All’epoca di “cento passi” scrivevo alcuni post scagliandomi contro l’anonimato innalzato a sistema, a modalità di partecipazione (fittizia, falsata e scorretta) al dibattito pubblico e lo equiparavo ad un regime in perfetto stile mafioso: l’anonimato come regola seguita da chi espone una propria idea ma per le più svariate ragioni non ritiene di dover sottostare a principi normali di buon senso, di buona educazione, di trasparenza, anche di legalità, scelto per potersi sottrarre magari a impegni di coerenza e logicità delle proprie affermazioni oppure semplicemente utilizzato per gettare ombre su una persona, senza l'assunzione di responsabilità necessaria. Tante volte, quasi sempre, l’anonimo è la fonte dell’attacco più violento, gratuito o no, motivato o meno, sferrato nei confronti del potente di turno. Capita, ogni volta che leggo un commento non firmato, nel quale si vuole rivolgere una critica anche a me, di “caricarmi di ragione”, di sentirmi cioè già scagionato aprioristicamente da qualunque accusa o critica.
Di fronte all’accezione di “mafionimi” che io lanciavo tempo fa, alcuni visitatori e amici si facevano due risate, sminuivano, sostenevano il diritto a non inserire il nome o addirittura la legittimità che lo strumento internet attribuiva (e attribuirebbe) a chi vuole semplicemente, come diceva in maniera azzeccata qualcuno, “ruttare” nei blog.
A distanza di tre anni circa mi trovo a essere d’accordo con me stesso e con la guerra non violenta che avevo ingaggiato allora, guerra certamente poco apprezzata da chi non coglie la portata rivoluzionaria di internet.
Il fenomeno potrebbe essere interrotto semplicemente vietando a chiunque di lasciare commenti senza apporre una firma, ma non voglio, non ho mai voluto.
Mi piace l’idea che si possano isolare questi personaggi, isolarli convincendoli, perché diversamente sarebbero ignorati, alla scelta della firma e dunque all’abbandono dello sfogo.
Per questa ragione rivolgo a tutti i blogger locali l'invito a condannare con forza e ripetutamente, a costo di risultare tediosi, gli eventuali commenti anonimi, anche se ciò dovesse (come sicuramente accadrà) significare un abbassamento netto del numero di visitatori.
Mi auguro che ogni blogger vorrà, con un messaggio nella home page, ricordare che chi non si firma è figlio di una cultura mafiosa e non fa che alimentarla.
Di fronte all’accezione di “mafionimi” che io lanciavo tempo fa, alcuni visitatori e amici si facevano due risate, sminuivano, sostenevano il diritto a non inserire il nome o addirittura la legittimità che lo strumento internet attribuiva (e attribuirebbe) a chi vuole semplicemente, come diceva in maniera azzeccata qualcuno, “ruttare” nei blog.
A distanza di tre anni circa mi trovo a essere d’accordo con me stesso e con la guerra non violenta che avevo ingaggiato allora, guerra certamente poco apprezzata da chi non coglie la portata rivoluzionaria di internet.
Il fenomeno potrebbe essere interrotto semplicemente vietando a chiunque di lasciare commenti senza apporre una firma, ma non voglio, non ho mai voluto.
Mi piace l’idea che si possano isolare questi personaggi, isolarli convincendoli, perché diversamente sarebbero ignorati, alla scelta della firma e dunque all’abbandono dello sfogo.
Per questa ragione rivolgo a tutti i blogger locali l'invito a condannare con forza e ripetutamente, a costo di risultare tediosi, gli eventuali commenti anonimi, anche se ciò dovesse (come sicuramente accadrà) significare un abbassamento netto del numero di visitatori.
Mi auguro che ogni blogger vorrà, con un messaggio nella home page, ricordare che chi non si firma è figlio di una cultura mafiosa e non fa che alimentarla.
7 commenti:
Sergio, se me lo consenti, potrei pubblicare il tuo articolo sul mio blog?
Come no, certo.
Se un utente anzichè firmarsi anonimo, lo farebbe con uno pseudonimo andrebbe bene? A mio avviso un Marco Rossi o Tarzan, non fa alcuna differenza dall'anonimato. Magari l'utilizzo di uno Pseudonimo faciliterebbe di più l'identificazione (per critiche ed altro) durante un dibattito.
...per il resto credo non cambi nulla.
Sì, infatti sono d'accordo.
sergio, perchè ritieni che internet sia un mezzo rivoluzionario?
mario pajano
Beh, un esempio è quello che siamo riusciti a realizzare a Francavilla. Nessuno era mai riuscito a mettersi in relazione perché tutti (non io che ho organizzato in questi anni solo incontri a più voci) troppo presi dal difendere le mura di casa, dal non farsi contaminare.
Internet è uno strumento di circolazione delle idee e in quanto tale è altamente rivoluzionario, con l'aggiunta che non può essere controllato. Tanto è vero che diventa oggi una delle prime libertà vietate nei paesi dittatoriali. Non credo sia un caso.
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