mercoledì 30 aprile 2008

Per una "Notte (veramente) bianca".


La notizia della “Notte bianca” francavillese arriva in una fase abbastanza confusa della vita amministrativa della nostra città, una fase nella quale il Sindaco sta facendo le valigie e già ci si prepara alle prossime elezioni. La notizia, dunque, ci coglie un po’ di sorpresa.
Non so bene come la nottata è stata organizzata e strutturata ma pare che tutti gli eventi (per i quali sono stati stanziati 5mila euro, una miseria) saranno concentrati in un ridottissimo spazio che va da piazza Umberto I a corso Umberto I. Giustamente già si sente reclamare da parte dei commercianti di Viale Lilla, i quali chiedono che anche la parte un tempo più animata di Francavilla venga presa di mira da potenziali acquirenti. E la rivendicazione a me pare assolutamente legittima.
La “Notte bianca” nasce come evento per mantenere viva la città durante l’arco di un'intera notte, ma non solo: essa può, e a mio avviso deve, rappresentare un momento di sperimentazione di nuove formule di vita cittadina. Non sono a conoscenza del numero di iniziative previste, né di come le stesse saranno organizzate, ma ritengo che sia doveroso da parte dell’amministrazione tentare di essere ambiziosa, senza ridurre quel giorno a un modesto concerto in piazza, tipo sagra paesana. Sia questa l’occasione per dare innanzitutto alla periferia francavillese la dignità che essa merita; senza voler effettuare paragoni improponibili, nel bene come nel male, ricordo con piacere l’edizione della Notte bianca napoletana di due anni fa in cui nell’estrema periferia si tenne uno degli eventi più importanti, il concerto di Lucio Dalla. Si organizzi pertanto qualche evento significativo anche nelle zone periferiche, garantendo un servizio navetta, magari gratuito, che possa consentire il reale mescolamento tra centro e periferia, e impedendo alle auto di scorazzare in lungo e in largo. Sia quello lo spunto per tracciare una città nella quale con l’auto ci si dovrà muovere il meno possibile.
Insomma, “Notte bianca” deve significare certamente valorizzazione di tutte le potenzialità del centro storico, ma prima ancora momento di gioia e di raccolta dell’intera comunità, anche di quella normalmente dimenticata, e occasione per una città di scoprirsi nuova, più bella, da un giorno all’altro.

lunedì 28 aprile 2008

Se la linea è "più voti, meno idee", il fallimento è dietro l'angolo.


Da un po’ di tempo abbiamo intrapreso, come cellula Coscioni di Francavilla, alcune iniziative che certamente non esauriscono la portata delle nostre battaglie ma che ritengo e spero siano riuscite a dare un’idea di quello che può essere il ruolo della nostra associazione anche a livello locale. L’impegno fino ad ora profuso -con particolare riferimento all’informazione sessuale, specie nelle scuole, a campagne conoscitive in materia di droga, di eutanasia, di vita autonoma dei disabili e, comunque, più in generale, di laicità dello Stato (penso alla sala dei funerali laici, agli insistenti appelli di liberazione dall’intreccio tra politica e chiesa locale) ma anche a suggerimenti sull’ambiente, la cultura, la vivibilità della nostra città o la trasparenza della pubblica amministrazione e la continua ricerca del dibattito pubblico- credo rappresenti un elemento di ricchezza nel panorama politico locale di cui spero le forze politiche vorranno in qualche modo tenere conto: se, in preparazione delle prossime amministrative, a destra la battaglia è tutta personale e intestina, a sinistra si sono già notati ( insieme ad una strana avversione ed un preoccupante passo indietro rispetto alle primarie di due anni fa) i primi movimenti volti al coinvolgimento di personalità e forze politiche il cui contributo qualitativo pare francamente discutibile; comune è stato invece finora lo scarso interesse (quando non imbarazzo) dei partiti, vecchi e nuovi, nei confronti delle nostre iniziative, molto apprezzate invece dalla cittadinanza. Nel frattempo, dopo la chiusura a riccio delle scuole, si stanno iniziando a scoperchiare le inefficienze e gli inquietanti ostruzionismi delle nostre strutture sanitarie: in pochi giorni, nell’anonimato, nella clandestinità, nella paura, finalmente qualche coppia di ragazzini sta trovando la forza della disperazione per comunicarci lo scandalo rispetto alla mancata prescrizione della ricetta della pillola del giorno dopo presso l’Ospedale Camberlingo. Avevamo visto bene, dunque, con la campagna informativa di qualche tempo fa e la storia non finisce qui. Ma possibile che nessuno se ne sia mai accorto? Non dico la destra, ma come mai nemmeno i cosiddetti laici (da campagna elettorale) di centrosinistra o di sinistra cosiddetta "radicale" hanno mai ritenuto di occuparsi di sessualità e del dramma delle ragazze che vogliono evitare l’aborto, in una città in cui pare che tutti siano clericalmente uniti nell’incentivare il ricorso a quella pratica così tragica? La nostra voce, nel panorama politico, resta isolata, non trova la solidarietà di nessun (dico nessun) partito. Mi auguro per il bene di Francavilla che i dirigenti delle forze politiche (più che corteggiare gli pseudo-fortini elettorali) non vorranno farsi sfuggire l’occasione di aprirsi ad una vera contaminazione di coloro che hanno finalmente cercato di raccontare la storia del vissuto dei cittadini in un modo diverso, come non era mai successo a Francavilla, sgomberando il campo da ideologici e opportunistici atteggiamenti bigotti che hanno finora regnato incontrastati nella nostra Terra.

venerdì 25 aprile 2008

Negata all'Ospedale di Francavilla la pillola del giorno dopo.


