martedì 30 ottobre 2007

Viva il farmaco immorale!


Nella continua progressione verso lo sconcio di un dibattito malato, ecco la nuova folgorante definizione coniata dal Papa: il farmaco immorale. Farmaco immorale sarebbe quello che consentirebbe di praticare, direttamente o indirettamente, aborto od eutanasia.
Fermo restando che non vi è alcuna possibilità di ricorso all’eutanasia nel nostro Paese, vediamo quali possono essere i farmaci a cui Ratzinger si è riferito.
Sul mercato esistono anzitutto i preservativi e le pillole che sono alcuni dei metodi anticoncezionali utilizzati per evitare gravidanze indesiderate. Poi abbiamo la cosiddetta RU486, vera e propria pillola abortiva in grado di evitare il ricorso all’aborto chirurgico.
Quest’ultima, di esclusivo uso ospedaliero, nulla avrebbe a che fare con l’obiezione di coscienza dei farmacisti, invocata dal Papa. Resta, come ultima spiaggia, la pillola del giorno dopo, che rappresenta un metodo non di tipo abortivo, ma appunto anticoncezionale, in quanto la sua azione interviene prima della ovulazione.
Resta da capire a chi e a cosa si riferisse Ratzinger quando ha invitato all’obiezione i farmacisti. Forse si vorrebbe bandire tutto ciò che è potenzialmente in grado di produrre “vita” (e dunque intervenire già alla fonte)? Anche la vendita di preservativi? Magari pure vietare, con rispetto parlando, le “pippe”? Non sarebbe più saggio attualizzare il proprio messaggio e rendersi conto che la strada della castità, oltre ad essere discutibile, è anche irrealizzabile? Perché non si comprende che invitare gli uomini ad una sana sessualità può solo produrre felicità e accrescere la responsabilità? Perché non educhiamo i ragazzi al sesso sicuro e responsabile e non entriamo nelle scuole? E perché, soprattutto, non lasciamo che il ricorso all’aborto sia l’ultimo dei rimedi ipotizzabili?
Pare di vedere la stessa distorsione del dibattito sull’eutanasia: chi vuole renderla legale, dicono, sarebbe contrario all’uso dei farmaci antidolore. Balla! Così chi vuole garantire la possibilità di ricorrere all’aborto sarebbe contrario all’incentivazione degli anticoncezionali. E invece no, sono sempre gli stessi a sostenere che l’eutanasia no, ma pure gli oppiacei no! L’aborto no, ma pure la pillola e il preservativo no! Solo abbracciare un sistema di vita basato sulla tortura, sempre e comunque. E, visto che ci siamo, nemmeno una parola contro la pena di morte.
Tuttavia, cosa c’è dietro questo atteggiamento sempre più violento di una Chiesa accerchiata da se stessa? Di una Chiesa sempre più vuota e distante dal vissuto dei propri fedeli? C’è l’isteria del non saper osservare la realtà con occhi non ideologici, ma solo generando perversione e favorendo la proliferazione della tragedia, la involuzione dell’uomo innaturalmente costretto a reprimere gli istinti più veri e sani che lo aiutano ad amare e lo differenziano dalle bestie.
Vietato dunque abbassare la guardia.

lunedì 29 ottobre 2007

Vespa sponsor dei radicali.

Vespa diventa lo sponsor migliore per il prossimo Congresso radicale in programma da giovedì 1 a domenica 4 novembre a Padova. E chi l'avrebbe mai detto...


http://www.youtube.com/watch?v=jPAgYCdeSWc

lunedì 22 ottobre 2007

Chi ha paura di sapere?


