Qualche giorno fa un articolo scritto da Tito Boeri individuava egregiamente, nella vittoria di Obama, due punti da cui il centrosinistra italiano, e il PD in particolare, dovrebbero trarre ispirazione per poter indirizzare il loro cammino di novità: le primarie e l’uso di internet.
Quale significato si nasconde dietro questi due strumenti? Diciamo che essi contengono elementi di democraticità assolutamente unici, in grado di rappresentare il dato innovativo in più per la nascita di una classe dirigente, la quale, con le primarie, viene in un certo senso “liberalizzata”, cioè privata di qualunque forma di difesa corporativa e partitocratica, in un contesto in cui da un lato chiunque può candidarsi, dall’altro è il cittadino-elettore che diventa il giudice, una sorta di “datore di lavoro” di una classe politica che se non produce (nell’interesse del cittadino) rischia seriamente di andarsene a casa.
Ma perché ciò possa avvenire in maniera effettiva, lo strumento della partecipazione va accompagnato a quello della conoscenza: internet incarna questa esigenza alla perfezione, costituendo lo spazio privo di limiti nel quale tutti possono sia comunicare sia conoscere (“per deliberare”, avrebbe detto Einaudi). In questa direzione, anagrafe degli eletti!
La lezione democratica americana può essere studiata e applicata in parte anche alla nostra misera realtà francavillese, nella quale il centrosinistra si trova di fronte alla più drammatica delle implosioni. La coalizione, avvitatasi fin dal principio (in maniera unanime e condivisa!) su posizioni improvvisate, arbitrarie (come si deciderà il candidato sindaco?) e assolutamente (direi, naturalmente) antidemocratiche, è allo sbando: nulla è chiaro tranne che tutti i partiti hanno voluto sottrarre qualsiasi scelta all’elettorato (che pure avrebbe potuto, quanto meno per disperazione, essere disponibile a cambiare casacca di fronte ad un centrodestra che ha garantito solo 15 anni di fallimenti di ogni tipo).
Avevamo avvertito: i mezzi prefigurano i fini! Ecco allora che oggi bisogna prepararsi a raccogliere i cocci lasciati dall’antidemocrazia che produce disgregazione e disintegrazione di una intera compagine, andata avanti a strappi, accoltellamenti, ispirata alla negazione costante e sistematica della parola data, con la guerra scientifica ai (propri) principi (fintamente) ispiratori (dove sono “democrazia dal basso” e “partecipazione”?).
Ogni crisi rappresenta sempre un momento di dramma ma anche di speranza. Oggi noi radicali ci prepariamo, nostro malgrado, a registrare la giustezza di un’analisi solitariamente svolta mesi addietro e a contare i morti prodotti dalla politica partitocratica dell’antidemocrazia, con la speranza che l’implosione in atto (di cui tutti i partiti sono responsabili) come dia vita ad una coalizione finalmente liberale e democratica. In una parola, alternativa.
Quale significato si nasconde dietro questi due strumenti? Diciamo che essi contengono elementi di democraticità assolutamente unici, in grado di rappresentare il dato innovativo in più per la nascita di una classe dirigente, la quale, con le primarie, viene in un certo senso “liberalizzata”, cioè privata di qualunque forma di difesa corporativa e partitocratica, in un contesto in cui da un lato chiunque può candidarsi, dall’altro è il cittadino-elettore che diventa il giudice, una sorta di “datore di lavoro” di una classe politica che se non produce (nell’interesse del cittadino) rischia seriamente di andarsene a casa.
Ma perché ciò possa avvenire in maniera effettiva, lo strumento della partecipazione va accompagnato a quello della conoscenza: internet incarna questa esigenza alla perfezione, costituendo lo spazio privo di limiti nel quale tutti possono sia comunicare sia conoscere (“per deliberare”, avrebbe detto Einaudi). In questa direzione, anagrafe degli eletti!
La lezione democratica americana può essere studiata e applicata in parte anche alla nostra misera realtà francavillese, nella quale il centrosinistra si trova di fronte alla più drammatica delle implosioni. La coalizione, avvitatasi fin dal principio (in maniera unanime e condivisa!) su posizioni improvvisate, arbitrarie (come si deciderà il candidato sindaco?) e assolutamente (direi, naturalmente) antidemocratiche, è allo sbando: nulla è chiaro tranne che tutti i partiti hanno voluto sottrarre qualsiasi scelta all’elettorato (che pure avrebbe potuto, quanto meno per disperazione, essere disponibile a cambiare casacca di fronte ad un centrodestra che ha garantito solo 15 anni di fallimenti di ogni tipo).
Avevamo avvertito: i mezzi prefigurano i fini! Ecco allora che oggi bisogna prepararsi a raccogliere i cocci lasciati dall’antidemocrazia che produce disgregazione e disintegrazione di una intera compagine, andata avanti a strappi, accoltellamenti, ispirata alla negazione costante e sistematica della parola data, con la guerra scientifica ai (propri) principi (fintamente) ispiratori (dove sono “democrazia dal basso” e “partecipazione”?).
Ogni crisi rappresenta sempre un momento di dramma ma anche di speranza. Oggi noi radicali ci prepariamo, nostro malgrado, a registrare la giustezza di un’analisi solitariamente svolta mesi addietro e a contare i morti prodotti dalla politica partitocratica dell’antidemocrazia, con la speranza che l’implosione in atto (di cui tutti i partiti sono responsabili) come dia vita ad una coalizione finalmente liberale e democratica. In una parola, alternativa.
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