sabato 29 dicembre 2007

Auguri alla sinistra francavillese.



Mi spiace tanto non essere stato presente a nessuna delle giornate della festa della sinistra francavillese, ma impegni vari mi hanno impedito di prendere parte a questo appuntamento. Me ne scuso.
Da quanto leggo sul sito, mi pare che si sia registrata una buona partecipazione di pubblico. Approfitto di questa occasione per esprimere qualche osservazione e rivolgermi a questi cari compagni cercando il più possibile di interloquire con loro, impresa non sempre facilissima.
Se fossi stato presente il primo giorno avrei preso la parola per sostenere come un partito libertario dovrebbe muoversi verso la fusione di tutte le proprie componenti, senza essere la somma di varie riserve indiane fatte da donne o giovani, ma solo da persone. Chi mi conosce sa bene come la penso a riguardo.
Il secondo giorno avrei preso la parola per rimarcare la necessità di un regime fondato, in materia di ambiente, su qualcosa di diverso dalla protezione di casa mia e dal “no” a tutto, ma piuttosto sul miglioramento di ogni strumento di governo della normalità, a partire dalla raccolta differenziata, ad esempio.
Avrei anche cercato, l’ultimo giorno, di chiedere quale sia, al di là della contrarietà ideologica ad una legge che ha creato circa tre milioni di posti di lavoro, la soluzione alternativa da “sinistra”. Avrei invitato i convenuti a chiedersi se, piuttosto che sprecare energie a garantire il pensionamento a chi è ancora vivo e produttivo (avendo 58 anni), non sia il caso di investire negli ammortizzatori sociali e nel reddito di inserimento, preoccupandosi di chi un lavoro non ce l’ha (e rifacendosi a quel progetto di abolizione della miseria di rossiana memoria), piuttosto che paralizzare il sistema per tutelare chi è già garantito e sindacalizzato.
Avrei voluto dire tutte queste cose e so bene che mi sarei tirato dietro pernacchie, fischi e magari qualche insulto mal trattenuto.
E’ una mia supposizione, magari sbagliata. Ma certo quando si leggono alcuni articoli l’impressione che se ne trae è di avere a che fare con un interlocutore rimasto ancorato a uno stile un po’ vecchio e superato eppure nella continua e cocciuta preoccupazione di rinnovarsi per spaventare il meno possibile, andando ad esempio a seppellire quell’ingombrante falce e martello che non deve essere più vista.
In un articolo ho letto che qualcuno parlava di vassallaggio, di feudalesimo e di opposizione in consiglio comunale senza palle. Mi è dunque subito tornato alla mente Bertinotti e la sua performance a dir poco inopportuna sulla maggioranza e su questo governo: come poteva un Presidente della Camera tuonare in quel modo, definendo terminata l’esperienza del centrosinistra? Ragioni di comodo, ragioni di opportunismo elettorale, ragioni di cinismo aritmetico. Allora, cari compagni, la serietà del vostro progetto deve misurarsi su questo, sulla possibilità di stare al governo senza perdere la credibilità, senza essere costretti, ad un certo punto della legislatura, a scegliere tra la scomparsa elettorale e il realismo politico. Il senso dello Stato non può essere un alibi per accettare tutto e il contrario di tutto, per castrarvi fino a che i sondaggi non vi obblighino al “testa o croce”: superare il popolo su posizioni da duri e puri, per garantirsi il 10% alle prossime elezioni, oppure restare al governo per evitare il ritorno di Berlusconi?
Vi saluto.

venerdì 28 dicembre 2007

Marco Cappato: Welby, un anno dopo.