Qualche mese fa il Ministro Ferrero ha diffuso i dati relativi all’uso delle droghe nel nostro Paese. Tali dati, del tutto scontati per chi non si ostina a coprirsi gli occhi coi prosciutti, hanno evidenziato negli ultimi tre anni un aumento del 45% dei consumatori di marijuana, divenuti oramai un italiano su tre.
A ciò si aggiunga che sempre meno giovani considerano la marijuana una sostanza dannosa così come sempre crescente è invece il numero di ragazzi che avverte la dannosità del tabacco, segno del fatto che solo alla legalizzazione si può accostare una campagna di informazione scientifica. Quali proposte si possono formulare ad una società che appare sempre più incapace di fornire e ricercare strade alternative alla repressione, produttrice di tali disastrosi risultati? Come smuovere le Istituzioni nazionali impantanate in equilibri di comodo e allergiche alla risoluzione di qualunque problema del vissuto? E’ o non è un problema sociale quello che riguarda circa 4 milioni di Italiani?
Nel loro piccolo, le istituzioni locali hanno il diritto e il dovere di sviluppare strumenti di conoscenza e di informazione per i ragazzi, ma anche per esse stesse, per non rimanere staccate da un mondo che dovrebbero conoscere e “studiare” e per adoperarsi ad essere reale luogo di crescita educativa. Chiedo allora a tutti i capi d’istituto dei Licei e degli Istituti superiori di Francavilla Fontana di farsi promotori di una indagine conoscitiva volta a rilevare quanti ragazzi fanno uso o hanno, almeno una volta nella vita, fatto uso di sostanze stupefacenti, in particolare di marijuana. Ciò dovrà avvenire garantendo, nella maniera più assoluta, l’anonimato dei ragazzi e dunque la credibilità e attendibilità del risultato, che dovrà essere reso pubblico. Continuare a ritenere che il fenomeno droga possa essere affrontato con l’ideologica creazione di un tabù è solo da sprovveduti e da irresponsabili.

venerdì 19 ottobre 2007

Mafia, confronto e Stato di diritto.


Giovedì pomeriggio il Presidente della Commissione Antimafia ha fatto visita a Francavilla. Pur avendo pochissimo tempo a disposizione, mi sono recato a Teatro Imperiali, anche perché ero stato personalmente invitato (e di ciò ringrazio il PRC e il suo segretario). Grande partecipazione di pubblico per una iniziativa che ha visto l’intervento anche del Presidente della Provincia Errico e di altri esponenti, tutti (rigorosamente) di sinistra. Figurarsi se un confronto (sulla mafia, per giunta) poteva essere svolto stabilendo un dialogo o un dibattito con la destra (leggo che il Sindaco si sia presentato spontaneamente all’iniziativa). Meglio allora non avere interlocutori e adeguarsi alle parate in stile Curto-Vitali? Decisamente no. Ma tant’è.
Avrei voluto restare fino all’ultimo, ma non ho potuto. Avrei voluto domandare all’On. Forgione cosa ne pensa del regime del 41 bis e del carcere duro, ad esempio; se non ritiene che si tratti di una contrazione dello Stato di diritto e che quello creato per i mafiosi sia un regime che poco ha a che fare con la funzione rieducativa della pena e molto con la vendetta; se richiedere ai detenuti il pentimento non sia un modo di torturare qualcuno, chiunque egli sia. E siamo bravi a farci i democratici con i detenuti innocui. Perché poi non si capisce come possa essere a noi estranea la pena di morte ma si possa accettare l’applicazione della tortura, ossia la restrizione di alcune normali garanzie previste per il detenuto (ora d’aria, censura della corrispondenza ed altro) che possono essere ripristinate solo allorquando il mafioso dichiari di essersi ravveduto e di voler collaborare con lo Stato, mettendo in conto la possibilità di essere fatto fuori dalla mafia perché traditore.
Ma chiedere di rivedere un regime come il 41bis (speciale divenuto ordinario) vuol dire rendersi impopolari, vuol dire passare per amico dei mafiosi. Molto più comodo votare alla cieca tutti insieme in Parlamento per evitare attacchi demagogici o fare come Berlusconi che sostiene che si tratta di un provvedimento “illiberale ma necessario”.
Un mese fa un giudice ha negato l’estradizione in Italia ad un componente del clan Gambino citando il rischio che questi venga sottoposto ad una forma di tortura come il 41bis; si legge nella sentenza che la coercizione del carcere duro imposto ai detenuti per mafia “non è da considerarsi collegata a nessuna sanzione imposta o punizione e quindi costituisce una tortura”. Eppure ancora una volta la finta contrapposizione tra gli schieramenti si è palesata nel coro unanime di destra e sinistra. “Il fatto che venga da un giudice di un Paese come gli Stati Uniti che applica la pena di morte mi fa pensare”: queste le parole del Ministro della Giustizia sul tema. Bella consolazione. Come dire che non avendo loro, gli Americani, la coscienza pulita, noi possiamo consentirci di derogare ad un principio costituzionale.
Tornando a Francavilla, però, ciò che mi preme sottolineare non è tanto il merito, la sostanza, che, certo, mi stanno a cuore, quanto la forma: so che gli amici e compagni di Rifondazione sono attenti alle istanze e sollecitazioni che provengono da più parti, perciò chiedo loro se non sia giunto finalmente il momento di aprirsi al confronto su tutti i temi con ogni forza politica, innanzitutto invitando alle singole iniziative ogni soggetto esistente, senza una preventiva “analisi del sangue”. A ciò dovremmo cercare tutti di far seguire anche un confronto vero e in grado di evidenziare che le proposte che ognuno ha in coscienza di sostenere sono tanto valide da non temere quelle altrui, ma da cercarle per poterle abbattere.
Diversamente non crescerà nessuno. E le parate resteranno tali.

