Quando Welby chiese all’Italia di lasciarlo andare, quando chiese di poter ottenere una morte "opportuna", ricordo che tante voci si alzarono nel sottolineare che le persone vanno aiutate a "vivere", non a morire, che andrebbero incentivate le cure contro il dolore e amenità del genere. Amenità, certo. Perché se si indaga sulla ragione per cui certe cure non sono sviluppate e sul perché siamo il centesimo Paese per uso di antidolorifici, la responsabilità va ricercata tra i sostenitori della sacralità della vita, la vita coatta, per alcuni “non-vita”, contro la vita che si ama, che si costruisce giorno per giorno, che è espressione di gioia e responsabilità.
Poi capita di leggere che (non un prete di un paesino ma) il Vescovo di Viterbo rifiuta di sposare una persona disabile (applicando il Canone 1084 sull'impotenza copulativa) e si comprendono tante cose, le verità, lo spirito di una Chiesa posta al di fuori della realtà, cattiva e crudele, anticristiana, la stessa Chiesa che non volle celebrare i funerali del “suicida” Piergiorgio. Nessuna pietà.
La “sacralità” dello zigote, dello spermatozoo, prevale come sempre su quella delle persone, sulla loro volontà, sulla libera scelta, su quella che dovrebbe essere la sacralità della coscienza dell’uomo, che i laici contrappongono agli amanti della roba e ai difensori del potere mondano, quello produttore di mostri. Il motto “generare come le bestie” viene ancora una volta innalzato a modus operandi da una Chiesa che concepisce l’unione solo in quanto finalizzata alla procreazione e non attribuisce alcun valore al sentimento. Perciò, l’omosessuale al rogo, per questo il no alla pillola e ad ogni contraccettivo (anche quando ciò significa morire di AIDS) e per questo, adesso, è negato il sacramento anche al disabile che non può compiere l'atto sessuale. A questa coppia che alla fine ha coronato ugualmente il sogno di un matrimonio, civile, fuori da un mondo ormai antistorico, oltre che respingente, violento, cinico, vanno i nostri migliori auguri.
Per questa ragione, quando toccherà a me, mi sia consentito di non essere salutato in un luogo che non mi appartiene e a cui non appartengo.
Subito una sala laica a Francavilla, oltre che per i matrimoni, anche per i funerali civili.
Poi capita di leggere che (non un prete di un paesino ma) il Vescovo di Viterbo rifiuta di sposare una persona disabile (applicando il Canone 1084 sull'impotenza copulativa) e si comprendono tante cose, le verità, lo spirito di una Chiesa posta al di fuori della realtà, cattiva e crudele, anticristiana, la stessa Chiesa che non volle celebrare i funerali del “suicida” Piergiorgio. Nessuna pietà.
La “sacralità” dello zigote, dello spermatozoo, prevale come sempre su quella delle persone, sulla loro volontà, sulla libera scelta, su quella che dovrebbe essere la sacralità della coscienza dell’uomo, che i laici contrappongono agli amanti della roba e ai difensori del potere mondano, quello produttore di mostri. Il motto “generare come le bestie” viene ancora una volta innalzato a modus operandi da una Chiesa che concepisce l’unione solo in quanto finalizzata alla procreazione e non attribuisce alcun valore al sentimento. Perciò, l’omosessuale al rogo, per questo il no alla pillola e ad ogni contraccettivo (anche quando ciò significa morire di AIDS) e per questo, adesso, è negato il sacramento anche al disabile che non può compiere l'atto sessuale. A questa coppia che alla fine ha coronato ugualmente il sogno di un matrimonio, civile, fuori da un mondo ormai antistorico, oltre che respingente, violento, cinico, vanno i nostri migliori auguri.
Per questa ragione, quando toccherà a me, mi sia consentito di non essere salutato in un luogo che non mi appartiene e a cui non appartengo.
Subito una sala laica a Francavilla, oltre che per i matrimoni, anche per i funerali civili.
5 commenti:
Lettera alla mia città
Lo stato di emergenza politica in cui si trova Francavilla dà origine a un pericolo immediato e crea una situazione che minaccia le persone, i beni, l’ambiente al quale occorre reagire in modo tempestivo. Essa svela uno stato di fragilità, di incertezza, di sfiducia del futuro che abita nella testa e nel cuore di moltissime persone La nostra città è come intossicata dal suo non-essere più una città normale, serena, vivibile da non avvertire nemmeno i sintomi del suo malessere. Una città che appare come anestetizzata dalla sua stessa lenta e mortale malattia che è quella di trovarsi con cittadini spesso irresponsabili, privi di speranza, senza coscienza né passione civica da coltivare, senza alcuna aspettativa da condividere con gli altri. Appare come ripiegata su se stessa, incapace a trovare almeno una ragione alla sua catastrofe e, quindi, una possibile cura per rimettersi in piedi.
