sabato 29 settembre 2007

Amato mio...


“Divieto con sanzione amministrativa applicabile dai vigili urbani per l'esercizio di quell'attività in strade frequentate da minori o vicino a luoghi di culto. E per i clienti multe non conciliabili, con il verbale che deve arrivare a casa”. E’ questa la soluzione che il Ministro dell’Interno ha proposto per combattere il fenomeno della prostituzione. La ridicolaggine della posizione di Amato è del tutto evidente tanto quanto ignorata dall’intero ambiente politico, che evita vilmente di riconoscere un principio tanto elementare di rispetto delle libertà.
Sostengo da tempo l’assurdità di una posizione repressiva, anche in tal senso, con provvedimenti volti a ledere la sfera individuale, e nello stesso tempo ritengo indispensabile una svolta antiproibizionista che da Stato liberale sappia evitare ogni intrusione in una sfera personale che si addice solo ad un regime totalitario e ad uno Stato etico.
Ho pertanto trovato perfettamente puntuali le parole di Piero Ostellino (Corriere della Sera 29 settembre 2007), parole dettate dal buon senso e dalla coerenza per i principi di libertà così vergognosamente svenduti per i soliti giochetti di opportunismo politico.
“Lo Stato ridotto a delatore delle mogli tradite è un’indecenza peggiore delle abitudini dei loro mariti. Dico di più, anche vendere il proprio corpo è un diritto soggettivo e come tale inviolabile”.
Tutto il messaggio dell’opinionista del Corriere (che sottoscrivo) può essere riassunto in queste semplici quanto ovvie conclusioni di persona rispettosa della privacy e delle condotte private altrui; ossia di persona laica (per curiosità: che ne pensano Veltroni e il suo Pd?).

giovedì 27 settembre 2007

Perché non voterò alle primarie.


Il percorso accidentato intrapreso dagli esecutori materiali (ma non ideatori)del PD è in realtà un viaggio già voluto e sognato molti anni fa da qualcuno che oggi viene escluso di fatto da ogni progetto che conta.
L’idea di un Pd quale partito aperto, nuovo e antiburocratico ha lasciato il campo ad una realtà purtroppo diversa e nota a tutti: gli elettori del 14 ottobre andranno a compiere un atto di pura presenza, nel quale l’unico risultato in bilico è l’ultimo posto. Nullo è il messaggio che viene da quelle stanze, umiliante ed umiliato è l’antico progetto che si sta tramutando in realtà, delusi sono tutti coloro che si sono addormentati con questa speranza di cambiamento (dai cosiddetti “giovani”, poveri loro, usati e snobbati, agli ulivisti della prima ora come Parisi) e si sono svegliati privati di quella creatura che altri hanno disprezzato per anni e oggi possiedono e plasmano indegnamente a loro piacimento; un Pd che non ha saputo aprirsi ad altri che non fossero figli di Dc e Pci, che ha escluso i cosiddetti figli di un Dio minore, di una storia altamente democratica e non degna di essere aprioristicamente ghettizzata. Sì a tutto e a tutti, tranne a Pannella, come fu per il rifiuto di Luca Coscioni e della sua faccia tra i simboli dell’Unione, come per le battaglie di libertà di Piergiorgio Welby. Non a caso si è sacrificato sull'altare di questo miserrimo compromesso ogni diritto civile, ma in generale ogni scelta riformatrice, ogni svolta antipartitocratica. Sarà una coincidenza se sono sparite a livello nazionale tutte le discussioni già poco tollerate su testamento biologico, “dico” e ogni argomento capace di dare un'impronta, di qualunque genere. L'incoronazione di Veltroni e un risultato già scritto sono ciò che resta di un progetto che non ha visto la contrapposizione di nessuna idea, che non ha visto neppure un confronto pubblico e che è il simbolo del berlusconismo della "nuova" pseudo sinistra.
Si può salvare il Pd da se stesso? Temo che siamo di fronte ad una storia vecchia di 60 anni, in cui il compromesso storico si ripropone in formato bonsai con un nome nuovo del quale costoro si servono illegittimamente. Allora, facciamo sì che anche gli esclusi da quello che da quattro mesi è l’argomento del giorno su tutti i giornali possano trovare spazio nel “non dibattito” per la nascita di un partito che per ora non è neppure un travaso di due apparati, ma è ciò che resta di una spietata selezione burocratica.

martedì 25 settembre 2007

Il liberismo è di sinistra?