giovedì 11 ottobre 2007

"Perché mi torturate?"


Il bellissimo libro di Adolfo Baravaglio (“Perché mi torturate?”), è un pugno in pieno stomaco, uno schiaffo in faccia, una doccia fredda in una giornata invernale. Si tratta del dettagliato elenco di tutte le azioni che un uomo ridotto da 18 anni in un letto è costretto a svolgere ogni giorno (e può svolgere soltanto) grazie all’aiuto della moglie. In seguito ad un incidente stradale, Adolfo resta immobile, può muovere solo il collo e un braccio.
Già Piergiorgio Welby si era raccontato con grande coraggio e con la forza delle sue parole che oggi trovano una naturale prosecuzione in questo libro che non lascia nulla all’immaginazione: l’obiettivo di Adolfo è, in una sola parola, radicale, perché punta allo scandalo senza girare intorno ai concetti. E ci riesce. Ciò che suscita è una infinita ammirazione. Si tratta del riconoscimento di una persona che, proprio nella descrizione letterale delle scene più devastanti per il suo corpo e per la sua quotidianità, dimostra un'incredibile dignità (come dice la moglie, “se andasse a peso la sua dignità supererebbe il quintale”) di uomo che non nasconde nulla, che vuole l’immedesimazione di chi non lo capisce e lo critica, che chiede di essere ascoltato.
Probabilmente, il momento più forte è nel racconto di Agnese, il suo angelo custode, volutamente cruda quando spiega come fa a pulire il marito o quando confessa di prendersela con Adolfo che non sarebbe dovuto uscire a cena con gli amici quella sera disgraziata; oppure quando si espone alla critica pubblica certa dichiarando di avere un amico e di vederlo costantemente senza entusiasmo o, ancora, di essersi rallegrata per l’aborto spontaneo avvenuto 15 giorni prima dell’incidente.
Non potrà dunque mancare di suscitare la più completa disapprovazione clericale e bigotta, di destra e sinistra, di quelli che “Ado non è amato abbastanza”; e lì, anzi da subito, noi tutti (ma come sempre i soli e soliti radicali) dovremo essere presenti e, dopo aver ascoltato il grido di dolore di quest’uomo, incaricarci di non cedere al ricatto trasversale che tenta da un anno di affossare un dibattito nato grazie a Piergiorgio. E che oggi trova nuovo vigore. Per il futuro di Adolfo e per la memoria di Piergiorgio.
Nella tragedia, il libro si chiude con le parole di speranza dell’Agnese, tanto forti quanto azzeccate: “…e se non avete ancora capito che questo è un inno alla dignità, alla libertà e all’amore, sì, porca miseria, anche all’amore, allora mi viene il sospetto che gli ufo siate voi. Non io”.

Stanze buie e bocche chiuse.