E’ stata costretta a peregrinare per la città alla ricerca di un medico che le prescrivesse la pillola del giorno dopo. Lei, 17enne, non voleva dirlo a mamma e papà (chissà come mai!), ma all’Ospedale di Francavilla (nonostante l'art. 2 della 194 parli chiaro*) le hanno chiesto di presentarsi con un tutore, se no niente. Che poi significa “Se no, aborto!”. La solita storia, la solita colpa di aver avuto rapporti finalizzati al piacere. E’ il sistema, che impedisce di assumere delle responsabilità e che ti pone dinanzi al giudizio di decine di persone, medici di ogni risma, farmacisti spocchiosi e genitori pronti a rinchiuderti in casa non appena scoprono il fattaccio. Oppure medici umani, farmacisti comprensivi e genitori moderni. Dipende dalla sorte. Ancora una volta la tragedia delle ragazze si scontra con l’ignoranza o il bigottismo degli operatori.
Qualche settimana fa distribuimmo dei volantini con le informazioni utili per procurarsi la pillola del giorno dopo e con il mio numero di telefono in caso qualcuno avesse inventato problemi di qualche tipo. Ecco che allora i due ragazzini trovano il coraggio di chiamarci. Una vittoria, dei due ragazzi e della Cellula Coscioni. Una dimostrazione di quanto fallimentare sia ritenere il sesso una “questione di famiglia”.
E’ francamente intollerabile che si possa impunemente opporre una resistenza strenua ad una povera ragazza che ha a disposizione poche ore per evitare di rimanere incinta e ricorrere al dramma dell’aborto. Se una ragazza francese può procurarsi la pillola gratuitamente e una qualunque cittadina europea può trovarla senza ricetta in farmacia, una ragazza italiana deve, invece, prima trovare il medico di turno, beccare quello non obiettore (che su un contraccettivo d’emergenza non si capisce bene cosa debba obiettare) o quell’altro che, pur non obiettando, non abbia paura della 194; e solo allora, elemosinata la prescrizione (magari dopo un’accurata paternale), dopo che saranno trascorse le 72 ore, l’ovulo sarà stato fecondato e il contraccettivo d’emergenza non potrà avere alcun effetto, la ragazza potrà andare in farmacia a comprare la pillola invano.
Ma insomma, questo aborto, chi lo vuole?
*L'art. 2 della legge 194/78 recita testualmente "La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita ANCHE AI MINORI".

martedì 22 aprile 2008

Francavilla: il centrosinistra riparta dalle primarie.


E’ partita subito la corsa in preparazione alle prossime elezioni amministrative a Francavilla. Fatto, questo, assolutamente positivo e indispensabile per proporre un'alternativa alla destra in città. Leggo che, oltre a quello di Curto a destra, nel centrosinistra si fanno già i primi nomi, ma mi auguro che non si vorranno commettere ancora una volta gli stessi, soliti errori. In occasione delle scorse amministrative, assistemmo ad uno scontro interno folle e suicida che portò, solo dopo un accapigliamento collettivo e sconsiderato, alla scelta (imposizione per molti) delle primarie, con successivi immaginabili strascichi polemici tra alleati, a dir poco devastanti. Penso che quello, al di là della sconfitta di Tommaso Resta, si sia rivelato uno strumento di estrema importanza, di coinvolgimento determinante per la ripartenza di una coalizione che, se non si allarga, non ha alcuna speranza per imporsi alla guida della città. Ma soprattutto credo che le primarie abbiano rappresentato un punto di non ritorno, dal quale per il centrosinistra non sarà possibile cioè sottrarsi in tutte le future competizioni: lungi dal dover essere uno scontro tra partiti o correnti e dunque un travaso di poteri cristallizzati, le primarie devono rappresentarsi come l’elemento di effettivo e reale ampliamento della coalizione, l’unico vero e genuino strumento attraverso cui allargare un soggetto politico che altrimenti si sarà costretti ad appiccicare a colpi di assessorati promessi all’ultimo secondo, quello utile al deposito di liste fantasma, vuote di consensi.
Allora, si riparta dalle primarie e da una contestuale, immediata battaglia serrata sui programmi autenticamente riformatori, veri assenti di tutte le competizioni elettorali, soprattutto amministrative. A tutto ciò, si unisca la chiamata alle armi di personalità competenti, pronte a spendersi sulla base di una comprovata affidabilità in ambito amministrativo e non solo. Soltanto così si potrà scompaginare un panorama politico e amministrativo profondamente arrugginito e palesemente incancrenito.

lunedì 21 aprile 2008

Lega e Di Pietro: certezza della..."pena"!


