sabato 15 gennaio 2011

Elementi per un dibattito politico a Francavilla.



Ad un anno e mezzo dall’insediamento dell’amministrazione Della Corte, è opportuno spendere qualche parola per valutare il lavoro dell’opposizione.
Dico subito che la situazione è straordinariamente grave. Non solo e non tanto per i numeri della minoranza, quanto per la indisponibilità dei partiti che ne fanno parte ad un confronto strategico.
A Francavilla -come in tutta Italia, peraltro- gli scenari, le alleanze, non sono determinati dalla “politica”, dalla volontà di perseguire un progetto comune; è piuttosto il caso a generare i rapporti tra le forze in campo. In tutto questo la politica è assente.
Se si riflette un attimo, ci si rende conto di come gli unici momenti di discussione o dibattito interni siano stati provocati da iniziative radicali volte a creare coinvolgimento su temi specifici.
Basti ricordare due circostanze: la prima, una conferenza stampa e la convocazione di un successivo consiglio comunale sulla trasparenza, su cui si sono ritrovate forze eterogenee come, oltre a noi radicali, il PD, l’IdV e l’UDC, ed altre si sono staccate rivendicando spudoratamente di avere a cuore l’analisi del sangue del compagno di strada, non l’interesse dei cittadini.
La seconda è stata suscitata dalla lettera da me inviata alla segreteria PD (lasciata purtroppo cadere nel vuoto) con la quale ho chiesto a quel partito di farsi promotore di un confronto tra tutte le forze disponibili, soprattutto per interrogarsi metodologicamente su come fare opposizione.

Da forza radicale, noi abbiamo storicamente previsto e governato i fenomeni non solo come minoranza nelle istituzioni, ma persino dal di fuori, sfruttando il contributo di chiunque abbia deciso di percorrere anche un brevissimo tratto di strada con noi. Ed anche a Francavilla, con pochissimi mezzi, qualche risultato importante lo abbiamo ottenuto (testamento biologico, anagrafe degli eletti, politiche per i disabili, per citare alcune vittorie), spesso con l’impegno in prima persona del sindaco e spessissimo proprio con la noncuranza o persino la contrarietà di una parte della minoranza. Peraltro, se solo prendiamo ad esempio la promozione di strumenti non ancora regolamentati come referendum e petizioni -da noi sostenuti quale elemento di discontinuità politica- notiamo come rispetto a tale obiettivo sia mancato l’interesse delle forze di minoranza, che dovrebbero naturalmente battersi in quella direzione e che invece non ne colgono la forza dirompente.

L’azione radicale, caratterizzata dall’organicità di un progetto fondato su tre-quattro tormentoni riconoscibili (e che si è tentato invano di rendere patrimonio di un’intera coalizione), si è scontrata finora con due fazioni: una integralista, del tutto indisponibile anche soltanto a parlare con chi non ha sangue blu; un’altra invece evidentemente interessata -soltanto a ridosso delle elezioni- alla fredda sommatoria di sigle pur di trasformarsi in maggioranza.

Sembra soccombere tra i partiti una “terza via”, liberale, per la quale si dovrebbe intraprendere laicamente (cioè senza pregiudizi) un cammino per verificare chi è disponibile ad una collaborazione pragmatica. Solo il ritrovarsi su obiettivi limpidi può essere il criterio vincente.

Le forze attualmente all’opposizione devono pertanto chiarire se ritengono di voler incidere da quella postazione e devono dire esplicitamente come pensano di diventare maggioranza. La strada è lunga, ma l’importante è camminare, anche lentamente, purché nella direzione giusta.

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