Non mi ha sconvolto affatto il silenzio del Sindaco Marinotti rispetto alla mia proposta di tenere le stanze di Palazzo di Città illuminate nella notte del 10 ottobre, in occasione della giornata mondiale contro la pena di morte. Si trattava di un assist servito su un piatto d’argento, una vetrina luccicante dietro la quale mostrarsi ai cittadini, semplicemente inserendo la propria faccia. Insomma, avevo chiesto di strumentalizzare una mia idea, ma non si è disposti neppure a questo. Dopo il voto unanime del Consiglio Comunale sul sostegno alla moratoria delle esecuzioni capitali, della cui importanza lo stesso Consiglio non si è reso conto non avendo provveduto minimamente ad informare la cittadinanza, ritenevo che dovesse giungere un segnale di continuità dal Sindaco in persona. Invece non sono stato degnato neppure di una risposta; certo, mi rendo conto che non si trattava di un concorso di bellezza, sul quale è legittimo mettere il cappello chiedendo il tifo appassionato dell’intera cittadinanza, ma dare un segnale minimo e simbolico sull’argomento in discussione all’ONU, sarebbe stato un fatto culturalmente rilevantissimo, di cui avrei per primo ringraziato pubblicamente il Sindaco. Invece nulla.
D’altro canto sarebbe interessante che qualche voce di dissenso si levasse anche dalle sinistre pacifiste, sempre in milioni in piazza per difendere la “pace”, o ancora più interessante sarebbe conoscere la posizione della Chiesa per la quale è sacro perfino lo zigote, è sacra anche la (tortura della) respirazione artificiale, è peccato pure sorpassare in curva, ma la pena di morte evidentemente non è un problema su cui pronunciarsi. Chi sa perché.

martedì 9 ottobre 2007

PARLIAMO DI SESSO E DROGA NELLE SCUOLE.


Questa settimana doveva essere a Francavilla Mina Welby. Mi sembrava una buona occasione per proporre alle istituzioni, alle scuole, ai cittadini, un confronto, per tentare di provocare un dibattito sul tema dell’eutanasia e delle disposizioni di fine vita.
Armato di buona pazienza e cosciente ormai del grado di intolleranza trasversale a certe tematiche, mi sono messo a girare un po’ dappertutto per chiedere ai capi d’istituto delle scuole di presentare ai ragazzi un’iniziativa che fosse più neutrale e meno schierata possibile, assolutamente non pilotata, una conversazione con la vedova o un dibattito al quale invitare un esponente del mondo della Chiesa. Ma non è facile essere accolti negli studi e presentarsi in rappresentanza dell’associazione Coscioni. Quel crocifisso posto sul muro di ogni Istituto mi ha sempre fatto partire con una soggezione che quasi mai era ingiustificata, ma che anzi ha trovato sempre conferma nei fatti, mi ha dato costantemente l’idea di trovarmi dinanzi a qualcuno che in cuor suo, se avesse potuto, mi avrebbe urlato “vade retro, Satana!”, con la croce in mano. Invece, “Le faremo sapere” (un po’ come si fa con quelli che falliscono un colloquio di lavoro) è ciò che tutti costoro mi hanno sempre risposto (e ovviamente non hanno fatto sapere niente a nessuno), animati da una contrarietà antropologica all’educazione ed all’esposizione laica e non faziosa delle tematiche.
Mi chiedo perché ciò accade e non arrivo a nessuna risposta diversa dalla volontà di oscurare il dibattito sui temi che fanno paura. Mi si dirà, “Ma cosa c’entrano i Presidi con i politici?”. La prima reazione che una proposta come la mia suscita in un capo d’istituto è quella secondo cui la rivolta dei genitori sarebbe tale da rovesciare la scuola. E in questo sistema nel quale tutti sono uniti come in un grande girotondo, riuscire ad inserirsi per staccare quelle braccia incollate simbolo di conservazione consapevole, è dura.
Le scuole, luogo di educazione dove dovrebbero crescere le menti di domani, sono in realtà lo specchio della società italiana, allergiche all’idea di dibattito tanto quanto i partiti politici, immobili e che condannano questo Paese all’immobilismo.
Qualcuno mi dirà che da radicale sono vittima di quella sindrome di accerchiamento, di incomprensione che in realtà sarebbe la causa e non la conseguenza dell’impossibilità di essere conosciuti agli altri. Eppure l’esperienza mi dice che vale il contrario: provate ad entrare in una scuola e noterete che in bacheca sono affissi, a decine, pubblicità di convegni sulla famiglia tradizionale che alcuni (chi sa chi) cercano di sfasciare, o sulla via buonista, moralistica e ideologica (unica via che i ragazzi di tutte le generazioni conoscano) per vincere il fenomeno della droga o sul concetto indiscutibile di indisponibilità del bene “vita”.
Allora, qual è la soluzione? Beh, mi sembra evidente che la società si configura oggi sempre più come il prodotto di un luogo dove vige l'incapacità di far circolare proposte alternative al regime. Il regime ci impone una sola strada fintamente alternativa: quella del settarismo istituzionalizzato del quale alcuni compagni della sinistra si considerano fieri sostenitori. Perché questa società si nutre dei settari che “con il fascista (ma nemmeno col semplice avversario) non ci si confronta”, ed ha bisogno di mantenere intatto ogni rapporto di forza, culturale (ecco perché i digiuni e gli imbavagliamenti ed ecco perché la politica del “dentro tutti tranne”).
Non possiamo rinunciare allora a proporre idee e strade di alternativa reale al regime clericale, dove clericale vuol dire imposto dall’alto e allergico a tutto ciò che coincide con la libera informazione, il conoscere per deliberare. Ecco perché è necessario incalzare i partiti, democratici e non, e costringerli ancora una volta a non sottrarsi al dialogo e a non farci mettere nell’angolino delle iniziative di parte senza contraddittorio; ecco perché è indispensabile incunearsi nel confronto morto tra chi grida per conservare e spartire, ecco perché bisogna portare dappertutto, a partire dalle scuole, il dibattito relativo a ciò su cui non si può dibattere. Droga e sesso in primis.

