martedì 31 maggio 2011

FRANCAVILLA, CITTA' da ROTT-AMARE.




Un test proposto su internet nel mese di aprile, ha fornito spunti sul perché i francavillesi troppo spesso preferiscano muoversi con un mezzo inquinante come l’auto piuttosto che a piedi o magari in bicicletta.

Su un campione di 75 persone, tolto un terzo di persone che lavorano fuori Francavilla, il resto lavora in città e di questi la maggior parte usa l’auto (solo il 23% va al lavoro a piedi); l’87% degli interpellati usa inoltre l’auto -con una frequenza variabile- anche per effettuare spostamenti di qualunque genere nella stessa città, in cui le distanze sono quasi sempre di poche centinaia di metri.

Francavilla città dell’auto

C’è la convinzione che i cittadini francavillesi siano destinati a non poter modificare le loro abitudini, in una visione apocalittica che si arrende agli eventi e che non è in grado di governarli o indirizzarli. Un Comune ha il dovere di programmare e di operare una scelta di promozione, dell’auto oppure di mezzi pubblici, bici e zone pedonali. Se non si creano le condizioni, difficilmente il cittadino rinuncerà alla comodità dell’auto, il cui uso oggi viene invece quasi sollecitato dalle scelte dell’amministrazione.

Auto ed inquinamento

Sugli ultimi numeri del Brindisino si è giustamente posto il quesito al sindaco in ordine alle scatole vuote delle cabine antismog, che pare non funzionino e non rilevino nulla. Una città che non conosce i propri problemi, come fa a risolverli?

Vie cittadine? Discariche per auto!

Se guardiamo le foto delle città di molti anni fa, con le strade così larghe e senza auto, veniamo assaliti da un senso di pace e serenità, benessere fisico e padronanza degli spazi. L’auto è un problema anche come fattore di inquinamento acustico e come impatto visivo, eppure a Francavilla parcheggiare sui marciapiedi o sugli scivoli per disabili è una pratica diffusa.

Dov’è la politica: parole…

I programmi dei candidati sindaci annoverano tutti, tra le priorità, le piste ciclabili, ma non se ne è mai sentito discutere.

Su "Il brindisino" si discusse alcuni mesi fa di chiudere via Roma, però la sfida non è stata raccolta e il dibattito sul PUG sembra per ora impermeabile alla mobilità.

fatti

La politica a Francavilla, ha come unico interesse la creazione di nuove vie di fuga per l’auto e la ricerca di un posto dove lasciarle. Il punto, sia chiaro, non è chiudere una strada al traffico o creare un km di pista ciclabile: siamo infatti risucchiati in un’ottica “automobile centrica”, per la quale cioè la città è pensata in funzione del traffico veicolare e non piuttosto per i cittadini. Promuovere un mezzo alternativo all’auto vuol dire optare per una città più silenziosa, più bella e gradevole, più pulita, più “nostra”. Perché altrove-in realtà più o meno grandi della nostra- si può e qui no?

Che fare?

La mobilità dovrebbe appassionare e dividere in quanto campo di battaglia di due visioni opposte di città. Invece, nulla. Occorre subito un ampio dibattito sul tema, occorre scegliere tra due modelli: quello attuale favorisce l’auto; io ritengo che si debba invece puntare sulle zone pedonali e sull’uso della bicicletta, mezzo più efficiente (si arriva prima) ed economico (non comporta spese), oltre che ecologico e salutare per chi lo utilizza: il tutto attraverso una serie di misure di favore per i mezzi alternativi all’auto, il cui uso va invece scoraggiato. Una amministrazione moderna compierebbe questa scelta. E una opposizione seriamente ambientalista e riformatrice entrerebbe in sana competizione.

L’augurio è che questo giornale lanci un dibattito aperto sul punto. Personalmente, come ho fatto sulla droga, sono pronto a studiare un piano concreto da sottoporre ai cittadini, più che alla politica ormai impantanata e sorda alle sollecitazioni costruttive. Da subito, chi ci sta?

mercoledì 25 maggio 2011

Omofobia: problema dei cittadini o della politica?



La serata contro l’omofobia svoltasi sabato 21 maggio, ha visto una grande partecipazione di pubblico, oltre che di militanti radicali che hanno voluto manifestare la loro vicinanza alla comunità LGBT, a ventuno anni dalla eliminazione dell’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.

