martedì 19 febbraio 2008

Non spariamo sulla croce rossa.


Non posso nascondere l’inquietudine che mi ha procurato il video riguardante il sen. Curto. Assistere a certe dinamiche che fanno girare la politica è sicuramente un fatto mortificante, che ha delle conseguenze sullo sdegno della gente. Di fronte a queste vicende, le fazioni solitamente si dividono tra i difensori dell’indifendibile, i cecchini pronti a mitragliare la croce rossa e quelli che “i politici fanno tutti schifo”.
Chiariamo subito un fatto: il sen. Curto farebbe una buona figura se rinunciasse a candidarsi, lo dico senza peli sulla lingua. Sarebbe un gesto dignitoso, direi dovuto.
Insomma, c’è poco da dire. Sulle responsabilità politiche (le uniche sulle quali mi voglio esprimere) mi pare che non ci siano dubbi.
E però, in un momento di piena campagna elettorale, anche i muti potrebbero riacquistare la parola, come accade ne “L’anno che verrà” di Lucio Dalla: dopo parentopoli e la discarica, quale migliore occasione per mostrare la incapacità politica degli avversari (che non significa affatto la “propria” capacità politica)? In passato ho criticato duramente l’aver vissuto di rendita su quei disastri della destra. Oggi, d’altro canto, non bisogna buttare una persona in pasto alla gogna mediatica.
Quando peraltro si muovono delle critiche bisogna anche capire dove si deve colpire e spiegare il nesso logico di alcune richieste, come lo scioglimento del consiglio comunale: io francamente non ho colto le ragioni per cui si dovrebbe sciogliere il consiglio, come si è chiesto a più voci, e vorrei che qualcuno me le spiegasse.
Questa giunta va combattuta, sono il primo a dirlo. Ma non bisogna poi colpire come se fossimo davanti ad un videogioco di quelli con la pistola, in cui si spara alla cieca.
Dico, d’altro canto, agli eventuali difensori ad oltranza, ai tifosi della politica, di evitare di esprimere solidarietà (?) in un caso di così grave ed eclatante responsabilità, per non rischiare di farci pure loro una pessima figura.
E qualche parola va rivolta anche a chi crede che i politici siano tutti uguali. Si tratta di una semplificazione ingiusta, errata. Non si può smettere di credere che la politica sia lo strumento unico per rendere il mondo migliore. E se non ci piacciono certe pratiche della politica, smettiamo di alimentarle: smettiamo di chiedere il favore, di rivolgerci al potente per essere protetti. Perché altrimenti non saremo diversi da quelli che critichiamo, magari con l’alibi che siamo o saremmo “realisti”, perché ci adeguiamo al mondo; in realtà, non facciamo niente se non aspettare che a cambiare il mondo sia sempre qualcun altro.

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