Se gli interlocutori sulla giustizia sono Lega e Di Pietro, accade che il livello del dibattito è quello che è. E non è un caso che i due partiti che hanno aumentato il loro bottino elettorale siano stati proprio quei due che non hanno semplicemente lottato contro l’indulto, ma hanno anche avuto modo di sottolinearne i presunti “effetti devastanti”. Ecco allora che oggi le uniche voci che si sentono sull’argomento sono queste: da un lato le ronde leghiste, qualcosa di aberrante rispetto alla quale davvero credo sia giunto il momento di dire due parole. Perfino Di Pietro, che parrebbe l’unico accreditato a pronunciarsi su giustizia e sicurezza, la trova una soluzione fascistoide. Prevedere che privati cittadini possano circolare armati (non si capisce bene con quali compiti) per farsi “giustizia” da soli è un concetto costituzionalmente e umanamente devastante. Certo, se nessuno sa proporre una soluzione valida come alternativa, va a finire che gli elettori preferiscano i duri e puri a coloro che balbettano fermezza e non sanno motivare un provvedimento doveroso come l’indulto.
Da parte sua, Tonino Di Pietro ha formulato un paio di richieste risibili, rispetto alle quali mi piacerebbe sentire il parere degli attenti analisti locali ( evidentemente contenti di vedersi rappresentati nel "loro" PD da una linea che sulla giustizia è a dir poco indecente, contenti di seguire la strada tracciata dall'ex pm, ma probabilmente scontenti che Di Pietro si sia già allontanato da Veltroni; e il gruppo unico?!). Le più preoccupanti proposte sono la eliminazione di un grado del processo e l’immediata applicabilità della pena dopo la sentenza di primo grado.
In un Paese come il nostro, dove quasi la metà dei detenuti è ancora in attesa di giudizio, dove è possibile stare fino a nove anni in carcere in attesa di una sentenza definitiva, c’è chi (a sinistra, per carità!) ha il coraggio di usare questi argomenti e rilanciare la “certezza della pena”.
Ecco, dinanzi a nove milioni di processi non celebrati, c’è chi non sa sostenere la certezza della giustizia mancante. La giustizia deve essere una priorità, il rispetto dei principi dello stato di diritto, la stella polare di una forza che non voglia farsi trascinare sul terreno del demagogico scontro antirom, in ragione del quale la responsabilità penale smette di essere personale e diventa collettiva, di un’intera etnia.
Per questa ragione, si pone(va) come necessaria, accanto all’indulto, una amnistia in grado di consentire uno snellimento della disastrosa situazione di collasso della nostra giustizia come anche una ridiscussione dell’obbligatorietà dell’azione penale (e magari non dimenticare neppure la separazione delle carriere, rispetto alla quale a sinistra c’è più allergia che a destra).

venerdì 18 aprile 2008

O ci sei o ci fai.



Berlusconi mima il mitra rivolto verso una giornalista che aveva effettuato una domanda impertinente all'amico Putin...




Anna Politkovskaya era stata più volte minacciata di morte. Nel 2004, mentre indagava sul sequestro-massacro di ostaggi a Beslan, qualcuno ( secondo la giornalista era opera dei servizi segreti russi) aveva misteriosamente tentato di avvelenarla.
Nonostante ciò, lei aveva continuato a denunciare gli abusi dei militari russi sui civili ceceni, anche nel suo libro «Cecenia, il disonore russo».
La coincidenza più strana è che Anna Politkovskaya viene assassinata davanti all’ascensore di casa sua proprio alla vigilia della pubblicazione di un libro sugli orrori della guerra in Cecenia. Si trattava della denuncia delle torture praticate da una sezione delle forze di sicurezza cecene legate al primo ministro Ramzan Kadyrov, fedele al Cremlino. Durante uno dei suoi viaggi in Cecenia, la Politkovskaya fu tenuta in stato di fermo per tre giorni. L'omicidio della giornalista richiamò l'opinione pubblica internazionale sulla libertà di stampa in Russia, dove la maggior parte dei media è sotto il controllo dello Stato e le voci critiche sono costrette a tacere. Secondo l'International Federation of Journalists, oltre 80 giornalisti sono stati uccisi negli ultimi 14 anni.
Muore a Londra, nel novembre dello stesso 2004, Alexander Litvinenko, ex colonnello del Kgb rifugiato in Gran Bretagna avvelenato mentre indagava sull'omicidio di Anna Politkovskaya. Nel suo intestino erano stati trovati tre strani oggetti di materiale denso che l'uomo avrebbe ingerito. In uno scritto reso noto dopo la sua morte, Litvinenko punta il dito contro Putin accusandolo di essere implicato nella sua malattia. Intanto viene individuato il veleno usato per ucciderlo. Si tratterebbe di polonio 210, sostanza altamente radioattiva e cancerogena.



Insomma, caro Berlusconi. O ci sei o ci fai.

I sordomuti e la loro "prigione".




Un po’ di tempo fa sono stato chiamato a parlare di Moratoria delle esecuzioni capitali presso la sede dell’ENS a Taranto. L’ENS è l’ente nazionale sordomuti. Mi ci sono recato con la curiosità di vivere una esperienza diversa, di entrare in contatto con una comunità fortemente penalizzata. Però l’esperienza mi ha insegnato molte più cose di quanto avrei mai potuto immaginare. Ad accogliermi c’erano decine di persone, cosa che mi ha caricato di emozione e responsabilità. Aspettavano tutti me e non perché io fossi una star, ma perché si tratta di gente assetata di sapere, gente che vuole “ascoltare” con i mezzi che ha. La serata si è sostanziata in una piccola spiegazione che ho fornito loro sulla situazione della pena di morte nel mondo e nella successiva proiezione di una serie di interviste realizzate da Oliviero Toscani in un braccio della morte ad alcuni condannati. Successivamente i presenti hanno esposto le loro riflessioni. La più bella è venuta dal Presidente dell'ENS, il quale ha paragonato la vita di quei condannati a morte, in attesa di essere uccisi, alla condizione dei sordi: la stessa condizione di imprigionamento e incomunicabilità, la stessa impossibilità di entrare in contatto con la realtà e col mondo circostante. Invece di qualche elemosina da dispensare di tanto in tanto, sarebbe utile e necessario spendersi per garantire il conseguimento della vita indipendente di tutte le persone con disabilità. Quelli che con Piergiorgio Welby si sono battuti per una morte opportuna sono gli stessi che si battono per una vita autonoma e dignitosa. Questo è l’Associazione Coscioni.

giovedì 17 aprile 2008

Aprite quella porta...