Questa la domanda che Giavazzi e Alesina si sono posti nel loro ultimo libro. In realtà la loro è una affermazione vera e propria o, meglio, una conclusione preceduta da una lunga analisi nella quale si propongono di convincere il pubblico che l’apertura del mercato è una realtà tutt’altro che produttrice di ingiustizia.Oggi quale posto hanno vecchi stereotipi di (cosiddetta) sinistra come la lotta alla meritocrazia, come l’assistenzialismo, come la contrarietà ad ogni forma di apertura alla concorrenza? I due economisti portano l’esempio dei medicinali da banco il cui prezzo, in seguito alla liberalizzazione voluta da Bersani, è sceso del 20-30%, consentendo allo stesso tempo ad un numero notevole di laureati di inserirsi in un mercato che prima era chiuso.Soprattutto i più giovani possono sulla loro pelle confermare quale beneficio è stato creato in un mercato come quello telefonico (pensate se ci fosse solo la telecom)o quello aereo, in cui le compagnie come Ryanair e Easy-jet hanno sbaragliato il campo e sono divenute lo strumento grazie al quale oggi si può andare e tornare da Brindisi a Londra con poche decine di euro. Due estati fa sono andato a Stoccolma con meno di 100 euro; sul mio aereo viaggiava anche una giovane famiglia evidentemente modesta, che aveva trascorso la notte in aeroporto. Allora l’esistenza di queste compagnie si può dire che non sia dalla parte dei più poveri?E Alitalia? Si regge sui soldi degli Italiani e ormai con essa nessuno ci viaggia più.Perché questo sistema regga è indispensabile il lavoro delle autorità garanti, organi indipendenti tenuti a vigilare che il mercato non venga falsato a danno di chi se ne serve.La meritocrazia è un concetto di destra, dove per destra intendiamo conservatore, o di sinistra, ossia dalla parte del progresso, della giustizia? Beh, penso che se tanti settori del mondo del lavoro non funzionano lo si deve al fatto che si è trattati tutti allo stesso modo, chi rende e chi no, chi si impegna e chi no.Prendete la scuola: cosa succederebbe se gli insegnanti venissero retribuiti sulla base del loro rendimento? Oggi quelli che lavorano bene vengono inghiottiti dai nullafacenti. Licenziare un fannullone è un atto di giustizia tanto quanto lo è assumere un giovane brillante senza occupazione. La Danimarca resta il modello per tutta l’Europa in quanto permette di licenziare senza che però lo Stato lasci il lavoratore con le spalle scoperte, dandogli un sussidio di disoccupazione che può durare fino a tre anni, nei quali lo stesso lavoratore è tenuto a cercare( e a non rifiutare) un’altra occupazione. Alla legge 30, che ha creato tre milioni di nuovi posti, andrebbe affiancata allora una riforma proprio nel senso della creazione degli ammortizzatori sociali.E le pensioni? Si può pensare di smettere di lavorare a 57 anni quando l’età media arriva quasi a 90? Cosa è se non ideologia quella che impedisce di parlare di innalzamento dell’età pensionabile? D’altro canto, perché non si pensa ad un ribaltamento del concetto di pensione, da obbligo a facoltà? Perché si deve costringere un lavoratore a lasciare il posto una volta che ha raggiunto i 65 anni, obbligandolo a scegliere tra la depressione e il lavoro nero?E, ancora, perché le donne prima degli uomini, condannandole al lavoro a casa, alla dimensione di baby sitter e badanti?Insomma: il liberismo, inteso come superamento ed abbattimento delle lobby e dei monopoli(che significano ricchezza per pochi e servizi resi alle condizioni svantaggiose indicate da quei pochi), non può che essere una scelta votata alla creazione di nuovi posti di lavoro e nello stesso tempo all’abbassamento dei costi di tutti i servizi per coloro che se ne servono. Dunque non si può che concordare con le conclusioni dei due economisti.

martedì 18 settembre 2007

La Madonna non vuole.


