Vi dirò, a me è simpatico Giuliano Ferrara. Le sue trasmissioni non sono mai banali, spesso provocatorie, eppure con lui non mi trovo ad essere d’accordo praticamente in nessuna circostanza.
Di quale moratoria parlava qualche giorno fa Giuliano Ferrara? In realtà la moratoria degli aborti l’abbiamo avuta proprio a partire dal 1978.
Facciamo un salto indietro di trent’anni. La l. 194/78 legalizzava di fatto l’aborto e, come sempre accade ed è accaduto, riusciva a diventare lo strumento decisivo per la lotta all’aborto: legalizzare per governare. Le nostre nonne lo ricorderanno, ricorderanno come, nei paesini di campagna, due fossero le figure immancabili: il sacerdote e la mammana, vale a dire la donna incaricata di praticare, in condizioni disumane e pericolosissime per la salute della donna, l’aborto. Quello clandestino, a cui, pare, i clericali sono molto affezionati. E’ un affetto sconsiderato per il clandestino in generale.
Chiariamolo: nessuno è a favore dell’aborto. Come nessuno è pro-eutanasia. Oppure, chi ha il desiderio che le coppie sposate divorzino? Nessuno. Ma i rapporti, la vita, le decisioni, tutto deve essere fondato sulla libertà, sulla responsabilità, non sulla costrizione; altrimenti l’uomo si fa giustizia da solo, viene costretto a vivere nell’illegalità.
Poiché non sono un tifoso, ma un laico, amo verificare la giustezza di una scelta sulla base dei risultati che ne derivano. Cosa ha prodotto la l. 194? Indubbiamente, incontrovertibilmente, gli aborti sono calati, dati alla mano, del 60% tra le donne italiane (e questo rispetto all’anno di entrata in vigore della legge, ma sicuramente molto di più se si conoscessero i dati relativi a quando l’aborto era reato e quindi regnava la clandestinità), con la quasi totale scomparsa degli aborti clandestini. Insomma, un successo. Innegabile.
Eppure c’è un “ma”. C’è un problema legato ad un 15% di aborti clandestini ancora esistente; c’è un numero 4 volte superiore, relativamente agli aborti delle donne immigrate; c’è un’applicazione della legge ancora a macchia di leopardo, con una differenza enorme tra nord e sud.
C’è una mancanza di rispetto del dettato della legge che prevede la possibilità di interrompere la gravidanza “immediatamente”, in caso di certificazione di urgenza, e “alla scadenza dei sette giorni”, in caso di procedura ordinaria, mentre la media reale è di 21 giorni.
E vi è ancora il problema della chiusura alle strutture private, del tutto incomprensibile.
Ancor più incomprensibile è l’ostracismo in Italia nei confronti dei contraccettivi, della pillola RU 486, già commercializzata in tutto il mondo, rimedio da preferire certamente all’aborto terapeutico; e ci sarebbe da battersi per abolire la ricetta per la pillola del giorno dopo, come avvenuto in Francia o Gran Bretagna dove la stessa è distribuita gratuitamente e senza ricetta. Una cosa possono fare i presidi delle scuole (tutte, perfino le scuole di Francavilla!): installare i distributori di preservativi nei bagni delle scuole. Ma non lo faranno mai.
E’ pertanto evidente come il ricorso all’aborto terapeutico sia un rimedio molto spesso derivante dalla ignoranza delle persone, da una mancanza di informazione su tutte le soluzioni alternative che esse avrebbero per evitare una tragica soluzione come il ricovero. Informazione sessuale come primo punto per far sì che gli uomini e le donne si amino, decidano di essere padri e madri ogni volta che sono pronti a quel passo, senza essere colpevolizzati per i loro istinti e le loro voglie.
Chi è contrario all’aborto, deve impegnarsi per l’introduzione di tutte le forme meno invasive per evitare una gravidanza indesiderata, nella consapevolezza che l’uomo ha bisogno di generare con amore responsabile, non di procreare come le bestie.
Se i clericali di destra e sinistra vogliono riportare alla luce la discussione su questa legge, va più che bene. Lo si faccia partendo da questi dati. Intanto aspettiamo di sapere cosa ne pensa Veltroni e i suoi rappresentanti locali.
La 194 può essere ritoccata, come si chiede da anni, adeguata ai tempi, meglio applicata. Dicevamo che la legge 40 era una preparazione all’attacco della 194. Si continua a dire che così non è, ma solo perché si sa bene che il popolo italiano non vuole tornare all’epoca delle mammane e che i cattolici tanto quanto i laici respingeranno categoricamente ogni attacco clericale che voglia imprigionare il diritto ad una maternità responsabile e consapevole, fatta di amore e speranza.