Sono stati esposti manifesti che ritraevano persone dello stesso sesso che si scambiavano un semplice bacio e devo dire che la gente non è apparsa scandalizzata, ma solo incuriosita.

Sono stati distribuiti preservativi e materiale di informazione sessuale ed ai passanti è stato inoltre sottoposto un test, i cui risultati sono di certo interessanti: per l’87% degli interpellati l’omosessualità non è una malattia, mentre il 75,6% degli stessi ha dichiarato di non modificare l’atteggiamento se sa che l’interlocutore è una persona omosessuale. Ma colpisce anche la percentuale del 67% che afferma di non provare fastidio all’idea di vedere due persone dello stesso sesso che si baciano.

L’impressione, anche alla luce di queste risposte, è che l’omofobia sia un problema molto più dei politici – tenutisi a debita distanza dall’iniziativa- che non della gente comune. Da sottolineare, in particolare, come nell’incredibile risposta fornitaci qualche giorno fa dal sindaco (secondo il quale la sessualità sarebbe un fatto da lasciare al privato) si dimentichi che la vita degli omosessuali –come quella di chiunque altro- è fatta di esteriorità e si svolge pertanto anche al di fuori delle mura domestiche.

Il messaggio inaccettabile, in definitiva, parrebbe “puoi essere gay, ma a casa tua e senza farlo vedere”: secondo questa logica, chi non rientra nella cosiddetta “normalità” si vede costretto a vivere nella frustrazione dei propri sentimenti.

La verità è che questa politica è lontana dalla gente e per questo arrossisce di fronte al loro vissuto, come di fronte all’amore di due persone che non siano eterosessuali. Per questo c’è la necessità del riconoscimento dei diritti, a partire da quelli delle coppie di fatto, fino ad oggi palesemente discriminate.

mercoledì 18 maggio 2011

21 maggio, piazza Umberto I, Francavilla, dalle 21 in poi. "Liberi di amare. Per la libertà, per la responsabilità!".

"La battaglia contro l'omofobia e le discriminazioni che ne derivano non deve essere condotta solo ad opera di meritorie avanguardie, ma deve divenire un ben più vasto impegno civile" (Giorgio Napolitano).



Il 17 maggio scorso si è celebrata la giornata internazionale contro l’omofobia nel 21° anniversario della rimozione dell’omosessualità –da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità- dalla lista delle malattie mentali.
Nonostante l'invito rivolto dalla cellula Coscioni di Francavilla, le istituzioni locali -nel silenzio complice e imbarazzato di tutti i partiti- non aderendo alla giornata (come invece hanno fatto tanti Comuni e Provincie italiani di ogni schieramento), hanno dimostrato quanto necessaria sia una lotta in favore della comunità LGBT, una lotta in favore della possibilità di rendere pubblico il proprio orientamento sessuale senza paura di essere oggetto di odiose discriminazioni.

Per questo, SABATO 21 MAGGIO,
dalle 21 a mezzanotte, i radicali e la cellula Coscioni saranno in piazza Umberto I a Francavilla Fontana dove esporranno manifesti che ritraggono persone dello stesso sesso che si scambiano un innocente ed amorevole bacio.
Nell'occasione saranno distribuiti preservativi a tutti coloro i quali si sottoporranno ad un piccolo test.
SARA' PRESENTE CRISTIAN FRISCINA, RAGAZZO OMOSESSUALE DI CELLINO SAN MARCO VITTIMA DEL MANCATO RINNOVO DELLA PATENTE DOPO AVER RESO PUBBLICA LA PROPRIA OMOSESSUALITA'.Mostra altro

martedì 17 maggio 2011

La giornata contro l'omofobia a Francavilla: quando celebrare la fine di una discriminazione fa arrossire.



Oggi 17 maggio, mentre si trova il fiato per festeggiare gli "eventi che contano", la giornata contro l’omofobia trascorrerà senza nessun gesto o segnale, qui a Francavilla. E non per dimenticanza, ma per scelta. Oserei dire, scelta trasversale.

Si sarebbe potuta cogliere l'occasione per scrivere una nuova pagina di civiltà, come quando, sempre su richiesta radicale, il consiglio votò la mozione contro la pena di morte o approvò il registro dei testamenti biologici.

Tuttavia, non riponevo molte speranze in una risposta positiva delle istituzioni locali in ordine all’appello sull’affissione dei manifesti di due omosessuali che si scambiano un gesto di affetto.