È un vecchio difetto della nostra città. È un vecchio vizio di questa città: giocare con i propri mali per non affrontarli, finendo quasi per non vederli. È così che in questi anni si è amministrato sacrificando territorio, ambiente, legalità, luoghi sociali con uno sperpero inconcludente di risorse economiche e finanziarie. L’inettitudine del ceto politico-amministrativo, responsabile di questo degrado, la sua mediocrità e la sua presunzione e arroganza sono state sostenute da una società civile spesso complice e inerme. Il rischio che si corre è quello di adattarsi a quello che capita.
Questa città la si può abbandonare al suo infausto destino e dunque alla sua immobilità ineluttabile? Questa città può ancora essere preda di pochi “signorotti” che continuano ad avere la pretesa di decidere del futuro della città, dopo averne affossato ogni possibile occasione di riscatto?
Il momento che viviamo ci impone di osare, di avere coraggio ed è questo il compito di una politica che sappia organizzare le speranze e rispondere alle attese della gente.
Non è un progetto arrogante che vuole rivincite, che attende il treno per le sue rivalse nei confronti di ben noti personaggi che hanno fatto, e cercano ancora di fare, della città il terreno di dispute per beghe personali, dimenticando il bene della città.
Amando questa città abbiamo il dovere di non essere più ciechi, muti, insensibili dinnanzi alla sua rovina. Occorre reagire al clima di sconforto e rassegnazione che paralizza le riserve di tante energie intelligenze, talenti, conoscenza, iniziativa che sono in grado di esprimere creatività, professioni, impresa, successi Ci sono tanti, molti cittadini consapevoli, non rassegnati al disordine che li circonda. Questi cittadini sono in grado di trovare una soluzione che rispetti e tuteli questo territorio, questo ambiente, questa generazione. Quel che si chiede non è la “Luna”. È quello di mettere insieme intelligenze, risorse, culture, passioni per risollevare, per risanare, per ridare dignità alla nostra città e per restituirgli la voglia di futuro.
Impegnarsi in uno stato di crisi comporta una intensità superiore alle condizioni di normalità. Devono cadere le appartenenze, gli schemi mentali, i pregiudizi personali, per far venir fuori ciò che ciascuno sa fare, dalla generosità alla coraggio, dal dialogo al confronto, dallo spirito di squadra al riconoscimento del merito altrui. L’emergenza è una sorta di situazione eccezionale dove tutto è diverso da una condizione di normalità. Obbliga ad azioni insolite, scelte diverse, ma doverose rispetto a quelle che si farebbero se l’emergenza non ci fosse. Dobbiamo uscire dai nostri recinti, dagli schieramenti precostituiti e, nella massima trasparenza, darci un pensiero che vada oltre quello che siamo stati fin qui. Diventa perciò un fatto corale, collettivo: c’è una dimensione sociale prevalente su tutto in cui ognuno rende disponibili competenze, capacità, risorse indispensabili per svoltare l’angolo della catastrofe, per recuperare forza, energia, voglia di vivere
Occorre un “patto di cittadinanza” , nel rispetto delle identità di ciascuno, dei diritti e dei doveri che abbiamo nei confronti della comunità in cui viviamo. Per questo è necessario che chi crede di affrontare l’emergenza lo faccia coniugando alla generosità e alla passione la competenza e la preparazione. Abbiamo cittadini, donne e uomini preparati, seri, generosi. È questo il momento di vederli in posizione di responsabilità. Bisogna fare presto prima che sia troppo tardi. Serve un impegno congiunto di soggetti politici, nel senso più alto e nobile possibile, in grado di dare risposte sagge e sollecite alle gravi emergenze. Bisogna agire presto per costruire un grande progetto di responsabile collaborazione che, rifiutando la politica come gestione di soli interessi di parte, di corporazioni o di gruppi, ridia fiato alla giustizia, alla solidarietà, alla responsabilità.
Abbiamo il dovere di rimboccarci le maniche, con umiltà ma anche con coraggio e metterci a lavorare per salvare la città dal dissesto finanziario, dal disastro sociale, dalla catastrofe morale e liberarla da una fallimentare classe dirigente politico-amministrativa
Per questa situazione particolare ed eccezionale ha senso donare il proprio tempo, la propria mente e rischiare la fatica, le difficoltà e le incomprensioni.