Mi interesso, come Presidente della Cellula Coscioni, di temi spinosi come aborto, eutanasia, droga, famiglie e laicità in senso ampio. Per una città come Francavilla affrontare simili tematiche resta un’impresa colossale, specie quando non si tratta di qualche predica sulle droghe che “fanno tutte ugualmente male” o di proporre pubblicamente ideologiche campagne “per la vita”. Roba trita e ritrita, soprattutto metodi, questi, non soltanto inadatti a risolvere o migliorare la quotidianità delle persone, ma anche poco rispettosi del senso di responsabilità di queste ultime.
Campagne scientifiche e informative, ci vorrebbero.
Sono convinto che il passaggio per il miglioramento del dibattito “politico” (inteso in senso ampio: la droga, il sesso, la vita sono politica, “vissuto”) giunga dal dialogo con (non dalla predica a) le giovani generazioni. Come si può, ad esempio, pensare di affrontare il tema sessualità-contraccezione-aborto senza rivolgersi direttamente agli studenti? Con chi dovremmo affrontare il fenomeno droga e parlare degli effetti che ciascuna di esse provoca?
Tra le scuole Superiori, il solo Istituto Professionale De Marco ci ha meritoriamente autorizzati a sottoporre ai ragazzi un test sulla conoscenza della pillola del giorno dopo, contraccettivo d’emergenza che sarebbe efficacissimo se solo fosse reso accessibile soprattutto alle ragazze costrette a peregrinare in ogni dove, tutte le volte che trovano il coraggio di recarsi in un ospedale per farsi prescrivere la ricetta obbligatoria. I risultati di quel test hanno confermato la necessità di una informazione urgente.
Nessun capo d’istituto ha risposto alla nostra proposta di indagine conoscitiva in forma anonima sull’uso di droghe da parte degli studenti, così come nessuno ha voluto che all’interno della propria scuola si affrontasse (a più voci, beninteso!) il tema dell’eutanasia con Mina Welby giunta nella nostra Terra. Sono stato costretto a chiedere ospitalità al Liceo Classico di Ostuni.
Io non voglio né ho mai voluto strumentalizzare od operare un lavaggio del cervello ai ragazzi in una delicata fase di formazione. Ho voluto e voglio, come rappresentante di una associazione, interloquire, confrontandomi con altre personalità che su certi temi la pensano diversamente. Parlare, dunque.
Esigo una risposta, che continua a non giungere. Non si addice ad una scuola superiore la strategia della noncuranza rispetto ad una sollecitazione propositiva. Ditemi pure che le mie richieste sono farneticanti, ma non rimanete in silenzio, un silenzio offensivo, soprattutto per il rispetto non verso di me, bensì verso coloro che di certe informazioni dovrebbero fruire.
Ora mi chiedo: è compito anche della scuola informare? E’ compito della scuola fornire ai ragazzi gli strumenti per crescere con responsabilità e per affrontare i momenti duri della vita, offrire una sventagliata di possibilità, come anche informarsi essa stessa, per comprendere di cosa gli studenti hanno bisogno? Oppure la scuola ha una funzione di soggetto tenuto a tappare gli occhi, addolcire la realtà, un po’ come facevano i nostri genitori quando eravamo piccoli, consolandoci, ogni volta che ci cadeva un dente, con l’arrivo del topolino pronto a lasciarci 5 mila lire sul comodino? Si ritiene davvero che certe discussioni, sui rapporti sessuali ad esempio, debbano essere relegate alle famiglie, lasciando che sia una specie di terno al lotto a decidere se la nostra sessualità debba svilupparsi serenamente oppure sotto i veti maschilisti di qualche padre padrone? Chi risponde a queste domande?

martedì 15 aprile 2008

Chi ha vinto e chi ha perso.


L’alternativa questa volta era più che mai tra l’essere scontenti e l’essere seriamente preoccupati. D’altronde, solo la sinistra comunista poteva e può preferire un governo reazionario ad uno “riformista” (si fa per dire). Dunque non era il mio caso.
Vittoria del centrodestra, risultato sostanzialmente deludente del PD. Tra i piccoli, boom della Lega e scomparsa di PS e SA.
1. PD. La scelta di Veltroni di andare, direi, ideologicamente da solo, è stata una scelta che sapeva di sconfitta, con alcune opzioni sconsiderate anche rispetto al veto nei confronti dei radicali che avrebbero potuto dare un contributo sicuramente maggiore (soprattutto potendo contare sull’ottima esperienza di governo della Bonino) se fosse stato consentito loro di presentarsi con il proprio simbolo di libertà e non camuffati nelle liste PD, impedendo di fatto il compimento del miracolo di due anni fa con la RnP: un milione di voti di qua e non di là, come solo ai radicali riesce. Uno dei tanti errori.
2. CENTROSINISTRA. Addossare tutte le colpe a Bertinotti (che pure ha tifato in maniera suicida per la fine di Prodi), poi, mi pare francamente ingeneroso, un gesto indice di scarsa onestà intellettuale: al Presidente della Camera va sicuramente riconosciuto di aver compiuto un atto di dignità politica con le dimissioni. E’ evidente che la SA ha perso voti alla propria sinistra (circa l’1%), ha perso i voti degli astenuti delusi (perché la sinistra comunista ha nel dna la opposizione nelle piazze) e ha perso anche i voti di chi ha preferito la "utilità" di Veltroni. Da contraltare ha fatto sicuramente un altro voto di protesta come quello leghista (populista, conservatore, fondato sulla purezza della razza) al quale non si è saputa contrapporre, come dicevo, una visione chiara di “diritto” che sostenesse principi di sinistra come la tolleranza.
Insomma, andare da soli può andare bene se c’è una evidente impraticabilità su un accordo politico, non se si vuole semplicemente dare un’idea che suoni bene come spot, un po’ come tutte quelle che il saggio Walter ha elaborato e proposto in campagna elettorale. Anche perché il PD non è andato da solo ma si è fatto accompagnare dalla peggiore demagogia populistica e giustizialista (targata IdV), la quale si trova a sinistra solo per una coincidenza di matrice antiberlusconiana.
3. GOVERNO PRODI. E’ stata in gran parte la sconfitta del governo uscente: tanto è vero che tutti, forse proprio con l’eccezione dei radicali, hanno preso le distanze dall’operato del governo Prodi e lo stesso Veltroni ha ossessivamente (cinicamente e slealmente nei confronti dell'ex premier) parlato di “superamento degli ultimi 15 anni di politica italiana” già da quest'estate, da prima che l'esperienza del centrosinistra finisse, non lo dimentichiamo.
Un esempio emblematico è l’indulto: nessuno, a parte i soliti, ne ha riconosciuto la paternità, nessuno ha avuto il fegato di sostenere che si trattava di un atto di rientro nella legalità, ma si è preferito ribadire la necessità di costruire nuove carceri e magari proporre inasprimenti di pene. Insomma roba che riesce bene ai leghisti che infatti sono stati premiati. Nessuno ha saputo affermare con forza che la giustizia è una delle urgenze da risolvere, col diritto e non con la pena. Si è preferito bofonchiare qualcosa appiattendosi su un vento destrorso che è spirato forte fin da quest’estate ( ve la ricordate la campagna antirom e contro i pulitori di vetri? Che pena!) e che ha portato con sè anche la fine dell'esperienza dell'Unione.
4. PDL. Quali sarebbero i meriti della destra? A mio avviso, nessuno. Essa ha portato avanti due anni di opposizione fondata sul tifo e la speranza che cadesse Prodi, ripetendosi, a mo' di training autogeno, "ce la faremo...ce la faremo...". Alla fine ce l'hanno fatta. Il PdL e Veltroni.
Il PD ha premuto molto su una campagna personalistica, che desse idea di un solo uomo che pronunciava il “verbo”. E questo avrà potuto avere anche delle conseguenze positive su chi era stanco di ascoltare tanti polli che non riuscivano a emettere un’unica voce, ma la sostanza non era granché.