venerdì 5 ottobre 2007

Lettera al Sindaco Marinotti.


Egr. Sig. Sindaco,

Le scrivo per manifestare innanzitutto il mio più vivo ringraziamento per il voto unanime espresso da tutti i consiglieri in occasione dell’ultimo Consiglio Comunale sulla proposta di ordine del giorno avente ad oggetto la moratoria ONU delle esecuzioni capitali: si è trattato di un grande momento di crescita democratica per l’intera città di Francavilla Fontana.
La battaglia che il nostro governo sta sostenendo, con l’aiuto prezioso dell’Associazione “Nessuno tocchi Caino” e dell’azione nonviolenta dei deputati radicali, ha bisogno tuttavia del supporto costante e convinto dell’intero Paese: il voto del Consiglio non può insomma rimanere un gesto tanto nobile quanto isolato.
E’ per questa ragione che mi appello nuovamente alla Sua sensibilità e Le chiedo formalmente un nuovo sforzo, simbolico quanto concreto. Mercoledì 10 ottobre, in occasione della giornata mondiale contro la pena di morte, La invito a voler lasciare che le stanze del Palazzo di Città restino illuminate per tutta la giornata e fino a notte fonda, in modo da far pervenire ai cittadini la contrarietà, Sua e della nostra comunità, ad ogni forma di omicidio di Stato, e in modo da infondere una luce di speranza per chi crede nella vita del diritto.
Il tutto potrebbe essere adeguatamente pubblicizzato con i mezzi e gli strumenti che Lei riterrà più opportuni e che sono sicuro non mancherà di utilizzare.
Certo dell’adeguata attenzione che presterà al presente appello, Le porgo distinti saluti.

lunedì 1 ottobre 2007

Anche Francavilla contro la pena di morte.


Approvata all’unanimità dal Consiglio comunale di Francavilla Fontana una risoluzione con la quale si chiede l’impegno del Governo italiano a proseguire la campagna per la moratoria universale sulla pena di morte, si appoggia quanto già realizzato in maniera encomiabile dal Presidente Prodi e dal Ministro D’Alema e si aderisce alla campagna sulla moratoria indetta dall’associazione “Nessuno Tocchi Caino” in tutte le città, Province e Regioni d'Italia. L’iniziativa è stata presentata a Francavilla dal consigliere della Margherita, avv. Carlo Tatarano, su invito dell’Associazione radicale “Diritto e Libertà” di Lecce, Brindisi e Taranto.
Finalmente un esempio di politica costruttiva ed un messaggio culturalmente significativo che giunge anche dal nostro Comune solitamente così pigro e incapace di fornire esempi dignitosi.