domenica 9 marzo 2008

Voce del verbo "provocare".


Leggo con interesse e non poca perplessità la risposta dell’assessore Bungaro alla mia proposta di installare distributori di preservativi nelle scuole, proposta bollata come provocazione in maniera un po’ troppo semplicistica e affrettata, probabilmente in ragione della necessità di tranquillizzare ed acquietare le menti scandalizzabili della città. Si tratta invece di una idea (divenuta realtà in varie scuole d’Italia) che ho ritenuto giusto formulare ed esprimere in un momento di attacco demagogico ai principi della l. 194 e di lancio di non meglio identificate “moratorie degli aborti”. L’unica strada che io conosco e che tutti i Paesi del mondo conoscono per diminuire il numero di gravidanze indesiderate (in crescita tra le minorenni) è la strada dell’informazione sessuale, sui preservativi, sulla pillola del giorno dopo, sulla pillola RU 486 (sarebbe interessante effettuare un sondaggio per chiedere agli studenti – e magari non solo a loro - quali siano le differenze tra questi strumenti e se per esempio essi sanno come accedervi).
Evidentemente, se fino al 1971, quando fu abrogato dalla Corte Costituzionale, era ancora in vigore in Italia l’articolo 553 del Codice Penale, che vietava propaganda e uso di qualsiasi mezzo contraccettivo ( punibile fino a un anno di reclusione), ci sarà un motivo.
Quanto alla motivazione addotta dal prof. Tardio (mi auguro peraltro che la sua non sia l’unica voce che si leva sull’argomento, all’interno del pd), il quale parla di una questione che dovrebbe interessare solo le famiglie, mi permetto di far notare che purtroppo non sempre (anzi, quasi mai) il dialogo tra figli e genitori è la cornice migliore dentro la quale pervenire alla conquista della propria personalità, della propria sessualità. In realtà, l’amore e la sessualità sono aspetti politici degli individui, aspetti che riguardano il quotidiano, che hanno a che fare con la precostituzione di ruoli gerarchici profondamente sbagliati e pericolosi. Ecco perché buttare nell’agone politico fenomeni come il divorzio e l’aborto ha avuto un significato rivoluzionario ed ha determinato un ribaltamento culturale enorme. Cosa diciamo alla ragazzina che rimane incinta nella solitudine, nel proprio dramma umano e personale e che non può neppure tornare a casa guardando negli occhi il genitore? Mi aspetto una risposta da quanti hanno bollato la mia proposta come provocazione e non hanno ancora formulato una soluzione alternativa. Un po’ come accaduto per l’indagine anonima sui consumatori di droghe tra studenti: c’è paura a conoscere e far conoscere, c’è invece la predisposizione a mettere la propria coscienza a posto, dando vita a qualche seminario “terroristico” in stile “arancia meccanica” da propinare ai ragazzi, “per la difesa –o magari l’imposizione- de La vita”, “contro La droga” ( mai sul vissuto concreto o sulle droghe). Mi domando: cos’è quella se non “educazione” o meglio imposizione di un modello di società, con imperativi del tipo "chi tocca muore"?
Insisto nel chiedere all’assessore Bungaro, al prof. Tardio, a tutti i capi d’istituto delle scuole (ma in generale a tutti coloro che fossero interessati), un confronto pubblico nel corso del quale mettere sul tavolo dati ed esperienze scientifiche su sesso e droga, in modo da uscire dalla creazione dei tabù che impedisce al mondo della scuola di rinnovarsi e di farsi portavoce di iniziative realmente in grado di migliorare la vita dei ragazzi e di consentire loro scelte di responsabilità, senza indicare strade ideologiche e antiscientifiche.
Aggiungo che mi farò al più presto promotore, come cellula Coscioni di Francavilla, di una iniziativa coi ragazzi delle scuole volta a conoscere l’effettivo grado di consapevolezza relativo alla contraccezione.

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