5. FRANCAVILLA. Il PdL a Francavilla si supera con oltre il 52% e il PD prende poco più della metà dei consensi. C’è da riflettere se questo risultato si registra un mese dopo un fatto di una gravità inaudita occorso al sen. Curto il quale, se è vero che non era candidato, ha comunque messo il bollino della sua presenza in apertura di tutte le manifestazioni pubbliche del centrodestra. La sinistra, dal canto suo, dovrebbe comprendere che è percepita in tutta la sua inconsistenza e come un corpo estraneo, dall’elettorato francavillese, ormai conscio della pochezza dei propri amministratori, ma ancora contrario a cambiare casacca. Bisognerebbe recepire il messaggio, che è giunto il momento di stabilire un contatto con i cittadini, anche in previsione delle prossime elezioni amministrative, a quanto pare imminenti.
La strada è anzitutto quella della partecipazione e del coinvolgimento per un soggetto politico in grado di rappresentare l’alternativa radicalmente liberale, laica e democratica, con una propria idea diversa di società. Occorre ripartire da questa vittoria berlusconiana, preoccupante per il destino dell’Italia, e creare anzitutto nella nostra città le condizioni per un’alternanza. L’alternanza per l’alternativa.

lunedì 14 aprile 2008

Se non sai bloccare una città non puoi avere diritti.



Severino ha deciso di non votare: è immobile dal 1995, quando una trombosi lo ridusse allo stato di "mummia pensante". Qualcuno dovrebbe portarlo sin dentro la cabina e tracciare una croce per lui. Per la legge italiana, infatti, possono votare da casa solo i disabili dipendenti continuativamente da apparecchiature elettromedicali; Severino Mingroni è paralizzato quasi completamente, ma non ha bisogno di macchinari per sopravvivere. Questa volta, però, non si farà accompagnare alle urne. Il suo appello lo ha lanciato tre giorni fa, con un video postato sul sito dei Radicali. «Sono un disabile gravissimo, ma considerato trasportabile. Vorrei votare da casa mia, ma so che la legge non lo consente, allora voi normodotati votate per me».
Ecco mi permetto di dedicare questa storia un po’ a tutta la politica buonista, a quelli che si fanno convincere dai blocchi dei camonisti o che sotto il ricatto di chi sa ridurre al collasso una città decidono di tornare sui passi di una legge che non va più modificata. Sulla pelle di chi è invece ridotto a pensare a quando poteva muovere liberamente i propri arti o respirare senza l’aiuto di una macchina, sulla pelle di costoro si possono non prendere impegni oppure prenderli e non portarli a termine.
Mi permetto di rivolgere questo pezzo anche al sen. Curto che più volte ha dichiarato il suo impegno per modificare la legge ed estendere il diritto al voto a domicilio a favore dei malati intrasportabili: senatore, dov’è finita quella proposta di legge che dichiarò di aver depositato in Parlamento?

giovedì 10 aprile 2008

Antifascismi, Ferrara e la nonviolenza.



