venerdì 1 ottobre 2010

Anche a Francavilla, allo studio un progetto sulla riduzione del danno da droghe. La politica si interroghi e si esprima.


Gli ultimi dati sul consumo di droghe pesanti in provincia di Brindisi, i quotidiani casi di cronaca, addirittura la recente morte per overdose di un brindisino, ci costringono a fare i conti con una situazione drammatica che non può più essere elusa.
Un anno fa circa, una ripresa video amatoriale diffusa su internet, scoperchiò la realtà dell’ex caserma dei vigili nella centralissima piazza Umberto I di Francavilla, fatta di siringhe, fazzoletti sporchi di sangue e cucchiaini abbandonati, indicativa dell’utilizzo di droghe pesanti in condizioni igieniche devastanti. Il tutto a pochi metri dalla cosiddetta movida.
Eppure, l’impressione è che nessuno (politica, educatori, amministratori) sia minimamente disposto ad interrogarsi sull’approccio al fenomeno.
Siamo stati noi radicali a partire dalla raccolta dei dati ed abbiamo così scoperto che il sert di Francavilla ha avuto in cura, nel 2009, 190 persone (di cui 130 dipendenti da eroina). Dato parziale, ma significativo, che, ad esempio, non ci dice nulla sui consumatori clandestini.
La difficoltà, però, è nell’obiettivo, anche delle istituzioni locali: cosa pensa di fare l’amministrazione per queste persone? Per noi (come per l’OMS) prioritario è un approccio volto a limitare al minimo i rischi legati alle modalità di assunzione di droga.
I risultati delle politiche di riduzione del danno attuate in diverse città europee negli ultimi vent’anni hanno concorso a ripristinare migliori condizioni di sicurezza nelle città ed un migliore livello di assistenza dei cittadini tossicodipendenti, e ad orientare i consumi di droghe, verso modalità meno rischiose e dannose per la salute e la qualità della vita di chi consuma, con evidenti benefici anche a livello sociale; perché non far partire da Francavilla questo nuovo approccio scientifico e pragmatico?
Una prima (e incompleta) proposta come l’installazione di distributori scambia siringhe (una siringa sterile al posto di una usata, che viene così smaltita correttamente) sarebbe un piccolo passo verso una politica pragmatica e attenta alla salute del consumatore ma anche al decoro urbano. Una strada, quella della riduzione dei rischi di assunzione, da perseguire attraverso un’azione di informazione seria ed un contatto “discreto” con soggetti attualmente inavvicinabili (come avvenuto in altre realtà grazie a postazioni mobili di personale specializzato che aiuta garantendo l’anonimato).
Come radicali siamo al lavoro per realizzare un progetto di riduzione del danno in collaborazione con i responsabili delle più avanzate esperienze nazionali (Venezia, tra tutte). Porteremo presto all’attenzione dell’amministrazione e della politica un progetto di carattere scientifico e, se necessario, lo sottoporremo al giudizio dei cittadini.

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