Trovo francamente paradossale la polemica innescata nei confronti del Sindaco Marinotti e della sua assenza in occasione della processione della Madonna della Fontana. Ho tante volte sottolineato l’assurdità di questa usanza, della sfilata di amministratori e semplici consiglieri, ma come sempre la mia rimane una voce isolata, alla quale nessuno ha mai voluto replicare sia pure per dissentire.
Appare quanto meno singolare che la mia parola rischi di essere percepita quasi a difesa di Marinotti, il quale per la verità non ha saputo argomentare, se non con un lapidario “stendiamo un velo pietoso”, riuscendo così a scontentare tutti nel tentativo di non scontentare nessuno (pare non si sia recato alla processione per impegni personali e inderogabili e io, ahimè, ci credo). Una dolosa assenza ed una volontà di non farsi vedere in circostanze come quella suddetta è ciò che si imputa al Sindaco. Avrei tanto gradito che quest’ultimo ci avesse espresso la sua personale contrarietà a pubblicizzare la propria immagine in una occasione nella quale in molti hanno sempre attinto, burlando l’elettorato secondo una tattica tanto populistica quanto antipopolare. Non capisco perché i fedeli non si sentano offesi dalla presenza dei politici in veste ufficiale: non è facile per un Sindaco con l’operato di Marinotti recarsi alle Feste come il 1 maggio o il 25 aprile; ma a quelle è giusto che si esiga la sua presenza. Al contrario, dietro la processione religiosa credo che i rappresentanti delle istituzioni laiche, che pure non perdono occasione per confondere le acque, non dovrebbero marciare strizzando l’occhio alle autorità ecclesiastiche. Qualcuno dovrebbe invitare il Primo cittadino, insomma, a comunicare che la sua presenza non è affatto necessaria né opportuna, ma che alla processione, se riterrà, ci andrà il dottore Marinotti, non il Sindaco.

lunedì 17 settembre 2007

Grillo, indulto e populismo: viva Sergio D'Elia.


Sto seguendo silenziosamente e con attenzione il fenomeno Grillo venuto alla ribalta da un po’ di tempo. Quel fenomeno che avrebbe rivoluzionato la politica italiana, che avrebbe finalmente dato una ventata di aria nuova e pulita a questo mondo (politico, per carità!)sporco, fatto di ladri e imbroglioni. Serve una legge contro i condannati, contro i professionisti della politica, una legge che porti tanti Di Pietro a sedere tra i banchi del Parlamento. Basta con questi indulti, con le strade piene di gente che esce dalle galere…
Quanta tristezza, quanta rozzezza c’è nel messaggio grillino? Ora se ne sono accorti anche i compagni Ds, una volta pronti a cavalcare il becero populismo forcaiolo, oggi ben attenti a liquidare certi atteggiamenti che osano criticare anche la cosiddetta sinistra del futuro e il Governo presente. Ma torniamo a Grillo.
La sera del V-Day ero a Bari. Alcuni amici del tutto estranei ad un benché minimo interesse politico mi si avvicinarono entusiasti per comunicarmi di aver firmato l’appello di Grillo e per invitarmi a fare altrettanto. Fui colto da tanta delusione, da un sentimento di scoramento nell’accorgermi di come l’invito a mandare un deputato a quel paese sia di così facile presa su persone che non ne hanno mai fatta, di politica. Allora poi pensavo alla fatica immane che gente come me è costretta a compiere per convincere ragazzi o anziani, donne o uomini a firmare un appello sulla eutanasia o contro la pena di morte.
Ancora: possibile che quando il comico parla a vanvera di indulto, nessuno lo affronti per ricordargli che il nostro Paese era in condizioni di delinquenza conclamata, quando più di 2/3 del Parlamento votò a favore? Possibile che nessuno si assuma la responsabilità di affermare con orgoglio di aver sostenuto quel provvedimento? Possibile che nessuno sappia ricordare che in Italia i detenuti erano quasi ventimila unità oltre alla capienza delle carceri? E che solo il 17% degli detenuti è tornato a delinquere ( a fronte di una percentuale che si aggira normalmente intorno al 68% nei casi in cui la pena venga espiata completamente)?
Il carattere rieducativo della pena pare essere un elemento del tutto estraneo alla cultura reazionaria di Grillo, forte del qualunquismo giustizialista che sta provocando i soliti danni che si è sempre storicamente trascinato con sé. Sparirà, sia chiaro. E’ un vento che va e viene.
Lasciamo, nel frattempo, che siano i cittadini a scegliere se fidarsi o meno e votare per un uomo con una fedina penale pubblicamente conoscibile. Lasciamo che siano i cittadini a poter decidere se due stagioni trascorse in Parlamento siano un punto negativo o un elemento di esperienza utile. Occupiamoci di capire che non è importante essere politici per sentire un dovere di onestà e che la prova va data giorno per giorno, nel fare quotidiano, nelle azioni più piccole e apparentemente insignificanti. La politica è lo specchio della società e la società cosiddetta civile non è né meglio né peggio dei suoi rappresentanti istituzionali.