Di quale moratoria parlava qualche giorno fa Giuliano Ferrara? In realtà la moratoria degli aborti l’abbiamo avuta proprio a partire dal 1978.
Facciamo un salto indietro di trent’anni. La l. 194/78 legalizzava di fatto l’aborto e, come sempre accade ed è accaduto, riusciva a diventare lo strumento decisivo per la lotta all’aborto: legalizzare per governare. Le nostre nonne lo ricorderanno, ricorderanno come, nei paesini di campagna, due fossero le figure immancabili: il sacerdote e la mammana, vale a dire la donna incaricata di praticare, in condizioni disumane e pericolosissime per la salute della donna, l’aborto. Quello clandestino, a cui, pare, i clericali sono molto affezionati. E’ un affetto sconsiderato per il clandestino in generale.
Chiariamolo: nessuno è a favore dell’aborto. Come nessuno è pro-eutanasia. Oppure, chi ha il desiderio che le coppie sposate divorzino? Nessuno. Ma i rapporti, la vita, le decisioni, tutto deve essere fondato sulla libertà, sulla responsabilità, non sulla costrizione; altrimenti l’uomo si fa giustizia da solo, viene costretto a vivere nell’illegalità.
Poiché non sono un tifoso, ma un laico, amo verificare la giustezza di una scelta sulla base dei risultati che ne derivano. Cosa ha prodotto la l. 194? Indubbiamente, incontrovertibilmente, gli aborti sono calati, dati alla mano, del 60% tra le donne italiane (e questo rispetto all’anno di entrata in vigore della legge, ma sicuramente molto di più se si conoscessero i dati relativi a quando l’aborto era reato e quindi regnava la clandestinità), con la quasi totale scomparsa degli aborti clandestini. Insomma, un successo. Innegabile.
Eppure c’è un “ma”. C’è un problema legato ad un 15% di aborti clandestini ancora esistente; c’è un numero 4 volte superiore, relativamente agli aborti delle donne immigrate; c’è un’applicazione della legge ancora a macchia di leopardo, con una differenza enorme tra nord e sud.
C’è una mancanza di rispetto del dettato della legge che prevede la possibilità di interrompere la gravidanza “immediatamente”, in caso di certificazione di urgenza, e “alla scadenza dei sette giorni”, in caso di procedura ordinaria, mentre la media reale è di 21 giorni.
E vi è ancora il problema della chiusura alle strutture private, del tutto incomprensibile.
Ancor più incomprensibile è l’ostracismo in Italia nei confronti dei contraccettivi, della pillola RU 486, già commercializzata in tutto il mondo, rimedio da preferire certamente all’aborto terapeutico; e ci sarebbe da battersi per abolire la ricetta per la pillola del giorno dopo, come avvenuto in Francia o Gran Bretagna dove la stessa è distribuita gratuitamente e senza ricetta. Una cosa possono fare i presidi delle scuole (tutte, perfino le scuole di Francavilla!): installare i distributori di preservativi nei bagni delle scuole. Ma non lo faranno mai.
E’ pertanto evidente come il ricorso all’aborto terapeutico sia un rimedio molto spesso derivante dalla ignoranza delle persone, da una mancanza di informazione su tutte le soluzioni alternative che esse avrebbero per evitare una tragica soluzione come il ricovero. Informazione sessuale come primo punto per far sì che gli uomini e le donne si amino, decidano di essere padri e madri ogni volta che sono pronti a quel passo, senza essere colpevolizzati per i loro istinti e le loro voglie.
Chi è contrario all’aborto, deve impegnarsi per l’introduzione di tutte le forme meno invasive per evitare una gravidanza indesiderata, nella consapevolezza che l’uomo ha bisogno di generare con amore responsabile, non di procreare come le bestie.
Se i clericali di destra e sinistra vogliono riportare alla luce la discussione su questa legge, va più che bene. Lo si faccia partendo da questi dati. Intanto aspettiamo di sapere cosa ne pensa Veltroni e i suoi rappresentanti locali.
La 194 può essere ritoccata, come si chiede da anni, adeguata ai tempi, meglio applicata. Dicevamo che la legge 40 era una preparazione all’attacco della 194. Si continua a dire che così non è, ma solo perché si sa bene che il popolo italiano non vuole tornare all’epoca delle mammane e che i cattolici tanto quanto i laici respingeranno categoricamente ogni attacco clericale che voglia imprigionare il diritto ad una maternità responsabile e consapevole, fatta di amore e speranza.
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