Se il Presidente Ferrarese ha scelto un silenzio scontato, il sindaco Della Corte ha invece motivato il “no” dichiarando che la sessualità attiene al privato, dimenticando forse che la vita degli omosessuali (come quella di lesbiche, bisessuali o transgender) è fatta di esteriorità e si svolge pertanto anche al di fuori delle mura domestiche, dove chi non rientra nella cosiddetta “normalità” si vede costretto a vivere nella frustrazione dei propri sentimenti.

Devo dedurre che anche per il sindaco valga il motto “puoi essere gay, ma solo a casa tua e senza darlo a vedere”? Mi auguro di no.

La verità è che si arrossisce di fronte all’amore di due persone che non siano eterosessuali.

Mi chiedo, poi, come possano dirsi di sinistra partiti che non promuovono ma neppure difendono i diritti di persone ghettizzate a causa dell'orientamento sessuale.


A questo punto, anche alla luce del silenzio di tutti i partiti, onoreremo noi, anche se con qualche giorno di ritardo, questo 17 maggio e terremo un sit-in, in piazza Umberto nella serata di sabato 21, in cui esporremo le locandine per manifestare contro l’omofobia e distribuiremo preservativi in nome dell’amore e della responsabilità. Cristian Friscina (l’omosessuale vittima del mancato rinnovo della patente) ha già preannunciato la sua partecipazione. L’invito è esteso a tutta la cittadinanza.

mercoledì 11 maggio 2011

Appello a Ferrarese e a Della Corte (ma anche a tutti i partiti locali di destra e sinistra) per la giornata contro l'omofobia.



Egr. Sig. Presidente della Provincia di Brindisi
Egr. Sig. Sindaco di Francavilla Fontana,

il 17 maggio si celebrerà la giornata internazionale contro l’omofobia. Si tratta del 21° anniversario della rimozione dell’omosessualità –da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità- dalla lista delle malattie mentali.
In occasione di questa giornata, tanti Comuni e Provincie italiani (da Torino a Palermo), di tutti gli schieramenti, stanno promuovendo momenti di riflessione ed azioni per denunciare e lottare contro ogni violenza fisica, morale o simbolica legata all’orientamento sessuale.
A questo scopo, chiedo al Comune di Francavilla Fontana ed alla Provincia di Brindisi di aderire a questa campagna e di predisporre l’affissione di manifesti già realizzati dalle organizzazioni che si battono per la difesa dei diritti delle persone LGBT, in cui campeggia la foto di due persone dello stesso sesso che si scambiano un innocente ed amorevole bacio. Si tratta di un piccolo ma importante e concreto gesto in direzione dell’accettazione di persone che vivono una condizione ancora oggetto di una intolleranza inaccettabile.
Sono certo che non Vi lascerete sfuggire l’occasione per far sentire tutti noi - brindisini e francavillesi- fieri di un importante atto di sensibilità istituzionale.
Vi ringrazio anticipatamente per quanto potrete realizzare.

domenica 8 maggio 2011

QUEGLI OCCHI CHE URLAVANO: la vita e la morte di un uomo e del suo corpo sequestrato.





Maddalena Soro, autrice del libro “Quegli occhi che urlavano”. Un libro toccante che racconta la storia di un uomo, Giovanni Nuvoli, costretto a fare i conti con una malattia gravemente invalidante, la SLA, la malattia che fu di Luca Coscioni.
Quella di Nuvoli, raccontata dalle parole crude e amorevoli della moglie, è una storia con un epilogo terribile:la morte per fame di fronte al diniego della sospensione della ventilazione polmonare.

Ci racconti la storia personale, sua e di suo marito.
Mio marito era una persona sana, non è mai stato malato. Ad un certo punto della sua vita, iniziò ad accusare un po’ di stanchezza. A volte inciampava. Diceva “che strano, sono un po’ distratto!”. Poi invece andammo da uno specialista che ci diede questa “sentenza”: Sclerosi Laterale Amiotrofica.

Qual è stata la prima reazione alla notizia?
Io pensai “se è laterale amiotrofica significa che investirà solo una parte del corpo”. Lui disse di non fasciarci ancora la testa. Il problema era che non conoscevamo assolutamente questa malattia. Quando i disturbi iniziarono a progredire, ci informammo e capimmo la gravità della situazione.