lunedì 10 settembre 2007

Il centrosinistra e la critica.


Quali sono le ragioni che portano oggi ad una mancanza di sintonia tra le teste libere e i partiti di centrosinistra di Francavilla?
Il ruolo di chi scrive e si rivolge, tendenzialmente ma non ciecamente, ad un certo schieramento politico, è molto delicato; tali personalità andrebbero trattate con grande attenzione, direi amorevolmente, dai vari esponenti di partito. L’intellettuale può essere un finto pensatore, un semplice sponsor di chicchessia, ed è un conto; ma è una questione di stile e di credibilità che non credo convenga a nessuno.
Se, invece, una personalità di indubbio valore, come il prof. Filomeno, si permette di muovere delle critiche nei confronti del centrosinistra penso che questa debba essere un’occasione sulla quale riflettere e non un motivo di rancore.
Questo centrosinistra merita delle critiche, allora? La lite furibonda che per oltre un anno si è stancamente trascinata fino alle primarie e il successivo inevitabile logoramento della coalizione, sono dati di fatto che certamente hanno reso impraticabile la nascita di un dibattito programmatico alternativo alla destra; durante le amministrative, l’unica “alternativa” che si pose, a sinistra, fu tra l’andare divisi tra più candidati (e riconsegnare, con le braghe calate, la città alla destra) oppure ritrovare l’unità con un unico candidato, senza che però ci si azzardasse a parlare di contenuti. Si optò per questa seconda soluzione, non meno suicida della prima.
All’epoca della campagna elettorale, suggerii che per il centrosinistra sarebbe stato utile ( anzi, indispensabile) formulare una proposta paradossalmente capace di far perdere definitivamente le già miserrime speranze di vittoria ( pensai, ad esempio, alla chiusura al traffico del centro storico, ma non fui degnato neppure di una risposta); insomma, la sconfitta era a portata di mano. Tuttavia, prevalse l’immobilismo e si preferì limitare i danni piuttosto che rischiare tutto.
Relativamente poi alla capacità di confrontarsi, anche nel mio impegno a favore della Associazione Coscioni, ho più volte sottolineato il sempre più speculare atteggiamento della sinistra rispetto alla destra nei confronti pubblici aperti e non faziosi, sabotati da quasi tutta la politica ufficiale, direi scientificamente ( come quello alla presenza di Mina Welby sull’eutanasia). E’ solo un caso che invece nessun esponente del centrosinistra manchi quando a giungere nella nostra città è un qualunque rappresentante di partito? Me la prendo con la sinistra perché mi aspetterei una maggiore predisposizione all’ascolto. Tutto qui.
Ora: ciò, non ha nulla a che fare con una volontà di silenziare le responsabilità della destra, che sono tante e tante, arcinote e scontate, ma che non sono sufficienti a colmare le mancanze del centrosinistra. Non basta non avere sulla coscienza la colpa della cattiva gestione: Parentopoli e discarica non possono essere più la trincea del centrosinistra e il suo unico messaggio propositivo per illuderci che le cose peggio di così non potranno mai andare.