Lì, 14 giugno ’08 prof. Mimmo Tardio
Dirigente provinciale PD
Gent. Mimmo Tardio,
DOV'ERI quando nel 2005 il MAB ha svolto una serie di iniziative ponendo l'urgenza di definire il vecchio procedimento dell'Intermodale per avviare la gestione della struttura in funzione della individuazione eseguita dal P.R.T. Regionale del sito quale Interporto di II livello?
DOV'ERI quando il MAB è stato lasciato solo nel contenzioso contro l'A.C. che non applicava le norme sulla raccolta a recupero e anziché sostenerlo lo si delegittimava favorendo l'ecomafia della discarica?
DOV'ERI quando si è trattato di prendere posizione per scongiurare che la Fondazine DI SUMMA venga sciolta ed il suo parimonio (pubblico) venga rapinato da pseudo eredi?
DOV'ERI quando..... la smetto per carità cristiana.
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Se vogliamo veramente recuperare credibilità in questa città dobbiamo guardare a noi stessi ed alle tante omissioni che abbiamo consumato. NESSUNO E' ESENTE DA COLPE E RESPONSABILITA', COMINCIANDO DA TE, caro Mimmo.
Infatti l'impegno e l'intervento della società civile non si richiede a intermittenza secondo le convenienze.
Tutto ciò che viene dalla società civile va ascoltato, preso in considerazione e va riscontrato senza fare analisi del sangue ma guardando ai fatti ed alle situazioni.
DOBBIAMO VOLTARE PAGINA, TUTTI. Nessuno ha titolo per dare lezioni, cominciando da Te, ciao
Antonio De Franco
Caro professore,
ho letta la Sua lettera e vorrei risponderLe, ma non so proprio come, non so come potremmo fare a concretizzare quel patto di cui Lei parla.
Discutiamone, certamente non mi tiro indietro.
Gent. Sergio Tatarano,
desidero raccontarTi un aneddoto della mia vita dopo aver meglio letto il Tuo post nella parte finale ove dici "quando toccherà a me...".
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Nel corso delle celebrazioni importanti che eravamo chiamati ad animare da seminaristi, potevamo ascoltare da vicino i sacerdoti, sentendo non solo i canoni ufficiali ma anche quelli ufficiosi che declamavano sottosilenzio.
Quando si stava per giungere alla comunione il sacerdote veniva chiamato ad affermare la volontà di poter essere alla presenza, contemplandola, ammirandola e venerandola, della gloria di Dio.
Il sacerdote, un intellettuale che sapeva molto bene come stavano le cose ioè che per poter contemplare la Gloria di Dio occorre andare in Paradiso e, quindi, passare a "miglior" vita, dopo aver declamato ad alta voce questo canone ufficiale (Oh Dio fa che sia chiamato a contemplare la Tua Gloria) declamava quella "più umana" sottovoce che era la seguente: "Oh Dio fa che avvenga quanto più tardi è possibile".
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L'ascoltare questa affermazione declamata di nascosto in contraddizione con la dichiarazione ufficiale che, quindi, stava solo recitando da buon attore (a come lo diceva sembrava che sarebbe stato disposto a farsi martizzare in quel momento pur di ammirare la Gloria di Dio).
Queste piccole ipocrisie mi hanno fatto capire tantissimo delle persone per cui il seminario è stata per me una grande scuola di vita.
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QUINDI, PARAFRASANDO I PRETI - TENUTO CONTO CHE NOI NON DOBBIAMO FAR RICORSO ALL'IPOCRISIA - MI UNISCO A TE E CONCLUDO:
""" .....QUANTO PIU' TARDI POSSIBILE... """.
P.s. Anche per ragioni logistiche: siccome la sala per le celebrazioni laiche sarà pronta dopo il 2020 adesso dovremo ospitarTi in Chiesa... un vero peccato! O no?
Una parentesi: a proposito Sergio, lo sai come si concluse la mia esperienza in seminario?
Il rettore, Don Tommaso Tridente, mi spiegò che non era un ambiente adatto a me e che la mia permanenza avrebbe "...fatto venire la vocazione ai seminaristi...". A quel punto non ci capii più niente infatti avevo sempre pensato che sia era proprio perché la si aveva!
Non voglio generalizzare. Sono cose che possono capitare solo a me.
Di ipocrisia in ipocrisia, si è creato lo Stato più ricco del mondo.
Facendo due calcoli, 2020 significherebbe morire a 40 anni, un po' prestino, no?!
Scherzi a parte, Marinotti aveva espresso pubblicamente la disponibilità e individuato in Teatro Imperiali la sede dei funerali civili (e sarebbe pertanto stata sufficiente una semplice ordinanza da parte sua), anche se non so se quella avrebbe tutti i requisiti necessari.
Ci riproveremo ancora.
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