"Al radicale Piergiorgio Welby sono riuscite due imprese grandi: la prima, di interrompere senza soffrire - ma anche senza nascondersi nella clandestinità - la tortura a cui era sottoposto; la seconda, di ottenere dalla giustizia italiana il riconoscimento della legalità dell'operato di Mario Riccio, di Mina, di Carla, dei suoi compagni. Si è trattato in realtà di un'unica grande impresa nonviolenta: far vivere sul proprio corpo il diritto e le libertà di tutti. Milioni di persone gli sono state a fianco, si sono riconosciute nella sua speranza, hanno vissuto e vinto con lui. Un anno dopo, l'Assemblea generale dell`Onu ha votato la moratoria mondiale delle esecuzioni capitali. Non poteva esserci modo migliore per celebrare questa data: due battaglie radicali, due battaglie «per la vita»: la vita che si sceglie, che non si deve poter togliere, che non si deve poter imporre. Sembra così semplice. Eppure per novanta giorni Piergiorgio si è dovuto spingere ai limiti delle proprie forze fisiche e mentali per non crollare, per trovare una soluzione sembrava non arrivare mai. Non ne poteva più di vedermi. Per lui, rappresentavo il tentativo estenuante di cercare strade alternative a quella che era già pronta da settimane: i medici belgi Eric Picard e Marc Resinger avevano completato l`iter di visite e referti medici necessario per procurarsi la sostanza eutanasica per lui. Erano pronti a somministrarla, su sua richiesta, al paziente Welby, seguendo la legge del proprio Paese e la propria deontologia professionale, pronti ad assumersi il rischio di non poter più mettere il piede in Italia, o peggio. Piergiorgio - per tanti anni sconosciutissimo e, con noi, clandestinizzato dirigente radicale, compagno delle battaglie di Luca Coscioni perla ricerca scientifica e i diritti delle persone disabili - non ne poteva più di una vita che non considerava più vita. Eppure nei tre mesi passati dalla lettera al Presidente Napoletano a quella notte del 20 dicembre riuscì - anche grazie alla risposta attenta e forte del Presidente - a compiere l'impresa di trasformare la propria sofferenza senza senso in una speranza per tutti. Un grido di resa, «lasciatemi morire», era divenuto affermazione vincente del diritto di interrompere un trattamento sanitario senza essere condannato a soffrire, del diritto di essere soggetto di una scelta invece che oggetto di scelte altrui, in balia di una macchina idolatrata e imposta come «sacra». Tre mesi di resistenza, con momenti di disperazione e sfiducia nei suoi compagni radicali - ricordo quando Piergiorgio, che non voleva più aspettare si scontrò con Marco Pannella chiedendo con rabbia a Mina che gli staccasse il respiratore - resero possibile il coinvolgimento della stragrande maggioranza dell'opinione pubblica, oltre che delle massime personalità istituzionali, di grandi personalità del mondo scientifico e del diritto.
Tanto autorevoli e numerose erano state le prese di posizione pubbliche che, quando da Cremona il medico anestesista Mario Riccio rispose all'appello dell'associazione Luca Coscioni, credeva ci fosse la fila di colleghi, magari ben più noti, disponibili ad agire concretamente secondo deontologia professionale. Si sbagliava: era il primo ed unico, toccava a lui. Solo se avesse fallito la difficile operazione (Piergiorgio non aveva vene facilmente rintracciabili) sarebbero intervenuti i medici belgi, con una vera e propria eutanasia). Se la memoria popolare di Welby rimarrà viva nel Paese - se, usando un'espressione di Sciascia, «la memoria avrà un futuro» -allora continuerà a produrre effetti di conoscenza, di diaologo, di riforma. Allora anche le conquiste laiche, dal testamento biologico alle coppie di fatto, potranno avere un futuro che la paralisi delle istituzioni e dei partiti sembra oggi negare. L'impresa che è rimasta da compiere è proprio quella della riforma della politica, della partitocrazia italiana, che ha consegnato al Vaticano il monopolio, anche mediatico, dell'«etica» e dei «valori». È un monopolio che ha cominciato a vacillare forse proprio con Welby, con la piazza piena di fronte alla Chiesa chiusa dei funerali negati; a mostrare debolezze e contraddizioni che non basta l'esercizio furbo del potere per ricomporre. E così oggi il Presidente della Commissione Sanità del Senato, Ignazio Marino, che Welby decise di incontrare, è accolto e riconosciuto in modo straordinario quando racconta alla gente il tentativo di portare, con moderazione e equilibrio, delle regole per aiutare pazienti e medici che si trovano a scegliere come accade già nella clandestinità per il 62% dei malati terminali - delle forme di desistenza delle terapie. Quando con Pannella proponemmo a Piero un ultimo ricorso al giudice, ci rispose «ora basta, devo concentrarmi sulla mia morte. E la prima volta che muoio». Se l'amore per la vita può strappare alla morte un sorriso, anche la speranza di ottenere buone leggi non è perduta".
L'Unità

