La serata contro l’omofobia svoltasi sabato 21 maggio, ha visto una grande partecipazione di pubblico, oltre che di militanti radicali che hanno voluto manifestare la loro vicinanza alla comunità LGBT, a ventuno anni dalla eliminazione dell’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.
Sono stati esposti manifesti che ritraevano persone dello stesso sesso che si scambiavano un semplice bacio e devo dire che la gente non è apparsa scandalizzata, ma solo incuriosita.
Sono stati distribuiti preservativi e materiale di informazione sessuale ed ai passanti è stato inoltre sottoposto un test, i cui risultati sono di certo interessanti: per l’87% degli interpellati l’omosessualità non è una malattia, mentre il 75,6% degli stessi ha dichiarato di non modificare l’atteggiamento se sa che l’interlocutore è una persona omosessuale. Ma colpisce anche la percentuale del 67% che afferma di non provare fastidio all’idea di vedere due persone dello stesso sesso che si baciano.
L’impressione, anche alla luce di queste risposte, è che l’omofobia sia un problema molto più dei politici – tenutisi a debita distanza dall’iniziativa- che non della gente comune. Da sottolineare, in particolare, come nell’incredibile risposta fornitaci qualche giorno fa dal sindaco (secondo il quale la sessualità sarebbe un fatto da lasciare al privato) si dimentichi che la vita degli omosessuali –come quella di chiunque altro- è fatta di esteriorità e si svolge pertanto anche al di fuori delle mura domestiche.
Il messaggio inaccettabile, in definitiva, parrebbe “puoi essere gay, ma a casa tua e senza farlo vedere”: secondo questa logica, chi non rientra nella cosiddetta “normalità” si vede costretto a vivere nella frustrazione dei propri sentimenti.
La verità è che questa politica è lontana dalla gente e per questo arrossisce di fronte al loro vissuto, come di fronte all’amore di due persone che non siano eterosessuali. Per questo c’è la necessità del riconoscimento dei diritti, a partire da quelli delle coppie di fatto, fino ad oggi palesemente discriminate.
Sono stati esposti manifesti che ritraevano persone dello stesso sesso che si scambiavano un semplice bacio e devo dire che la gente non è apparsa scandalizzata, ma solo incuriosita.
Sono stati distribuiti preservativi e materiale di informazione sessuale ed ai passanti è stato inoltre sottoposto un test, i cui risultati sono di certo interessanti: per l’87% degli interpellati l’omosessualità non è una malattia, mentre il 75,6% degli stessi ha dichiarato di non modificare l’atteggiamento se sa che l’interlocutore è una persona omosessuale. Ma colpisce anche la percentuale del 67% che afferma di non provare fastidio all’idea di vedere due persone dello stesso sesso che si baciano.
L’impressione, anche alla luce di queste risposte, è che l’omofobia sia un problema molto più dei politici – tenutisi a debita distanza dall’iniziativa- che non della gente comune. Da sottolineare, in particolare, come nell’incredibile risposta fornitaci qualche giorno fa dal sindaco (secondo il quale la sessualità sarebbe un fatto da lasciare al privato) si dimentichi che la vita degli omosessuali –come quella di chiunque altro- è fatta di esteriorità e si svolge pertanto anche al di fuori delle mura domestiche.
Il messaggio inaccettabile, in definitiva, parrebbe “puoi essere gay, ma a casa tua e senza farlo vedere”: secondo questa logica, chi non rientra nella cosiddetta “normalità” si vede costretto a vivere nella frustrazione dei propri sentimenti.
La verità è che questa politica è lontana dalla gente e per questo arrossisce di fronte al loro vissuto, come di fronte all’amore di due persone che non siano eterosessuali. Per questo c’è la necessità del riconoscimento dei diritti, a partire da quelli delle coppie di fatto, fino ad oggi palesemente discriminate.
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