Leggo, sul blog “casa del popolo”, un articolo ( presentato con una foto che, mi sia consentito, mi sa un po’ di vecchio) nel quale si critica giustamente la manovra opportunistica di revisionismo di alcuni personaggi della destra. Dopo di che, in alcuni commenti semiufficiali al post, provenienti da una "riserva indiana" di partito (Forum delle donne PrC), sento esprimere un’incomprensibile solidarietà nei confronti dei lanciatori di uova e pomodori all’indirizzo di Giuliano Ferrara, picchiati dalla polizia ( sempre unica responsabile di tutto, anche della violenza cosiddetta “antifascista”).
C’è bisogno davvero di fare un po’ di chiarezza, perché le scelte ambigue di un partito (o sarebbe meglio dire soltanto di un capopartito) possano emergere in tutta la loro limpidezza. E’ infatti evidente che la opzione bertinottiana di nonviolenza sia un’opzione che nella base e in gran parte della dirigenza non si digerisce, non si comprende e la ragione sta nel fatto che essa appare un po’ attaccata con la saliva, come i manifesti rifondaroli con sullo sfondo Mahatma Ghandi, difficilmente sposabile con la cultura stile "99 posse".
Sia chiaro che non c’entra nulla, con la vicenda di Ferrara, quella del Papa che interviene in una cerimonia ufficiale di apertura dell’Anno Accademico e che non ha né può avere diritto a parlare a nome di tutti gli studenti come fanno Sindaco e Ministro. Tra l’altro contestare è un diritto anche quando non è condivisibile il motivo che c’è dietro quella contestazione. Non è invece un diritto impedire di parlare e buttare uova all’indirizzo di qualcuno, nemmeno di un uomo alla ricerca di provocatorie quanto assurde strade che gli diano un po’ di visibilità con moratorie “clandestinizzatrici”. Dunque, oltre che violento e poco antifascista, quello è un modo di agire politicamente idiota. Cari compagni, è il caso di smetterla di fare gli antifascisti alimentatori dei più assurdi e antistrorici fascismi, è giunta l’ora di non mostrare più la stessa intolleranza che i totalitari di destra mostrano e hanno mostrato nei vostri confronti. Quella sarà l’ora della nonviolenza, che è amore per la libertà e che non può essere mai odio di una persona, ma il cui approdo si realizzerà quando vi inizierete ad occupare della tragicità del pensiero che vive nella mente di alcuni che hanno fatto quella scelta drammaticamente folle.

Scriveva Pasolini :
In realtà ci siamo comportati coi fascisti (parlo soprattutto di quelli giovani) razzisticamente: abbiamo cioè frettolosamente e spietatamente voluto credere che essi fossero predestinati razzisticamente a essere fascisti, e di fronte a questa decisione del loro destino non ci fosse niente da fare. E non nascondiamocelo: tutti sapevamo che quando uno di quei giovani decideva di essere fascista, ciò era puramente casuale, non era che un gesto, immotivato e irrazionale: sarebbe bastata forse una sola parola perché ciò non accadesse. Ma nessuno di noi ha mai parlato con loro. Li abbiamo subito accettati come rappresentati inevitabili del Male. E magari erano degli adolescenti diciottenni che non sapevano nulla di nulla, e si sono gettati a capofitto nell’orrenda avventura per semplice disperazione"

mercoledì 9 aprile 2008

Legge 40. Ovvero, sprazzi di "pietas" cristiana.



Grazia, siracusana, trentenne. “Ho la traslocazione robertsoniana, un'anomalia cromosomica per cui al 75% è destino: non supero il terzo mese di gravidanza. Ogni volta abortisco naturalmente. Sono rimasta incinta quattro volte, quattro volte la speranza di un figlio si è interrotta prima della 12 settimana. Senza la fecondazione artificiale, senza la diagnosi pre-impianto non ho speranza. E tre embrioni, come prescrive la legge non bastano alla diagnosi: la statistiche dicono che c'è n'è uno sano ogni 6. Senza contare che per legge mi impianterebbero anche quello malato, lasciandomi poi la scelta di abortire, dopo. Ma chi ha scritto quelle norme sa cosa significa?”.

Sandra, 34 anni. La fecondazione assistita “è prevista dalla legge solo per le persone sterili mentre io come chi ha altre malattie rare o genetiche, posso avere figli. Sono quindi una cittadina diserieB: autorizzata a partorire bambini con un'altissima probabilità di vederli nascere malati, costretti a trasfusioni due volte al mese dalla culla e un'aspettativa di vita ridotta. Quale genitore vorrebbe un simile strazio per il figlio?".

martedì 8 aprile 2008

Il mio voto radicale.