Ho avuto modo di leggere il libro e devo dire che la storia di suo marito mi ha colpito più di altre vicende maggiormente note. Ciò che mi ha scosso molto è l’idea di un uomo intrappolato nel suo stesso corpo, con un ostruzionismo da parte delle istituzioni e della politica...
…asl, medici, Comune…Io ho sempre lavorato con i disabili, ma non conoscevo assolutamente la SLA.
Vista la scarsa privacy e la mancanza di delicatezza sulle persone da parte del personale, ad un certo punto ci interrogammo sul che fare: impuntarci o lasciar perdere? Col passare del tempo eravamo sempre più in balia di medici e infermieri e mio marito finiva col non contare nulla. Era un numero di letto, loro non vedevano un uomo. Nessuno si curava di come stesse, se avesse freddo o caldo, se avesse bisogno di qualcosa. Nulla! E lui fermo lì a guardare questa gente che gli passava davanti.

Nel libro si parla di questa escalation in cui suo marito chiedeva la fine delle terapie ma nessuno gli credeva, nonostante lo facesse con mezzi sempre più attendibili.
Al presentarsi del suo primo problema respiratorio, fu portato ad Oristano, ormai in coma. Poi si riprese un po’ e disse che non voleva assolutamente essere attaccato alle macchine. Io lo tranquillizzai che tanto non gli avrebbero mai fatto nulla contro la sua volontà. Dopo un paio di giorni era invece attaccato alle macchine. Chiesi ai medici il perché e loro mi dissero che lo avevano fatto in quanto avevano visto che c’era un’insufficienza respiratoria. Sbottai e dissi “E le carte che ha firmato non contano nulla? Ma cosa pensate, che mio marito sia una pallina?!”. Fu una decisione del primario e mi meraviglio di come sia stata consentita impunemente una scelta contro la volontà di Nuvoli.

Cosa feriva suo marito?
L’essere considerato un numero. I medici mi dicevano “Signora, si rassegni. La malattia lo rende egoista, lo lasci perdere”.

Qual è l’aneddoto più spiacevole?
Una volta chiesi al primario di poter portare mio marito a casa, e lui “Signora, noi le daremo un’ora (di assistenza, ndr), però lo smerda lei!”. Gli risposi: “ma quando i suoi bambini erano piccoli, lei diceva a sua moglie di smerdarli?!”. Questa cosa mi ha toccato molto. Ecco, nel libro non c’è una parola in più di ciò che mi è stato detto, piuttosto ce ne sono molte in meno.
Di notte lui spesso mi diceva “ora che non ti vede nessuno, staccami dalle macchine” oppure ”sparami”. Io cercavo di sdrammatizzare, ma lui continuava a parlarmi con quegli occhi da cui cadevano le lacrime a cucchiaiate. Mi diceva “sono stanco, lasciatemi andare”.

E cosa gli procurava sollievo in quel periodo straziante?
Un giorno Nuvoli inviò una lettera ad un giornale e subito dopo gli si presentò il dott. Tommaso Ciacca; allora Nuvoli mi disse “lui sarà il mio grande aiuto, mi aggrapperò a lui finché farà qualcosa come qualcuno ha fatto con Welby”. Giorni prima, invece, ricevetti una telefonata: “Ciao, sono Marco Cappato. Noi vorremmo venire ad ascoltare Nuvoli, per vedere come possiamo aiutarlo”. Cappato non voleva staccarlo dalle macchine, ma solo capire qual era la situazione. Quella sera, diluviava, persi l’ombrello… tornai a casa e comunicai telefonicamente a mio marito la bella notizia. Il giorno dopo lui era felicissimo e mi disse “Tu sei la grande mia signora!”.

Come sa, si discute in questi giorni di una legge sul testamento biologico. Come avrebbe commentato suo marito questa legge, per come è stata formulata oggi?
L’avrebbe pianta. Io credo che andrebbe preparata una legge da gente competente, questa gente non sa neanche cos’è una macchina. Ricordate cosa diceva il Presidente del Consiglio su Eluana? E allora di cosa ci meravigliamo. La vita è fatta di nascita e morte. Nuvoli diceva: “Non vogliono manipolare l’embrione…ma allora perché manipolano me che sono un uomo?!”.

mercoledì 4 maggio 2011

In risposta al comunicato dell'associazione Medici Cattolici di Brindisi (da Senza Colonne del 3-5-2011).








