venerdì 4 settembre 2009

A proposito di facoltà, divieti, arte e coraggio di sperimentare.


La preannunciata guerra da parte dell’amministrazione francavillese nei confronti di chi non rispetta il decoro urbano rappresenta un obiettivo giusto, condivisibile, in parte doveroso. Tuttavia appare opportuno sottolineare come ogni condotta meriti un’analisi specifica e come non si possa affrontare tutto con il semplice divieto, che è e deve restare la “extrema ratio”, la strada da seguire quando non ve ne sia altra e soprattutto quando una pratica sia solo in grado di produrre un danno alla collettività.
E’ necessario che si eliminino abitudini come quella di abbandonare rifiuti per terra (e, aggiungo io, si adottino soluzioni meritocratiche per chi differenzia la raccolta dei rifiuti) o di non raccogliere gli escrementi dei propri cani o ancora la pratica della pubblicità selvaggia (sperando che la stessa intransigenza degli amministratori si registri anche in periodo di elezioni verso gli spazi non assegnati ai manifesti elettorali!).
Ci sono poi altre condotte che, laddove indirizzate, incanalate, incoraggiate, potrebbero rivelarsi addirittura un investimento per la comunità; pensiamo a quanto avviene per chi è capace di creare murales. La nostra preoccupazione come cittadini deve essere di andare alla ricerca del bello, dell’armonia, della serenità e della “vita” che c’è nei colori; d’altro canto, la filosofia dovrebbe essere sempre, per quanto possibile, quella di convertire il divieto (che spesso alimenta, anziché abbattere, lo sviluppo selvaggio di una data pratica) in “facoltà regolamentata”. Alcune amministrazioni hanno sperimentato soluzioni come quella di dare una chance a spiriti creativi che, oltre ad avere uno spazio dove esprimersi in libertà, potrebbero rendere un servizio anche alla città.
Perché allora non pensare di individuare spazi specifici e ben delimitati, dove lasciare che la fantasia e la creatività di chi ha talento possa venire fuori (e magari essere premiata dalla stessa amministrazione) e dare nuova vita a zone diversamente abbandonate al degrado e all’incuria collettiva? Perché non pensare ad incentivare, in questo modo, le migliori capacità creative (che potrebbero, perché no, persino venire da fuori), invece di rimanere in attesa che le zone più coraggiose e ricche d’Italia e d’Europa osino per noi, privandoci anche di tutte le migliori potenzialità artistiche?

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