mercoledì 16 gennaio 2008

Diritto di parlare e diritto di contestare.

Il problema italiano è la confusione di ruoli. La confusione tra Stato e Chiesa, la continua volontà di mescolare, in mala fede, Dio e Cesare. L’unico uomo al mondo a cui, nei tg, è riservato più spazio di quanto lo si riservi a tutta la politica, a destra e sinistra, maggioranza e opposizione, governo e ministri, si dice, è stato censurato. In realtà, contestato, non ha saputo affrontare il dissenso. Assolutamente in linea con il personaggio, direi.
Figuriamoci se invece il laico, o quei laici che hanno in 67 scritto al Rettore che non volevano il Papa all’Università, possano avere paura della parola di Ratzinger. Ma se non passa giorno, ora, senza che noi sappiamo cosa pensa Papa Benedetto dell’aborto o dell’eutanasia, del divorzio o della droga, sappiamo addirittura che considera peccato sorpassare con l’auto. Però non sappiamo cosa pensa della pena di morte. Non gli abbiamo sentito spendere neppure mezza parola sull’argomento. Strano.
Ma come dicevo il problema italiano è la confusione. Che ci fa il Pontefice all’inaugurazione dell’anno accademico? Va a parlare insieme al Rettore e a tutti gli altri rappresentanti istituzionali e "benedice" i convenuti. Questo è lo sconcio. Come quando nella nostra piccola Francavilla si inaugura qualunque istituto pubblico con la benedizione del capo di UNA chiesa, LA Chiesa. E lì ci aspetteremmo la saggia rinuncia di un credente laico come il vescovo o qualunque prete. C’è la stessa confusione al contrario, quando il sindaco, la giunta e i consiglieri sfilano nella processione religiosa, trincerandosi dietro al fatto che hanno ricevuto un invito. Ma l’invito si può gentilmente ritenere inopportuno, ringraziando chi ce lo ha rivolto.
Era giustificato quello del Rettore? Ben altra cosa sarebbe stata impedire ad un rappresentante della Chiesa di prendere parte ad un dibattito pubblico. Ma questo era uno smaccato invito partigiano. Figuratevi, io che non ho potuto organizzare un dibattito con Mina Welby a Francavilla per l’ostruzionismo delle istituzioni, letteralmente fottute di paura alla vista di quella piccola signora, che avrebbe certo parlato con un interlocutore, confrontandosi, ma presidi e professori non ne volevano sapere. Se all’inaugurazione della mia scuola avessero invitato il vescovo per una predica anch’io mi sarei ribellato.
La storia ci insegna che l’intolleranza verso la parola è stata e sta tutta da una parte, dalla parte di quelli che hanno ucciso i Giordano Bruno secoli fa e che hanno condotto la campagna dell’astensione al referendum sulla l. 40 (coi soldi dell’8 per mille) solo tre anni fa. E ora si sentono imbavagliati? Certo, questo scherzetto ci condannerà come minimo a dieci “Porta a porta”, cento ore di vittimismo nei tg, gare all’ultimo sangue tra Pd e destra, Veltroni e Berlusconi a chi si inginocchia di più e condanna maggiormente l’ormai ottocentesco anticlericalismo.
Concludo con le, come sempre, sagge parole di Marco Pannella: “Benedetto XVI soprassiede dunque. Ma potremmo certamente consolarci di questa sua decisione di non parlare in quella sede: potremmo sicuramente consolarci ascoltandolo, come quasi ogni giorno, a reti unificate nei telegiornali dall’alba a tarda notte”.

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