Di seguito, la mia replica al comunicato dei Medici Cattolici di Brindisi sul tema del fine vita.

Pur apprezzando la disponibilità al dialogo, trovo oltremodo discutibile nel merito la nota dei Medici Cattolici i quali hanno tentato in maniera piuttosto smaccata di modificare l’oggetto della discussione, introducendo argomenti fuorvianti.
Non mi sottraggo comunque al dibattito ed anzi ne approfitto per chiedere un confronto pubblico sul tema del fine vita.
Sono scomparse dalla nota idratazione e nutrizione artificiali, oggetto invece in Parlamento di una discussione falsata visto che a livello scientifico non è dibattuto se siano o no trattamenti medici. L’OMS ha risposto positivamente a tale domanda. Tali trattamenti non dovrebbero pertanto poter essere imposti per legge, diversamente da quanto ideologicamente previsto finora dal ddl Calabrò.
Ma nella nota a firma dell’Associazione Medici Cattolici si dichiara che la vita prescinde dal benessere dell’uomo. Non v’è chi non veda in tale affermazione una esasperazione di una visione materialistica, che non si cura minimamente dell’uomo come essere pensante, come soggetto in grado di relazionarsi col mondo e si guarda al dolore come ad un aspetto del tutto secondario: e non è casuale quindi che in un’idea del genere, nella fase di promozione di una legge, la volontà dell’uomo e i suoi desideri passino in secondo piano e soccombano rispetto alla necessità di imporre una concezione di vita di alcuni su tutti gli altri. Al contrario, io non voglio stabilire in cosa consista la vita, se trascorrerla senza possibilità di muoversi, parlare o comunicare sia indegno oppure no, ma vorrei lasciare che ognuno ne attribuisse il significato che ritiene. E solo una visione rispettosa della scelta individuale può essere anche in grado di partorire una legge liberale e laica.
Nella nota, si ridicolizza ancora una volta il principio di autodeterminazione, utilizzando concetti quali “desiderio capriccioso dell’individuo”, dimenticando che stiamo parlando di trattamenti medici delicatissimi, con tutto il carico di dolore che gli stessi si portano dietro.
Si rifiuta l’idea del “diritto alla non cura”, ma ci si dimentica dei casi degli ultimi anni; si dice che “la persona ha la facoltà di sottrarsi alle cure, ma senza pretendere che il medico collabori con lui in questo intento”. L’art. 32 ci consente già oggi, come noto, di non sottoporci ad un trattamento chemioterapico, andando incontro alla morte. E non dovrebbe poi consentirci anche di sospendere una cura intrapresa (così, il dott. Riccio che aiutò Welby sarebbe un assassino e Welby un “bambino capriccioso”?)? E in questo senso perché ciò non dovrebbe valere anche per chi non è in grado di comunicare ed ha lasciato delle direttive scritte?
Come spesso accade, si agita lo spauracchio dell’Olanda quale esempio di Stato che promuove l’eutanasia per i bambini. L’eutanasia sui minori di dodici anni è una pratica eccezionale prevista in caso di estreme sofferenze del bambino, non alleviabili secondo le classiche terapie del dolore, a fronte di una prognosi disperata, e che ovviamente abbisogna del consenso dei genitori. Se si analizzassero poi laicamente i dati sulla legge olandese si scoprirebbe che legalizzare l’eutanasia ha garantito sia un controllo sul fine vita sia un aumento delle cure palliative e quindi una riduzione della sofferenza per tanti malati. In Italia possiamo invece solo tentare delle stime imprecise, come i circa mille casi l’anno di eutanasia clandestina, compiuta cioè fuori da qualunque controllo. Una legge sul fine vita impostata secondo i criteri del ddl Calabrò, come unico risultato, garantirà l’aumento di fenomeni di clandestinità e non la promozione della vita come vorrebbero i sostenitori di questo ddl.
Infine, di quale alleanza terapeutica parliamo? Il medico, si dice, opera solo per il “bene” del paziente, il quale – a ben vedere- non ha più voce in capitolo: cioè, il medico decide cosa è bene per il paziente. Idea, questa, da Stato etico, Stato cioè che si sostituisce al soggetto interessato, sopprimendo la libertà dello stesso. Ma –s’intende- tutto per il “bene del paziente”!