Spifferi d’aria si aprono, nonostante tutto, anche all’interno di quei regimi dittatoriali sparsi per il mondo, grazie ad internet, grazie al fatto che niente può più essere sedato in questa corsa inarrestabile alla conoscenza
( http://www.youtube.com/watch?v=3zzOe8ahQ18 )
Lì, la forza di un video di pochi secondi catturato con un telefono cellulare è dirompente molto più delle alienanti propagande di un regime che si materializza sotto forma di sette televisioni di Stato. E’ in questo che vive un Paese, nella speranza: la libertà è speranza ed è l’unica strada che rimane per poter vivere. La libertà è conoscenza, è spiraglio di una luce che si vorrebbe spegnere con un semplice soffio di fiato; essa non è solo naturale aspirazione dell’uomo, ma anche unico strumento di governo dei fenomeni. Quella di parola, prima di tutto, perché se non ci si può esprimere liberamente non si potrà neppure contribuire a far circolare idee, a discutere sulla realtà per comprenderla. Solo un’ampia, autentica ed accesa discussione potrà consentire agli uomini di avvicinarsi alla verità e contemporaneamente di sorvegliare il potere perché esso non impazzisca. Libertà di discussione come metodo di crescita degli individui (che hanno la possibilità di valutare la migliore delle offerte che ogni mente umana mette in campo e che possono “conoscere per deliberare”) e come strumento di controllo e quindi esercizio costante cui il potere si sottopone ed è sottoposto.
Sarà ardito passare dall’Iran a Francavilla Fontana? Forse, eppure quell’antidoto che aiuta i grandi regimi non vedo perché non dovrebbe soccorrere quelle realtà desolate come la nostra, in un Paese in cui la democrazia e lo Stato di diritto esistono sulla carta.
Anche a Francavilla, quindi, è importante che siano presenti quei piccoli margini di vita e speranza rappresentati dai blog, dalle discussioni aperte, dalla diffusione delle idee e dei confronti, dalle assemblee pubbliche, dagli incontri che si organizzano per esempio con le scuole, forzando con la più debordante delle armi nonviolente (la parola, appunto) il conformismo di regime, duro a morire, dei dirigenti. Questa sia allora la prima e più grande rivoluzione culturale della nostra città, nella quale la parola voli per contaminare la mente di ogni cittadino, che sia finalmente consapevole di ciò che succede e si gioca sulla sua testa.
Ma libertà, lo si sappia, è anche responsabilità: dare corpo alla parola deve significare pure proteggerla da un uso virulento che aiuta chi vuole che il valore di una discussione scada in lite di popolo, rozza e volgare, di un popolo che si accontenta così di vomitare le frustrazioni quotidiane in ambiti miseri e meschini in cui il potere non si preoccupa neppure di intervenire per far tacere qualcuno. E in tutto questo internet sia, sempre di più, non (attraverso il nascondimento nella folla anonima) mortificazione della persona, ma piuttosto valorizzazione dell’individuo.
( http://www.youtube.com/watch?v=3zzOe8ahQ18 )
Lì, la forza di un video di pochi secondi catturato con un telefono cellulare è dirompente molto più delle alienanti propagande di un regime che si materializza sotto forma di sette televisioni di Stato. E’ in questo che vive un Paese, nella speranza: la libertà è speranza ed è l’unica strada che rimane per poter vivere. La libertà è conoscenza, è spiraglio di una luce che si vorrebbe spegnere con un semplice soffio di fiato; essa non è solo naturale aspirazione dell’uomo, ma anche unico strumento di governo dei fenomeni. Quella di parola, prima di tutto, perché se non ci si può esprimere liberamente non si potrà neppure contribuire a far circolare idee, a discutere sulla realtà per comprenderla. Solo un’ampia, autentica ed accesa discussione potrà consentire agli uomini di avvicinarsi alla verità e contemporaneamente di sorvegliare il potere perché esso non impazzisca. Libertà di discussione come metodo di crescita degli individui (che hanno la possibilità di valutare la migliore delle offerte che ogni mente umana mette in campo e che possono “conoscere per deliberare”) e come strumento di controllo e quindi esercizio costante cui il potere si sottopone ed è sottoposto.
Sarà ardito passare dall’Iran a Francavilla Fontana? Forse, eppure quell’antidoto che aiuta i grandi regimi non vedo perché non dovrebbe soccorrere quelle realtà desolate come la nostra, in un Paese in cui la democrazia e lo Stato di diritto esistono sulla carta.
Anche a Francavilla, quindi, è importante che siano presenti quei piccoli margini di vita e speranza rappresentati dai blog, dalle discussioni aperte, dalla diffusione delle idee e dei confronti, dalle assemblee pubbliche, dagli incontri che si organizzano per esempio con le scuole, forzando con la più debordante delle armi nonviolente (la parola, appunto) il conformismo di regime, duro a morire, dei dirigenti. Questa sia allora la prima e più grande rivoluzione culturale della nostra città, nella quale la parola voli per contaminare la mente di ogni cittadino, che sia finalmente consapevole di ciò che succede e si gioca sulla sua testa.
Ma libertà, lo si sappia, è anche responsabilità: dare corpo alla parola deve significare pure proteggerla da un uso virulento che aiuta chi vuole che il valore di una discussione scada in lite di popolo, rozza e volgare, di un popolo che si accontenta così di vomitare le frustrazioni quotidiane in ambiti miseri e meschini in cui il potere non si preoccupa neppure di intervenire per far tacere qualcuno. E in tutto questo internet sia, sempre di più, non (attraverso il nascondimento nella folla anonima) mortificazione della persona, ma piuttosto valorizzazione dell’individuo.