Sia chiaro una volta per sempre: questo (questo!) pd non mi rappresenta e io non sarò mai un suo iscritto.
Sic stantibus rebus, può un radicale votare PD? Mi sono personalmente battuto per UN partito democratico, ho raccolto convintamente le firme a sostegno della candidatura di Marco Pannella a leader del pd (ricordo con orgoglio la firma del Presidente della Provincia di Brindisi) e trovo che l’ostinazione con cui si è voluta intraprendere la strada dell’accordo sia il frutto di una coerente posizione assunta fin dall’inizio. Ho personalmente ceduto e mi sono scoraggiato, però, nel momento in cui ho percepito che quell’accordo aveva l’aria di essere un accordo da chiudere “a tutti i costi”, perché gli accordi si fanno in due, non sotto il ricatto di aut aut o di veti intollerabili ( come quando non ci fu consentito di entrare in coalizione perché avevamo Luca nel simbolo) o peggio del mancato rispetto della parola data. E allora che andassero a perdersi.
L’accordo ha lasciato perplessi molti di noi, perché “questo” PD è assolutamente privo di una qualche idea liberal, molto affascinato da compagnie populiste e giustizialiste, è uno spot vivente, antirom e per la "certezza della pena" (non sia mai "del diritto"), che gironzola in pullman per l’Italia.
Inutile chiedersi su quali basi giuridiche e con quale cecità politica abbia potuto, questo Pd, rinunciare a due come Marco Pannella e Sergio D’Elia, protagonisti indiscussi di una vittoria (la moratoria) divenuta punto d’orgoglio di un partito di opportunisti. Mai come ora sarebbe stato opportuno che una classe politica rispondesse con i principi costituzionali alla demagogia grillesca e dipietrista. In poche parole, l’opportunità predicata dagli opportunisti.
Inutile rammentare a lor signori l’indulto. Vi ricordate Papa Woityla quando chiese un gesto di clemenza per i detenuti in Parlamento e fu accolto da un'ovazione? Oggi tutti respingono la paternità di quel provvedimento, tranne noi radicali (che, peraltro, il Papa in Parlamento non lo volevamo), convinti che per due anni le galere siano rientrate nella legalità, condizione che presto verrà abbandonata ad un nuovo sovraffollamento ormai cronico e non abbattibile se non attraverso riforme strutturali (ma non nel senso di nuove strutture carcerarie bensì) con provvedimenti che evitino il collasso del diritto. Veltroni, pronto a mantenere invariato lo stato di delinquenza abituale della giustizia, anche su questo, sarà in buona compagnia e come al solito non nostra.
Voterò radicale, non Pd, e lo farò per riconoscenza e conoscenza, conoscenza della storia. Perché a chi ci dice che il Pd perderà voti a causa dell’accordo coi radicali rispondo che saremo noi a giocarci tanto, a rischiare sotto quel simbolo che non ci rappresenta. Voterò solo Poretti al Senato, non “Pd” alla Camera, dove lascerò la scheda bianca, perché sono certo del fatto che ogni radicale abbia un bollino stampato addosso, un bollino di efficienza e di coerenza, di affidabilità e di capacità riformatrice, dimostrato coi fatti, i fatti dell’antiproibizionismo quotidiano (per intenderci, quello con cui anche noi ci confrontiamo nelle regioni più desolate del sud, in questi paesini governati dall'ostruzionismo delle scuole e da confraternite sovvenzionate da assessorati di ogni colore) contro le balle da ostentare in campagna elettorale. Lo farò perché sono radicale, perché so che siamo diversi e meritiamo la fiducia di noi stessi, della nostra diversità che è storia e presente, che è l’unico modo per proporci come alternativi non solo a questo regime ma anche a questo Pd.
Da Presidente della Cellula Coscioni di Francavilla Fontana sono convinto che non imporre l’argomento laicità come base programmatica non significhi, per noi radicali, dare vita ad un nuovo compromesso, in base al quale la nostra storia verrebbe buttata nel cestino degli opportunismi cattocomunisti; significa invece avanzare da soli nel Paese, come sull’eutanasia, come sempre, con le energie che si hanno e che sono tante. Ogni volta che abbiamo lottato quelle energie sono state determinanti anche quando eravamo, come siamo sempre stati, un’esigua minoranza nelle istituzioni e una maggioranza assoluta nel Paese.

venerdì 4 aprile 2008

Se il nostro futuro dipende da una barzelletta dell'On. Vitali.



Leggo su “Senza colonne” che avrebbe destato scandalo una barzelletta, pare “spinta”, raccontata dall’On. Vitali nel corso di una trasmissione andata in onda su Telerama. Ho seguito quasi tutta la trasmissione e non mi sono accorto della barzelletta. Ho notato come la stessa conduzione sia stata caratterizzata dall’inizio alla fine da una serie di battute che sicuramente avevano poco a che fare con la politica.
Nella nostra terra, si sa, lo sa anche l’On. Vitali, che un infortunio del genere ( per chi lo considera un infortunio) può contare molto più di una rapina a mano armata compiuta in una gioielleria. E la cosa intristisce. A prescindere dalla barzelletta (che, ripeto, non ho ascoltato), condivido quello che l’On. Vitali tentava di dire in trasmissione (quando qualcuno rimproverava che spesso qualche politico è stato pizzicato con prostitute o a consumare droga) e cioè che i politici sono uomini. E’ vero, lo sono. E non c’entra niente ricordare loro che sono onorevoli, perché andare con le prostitute o consumare droga sono atti che non hanno nulla a che vedere con le capacità di politico e con il giudizio su una persona. Si tratta di scelte puramente personali, che andrebbero rispettate anche quando non condivise. Al massimo può far incazzare sentire la comprensione che l’On. Vitali mostra delle debolezze o meno dei politici-uomini, quando poi in Parlamento chi vota le leggi (compreso l’On. Vitali) non tiene affatto conto delle libertà personali degli Italiani; piuttosto continua a preferire ficcarsi sotto le lenzuola per spiare quante volte o con chi noi andiamo a letto, invece di regolamentare con discrezione alcuni fenomeni per rendere la nostra vita un po’ migliore.
Ma il momento in cui ho deciso di cambiare canale è stato quello in cui l’Onorevole è partito con la solita battuta rivolta a Nichi Vendola, colta solo da chi conosce il parlamentare francavillese.
Accadde la stessa cosa durante un comizio a Francavilla nella campagna elettorale delle Provinciali (ma chi sa quante altre volte, in realtà), in cui l’On. Vitali si lasciò andare a battute di livello infimo sui gusti sessuali del Presidente della Regione Puglia. Battute, quelle, molto apprezzate in piazza, in grado di suscitare ilarità e applausi scroscianti ma anche la mia vergogna di francavillese.
Ecco, se fossi stato in dubbio se votare o no Vitali, mi avrebbe schifato quel linguaggio omofobo e non una barzelletta un poco hard. Ma si sa, a destra c’è sempre l’esigenza, tutta di “almirantiana” memoria, oltre che di deridere le prestazioni altrui, di sottolineare le performance proprie di uomini vigorosi, come se questo fosse elemento in grado di rassicurare i cittadini e l’elettorato che vuole una classe dirigente tutta d’un pezzo. Questo, non altro, è lo squallore.

giovedì 3 aprile 2008

Chi tace ha consensi. Ovvero: che tristezza...


