemente votata a larghissima maggioranza dal parlamento palestinese.

“(...) Una norma che, in linea con la sharia, prevede punizioni come impiccagione e crocifissione. La nuova legge, inoltre, prevede
- all’articolo 84 «non meno di 40 frustate e 3 mesi di carcere al musulmano che produce, detiene oppure consuma bevande alcoliche», oltre al «taglio della mano destra all’altezza del polso per chiunque commetta il reato di furto».
- «Gioco d’azzardo, diffamazione, insulto, atti osceni in luogo pubblico», sono tra i reati condannati con la fustigazione. Non si sa per quali reati i deputati islamici vogliano la crocifissione.
Dall’inizio del 2008, dodici persone sono state condannate a morte nell’Autorità palestinese compreso un giovane che avrebbe commesso il reato da minorenne. Sette delle dodici condanne capitali, tutte per collaborazione con Israele, sono state emesse da tribunali militari, contrariamente all’impegno assunto da Abu Mazen nel 2005 di trasferire tutti i processi capitali in tribunali civili. Due dei processi capitali (...) sono durati un solo giorno".

Normale chiedersi, a quel punto: "È questa la forma di stato che i fautori della soluzione politica «due popoli, due stati» vogliono sia instaurata in Palestina?".

L’articolo spiega peraltro come sia pilatesco e superato il principio secondo il quale ci dovremmo preoccupare solo ed esclusivamente dell’esistenza di un governo regolarmente eletto e precisa come con la moratoria delle esecuzioni capitali (…) le Nazioni unite hanno infatti affermato il primato del diritto umano, civile e politico della persona rispetto al potere assoluto degli stati, ma anche rispetto al luogo comune della autodeterminazione dei popoli che è la formula retorica e ipocrita con cui di solito si legittimano e giustificano regimi illiberali. (...)
Il «diritto alla libertà e alla democrazia» - e la nonviolenza come metodo per affermare tale diritto - e non il «diritto a uno stato nazionale qualunque esso sia», mi pare essere questo il punto fondamentale.
(…) I palestinesi hanno il diritto a non vedersi imposta una qualsivoglia forma di stato che non sia espressione e forza dei loro diritti umani, politici, civili, sociali e di coscienza. Gli israeliani vanno salvati, anche da sé stessi, dall’illusione sostanzialmente nazionalistica che la sicurezza di Israele, il cui territorio consiste solo nello 0,2 per cento dell’intera area e i cui abitanti sono appena lo 0,8 per cento della popolazione mediorientale, possa essere garantita dal suo esercito".

Da qui la soluzione alla tragedia.

“Occorre dare a Israele la prospettiva, la forza e la tutela dell’essere e sentirsi parte di uno spazio politico e giuridico sovranazionale, di una comunità non di sei milioni ma di mezzo miliardo di persone come può essere quella europea. Anche perché non vediamo l’alternativa, l’attendibilità di un progetto concreto o la semplice visione del governo italiano e dell’Unione europea sul Medioriente, al di là della retorica stucchevole «pace, pace, pace» e della formula ingannevole «due popoli, due stati», pericolosa non solo per Israele, ma anche per i palestinesi”.

mercoledì 7 gennaio 2009

Il centrosinistra gioca a perdere.


Mi chiedo se i “democratici” francavillesi abbiano a cuore il destino e la sorte del loro stesso partito.Quest’ultimo continua a prendere schiaffoni da tutte le parti: privo di una strategia in previsione delle future amministrative, esso riceve ogni giorno ultimatum e corteggiamenti che sanno di sberleffo. Prima Salonna, poi i partiti a sostegno di Mario Filomeno, tutti dichiarano la disponibilità ad un accordo col partito più grande del centrosinistra ma a condizione che questo si accodi e non esprima una sua candidatura. Dal PD nessuna voce si erge ad indicare una strada, sia pure tortuosa.
E’ paradossale peraltro continuare a leggere ancora dichiarazioni e appelli di esponenti PD (come di tutti gli altri partiti) a favore della “partecipazione democratica”. Quale partecipazione? Quale democrazia? Stiamo parlando di un partito che si è nascosto per evitare contaminazioni di qualunque genere, che ha ostinatamente rifiutato qualunque richiamo o suggerimento programmatico e che ha visto una mobilitazione interna soltanto in direzione di manovre sotterranee “contra personam”.
Abbiamo assistito e continuiamo ad assistere al silenzio più angosciante che ci si potesse aspettare (indice di grandi manovre partitocratiche), osserviamo un gruppo dirigente che si è suicidato politicamente e che ha deciso in maniera scientifica di attendere che le scelte si prendano altrove, non certo sul territorio del coinvolgimento dei cittadini.
In questo senso è probabilmente troppo aspettarsi un moto d’orgoglio da parte dei giovani democratici, fresco prodotto (si fa per dire) di quelle primarie che nessuno pare ancora volere nella nostra città, nonostante che il fallimento della linea sulle amministrative (con la “splendida” collaborazione del cartello dei cinque, i quali, a loro volta, forse trascurano le condizioni drammatiche- o forse lavorano per quelle- in cui essi potranno mettere piede in consiglio comunale) sia sotto gli occhi di tutti. Con queste premesse, si coglie chiaramente chi siano i migliori “compagni” del centrodestra.