Stiamo assistendo alle elezioni politiche più disgustose cui mi sia mai capitato di prendere parte. Hanno spacciato questa competizione per una competizione tra due partiti quando in realtà regna la confusione più totale e non si rispetta la par condicio.
C’è gente che si improvvisa candidata premier, ogni giorno ne scopro uno nuovo.
In questo marasma capita di ascoltare dichiarazioni rilasciate per tirare la gente di qua e di là. Allora capita di sentire che un tale generale candidato del PD ritiene gli omosessuali inadatti all’esercito, esattamente quanto io ritengo inadatto lui a fare il Parlamentare. Se questo è il punto di incontro laico dell’esperimento veltroniano, allora siamo a cavallo... Esattamente allo stesso livello dell’On. Vitali che anche ieri sera in una trasmissione su Telerama non si è lasciato sfuggire l’occasione per ironizzare sui gusti del Presidente Vendola. Ma dovrebbe rendersi conto che ormai non fa ridere più nessuno.
Poi capita di sentire qualche candidato della SA, di quelli tosti, quelli inflessibili sulla laicità, dire che hanno fatto bene a tirare pomodori a Ferrara mentre questi parlava in piazza a Bologna. Anzi, “Dovrebbero farlo in tutte le piazze d'Italia". Ritorniamo al solito discorso, che poi Ferrara, che nella provocazione in malafede ci sguazza, diventa una povera vittima invece di rimanere vittima di se stesso. E magari, mentre fino ad ora non sapeva neppure lui se votarsi, adesso qualche voticino riuscirà pure a prenderlo grazie a questi campioni di libertà. Bravi, compagni!
Poi vedi a destra che la Santanché diventa d’un tratto lei (quella che si “deve” definire orgogliosamente fascista, per raccattare qualche consenso) quella dei diritti umani, del boicottaggio ai giochi olimpici, la dura e pura che s’è fatta da sola.
Il tutto mentre Berlusconi annuncia cordate pronte per Alitalia, che in realtà non esistono (di pronto c’è il futuro dell’assistenzialismo di Stato per un’azienda che perde un miliardo di euro all’anno), e la campagna elettorale del Popolo della libertà, peggiore destra d’Europa, cavalca la più accanita demagogia.
In tutto questo, se almeno si potesse votare una persona, saprei bene che il mio voto non si mischierebbe a quella che spacciano per “sintesi” di un partito.

martedì 1 aprile 2008

Risultati del test di sabato.

OGGI MERCOLEDì 2 APRILE ALLE 18,30 SU QUARTO CANALE RADIO( www.quartocanaleradio.it ) INTERVISTA RELATIVA AI TEST E SULL'INFORMAZIONE SESSUALE.


Il test ha visto la partecipazione di 145 ragazzi (59 femmine e 86 maschi) tra i 14 e i 18 anni.
Da rilevare che i ragazzi vorrebbero quasi al 90% maggiori informazioni sul sesso; il 63,5% vorrebbe un distributore di preservativi nella scuola ( mentre il problema non è avvertito tra le femmine-solo il 38% è favorevole-, la percentuale sale all’80% tra i maschi, i quali sanno quanto sia imbarazzante procurarsi un preservativo in farmacia).
Emblematico che una ragazza su due ammette di non sapere come fare per procurarsi la pillola, che quasi tre su quattro non saprebbero cosa fare se venisse negata loro la prescrizione della ricetta e che quasi la metà non parlerebbe coi genitori di una eventuale gravidanza (a dimostrazione di come questo non sia un problema da relegare esclusivamente ai genitori).

Le domande erano le seguenti:

Vorresti che si facesse maggiore informazione nella tua scuola? 89,5% sì 10,5% no

Vorresti che ci fosse un distributore di preservativi nella tua scuola? 63,5% sì 37,5% no

(solo per le ragazze)

Sapresti procurarti la pillola del giorno dopo? 51% sì 49% no

Se ti negassero la prescrizione sapresti cosa fare? 27,2% sì 72,8% no

Se scoprissi di essere rimasta incinta e non volessi portare a termine la


gravidanza, sapresti a chi rivolgerti? 61,1% sì 38,9% no

Con chi ne parleresti? 31% mamma 21% entrambi i genitori
47% altri (amica, sorella, fidanzato, medico)


Ringraziamo l’Istituto Professionale De Marco per la sensibilità mostrata e per averci consentito di sottoporre questo stesso test ai ragazzi; il risultato non è al momento disponibile, ma provvederemo a diffonderlo a giorni.
Ci aspettiamo una risposta positiva anche dagli altri capi d’Istituto che pure sono stati interpellati.

Se il singolo è "piazza".



Se il blog diventa una piazza (nel senso più meschino della parola, nel senso della piazza in stile gogna che tanto piace, in stile offesa alla persona, non di abbattimento dell’idea), se diventa il luogo nel quale ci si nasconde, il covo della “folla”, dietro la quale trovare il “coraggio” per lanciare accuse, critiche o improperi, se diventa quella sede protettiva dalla quale soltanto, da impotenti, si riesce ad attaccare il potente di turno, magari solo potente perché proprietario di un messaggio propositivo, sorridendogli o inchinandosi se lo si incontra da vicino; se si instaura la cultura del sospetto che chi scrive contro di te, ti conosce e ti segue per osservare le tue debolezze (che paura!). Se internet diventa questo, allora è uno schiaffo in faccia alla libertà di espressione. Se internet, da strumento in grado di valorizzare le singole individualità, si trasforma in metodo per mischiarsi ai lanciatori di pomodori o di monetine, ci si fa ridere dietro. Ed è il dibattito a risentirne, non certo chi ci mette tutti i giorni nome, cognome e faccia.