di Marco Cappato

martedì 18 dicembre 2007

VITTORIA!!!


«Considerando che l'uso della pena di morte mina la dignità umana e convinti del fatto che una moratoria sulla pena di morte contribuisca al miglioramento e al progressivo sviluppo dei diritti umani; che non esiste alcuna prova decisiva che dimostri il valore deterrente della pena di morte; che qualunque fallimento o errore giudiziario nell'applicazione della pena di morte è irreversibile e irreparabile; Accogliendo con favore le decisioni prese da un crescente numero di paesi di applicare una moratoria delle esecuzioni, in molti casi seguite dall'abolizione della pena di morte», l'Assemblea Generale: «Esprime la sua profonda preoccupazione circa la continua applicazione della pena di morte, invita tutti gli Stati che ancora hanno la pena di morte a: A) Rispettare gli standard internazionali che prevedono le garanzie che consentono la protezione dei diritti di chi è condannato a morte, in particolare gli standard minimi, stabiliti dall'annesso alla risoluzione del Consiglio Economico e Sociale, 1984/50; B) Fornire al segretario generale le informazioni relative all'uso della pena capitale e al rispetto delle garanzie che consentono la protezione dei diritti dei condannati a morte; C)Limitarne progressivamente l'uso e ridurre il numero dei reati per i quali la pena di morte può essere comminata; D) Stabilire una moratoria delle esecuzioni in vista dall'abolizione della pena di morte». «Invita gli Stati che hanno abolito la pena di morte a non reintrodurla; chiede al segretario generale di riferire sull'applicazione di questa risoluzione alla 63ma sessione; decide di continuare la discussione sulla questione durante la 63ma sessione allo stesso punto all'ordine del giorno».

sabato 15 dicembre 2007

Video conferenza stampa sulla moratoria.


Vista l'assoluta latitanza della stampa locale, che non ha dato la minima notizia dell'importante evento, vi invito ad ascoltare e guardare il video sulla conferenza stampa tenutasi venerdì 14 dicembre presso Teatro Imperiali. Ringraziamo per il loro intervento il Sen. Curto (AN), l'avv. Carlo Tatarano (PD), il Sindaco Marinotti ed Emanuele Modugno (segretario cittadino del PrC).

Buona visione.

http://www.radicalilecce.it/?q=node/1717

lunedì 10 dicembre 2007

CONFERENZA STAMPA TRASVERSALE.


Venerdì 14 dicembre alle ore 16, presso teatro Imperiali in Francavilla Fontana, è prevista una conferenza stampa che avrà ad oggetto la moratoria mondiale delle esecuzioni capitali.

Interverranno:

On. Marco Beltrandi - RnP

Sergio Tatarano - direttivo associazione radicale "Diritto & Libertà"


dott. Giuseppe Marinotti (Sindaco di Francavilla Fontana)

On. Luigi Vitali (FI)

Sen. Euprepio Curto (AN)

avv. Tommaso Resta (capogruppo al consiglio comunale per il PD)

avv. Carlo Tatarano (presentatore in consiglio comunale dell'odg a favore della moratoria)

Emanuele Modugno (consigliere comunale PrC )


Prevista la partecipazione di Radio Radicale.

giovedì 6 dicembre 2007

Segnali di fumo...




Il cinismo bertinottiano ha colpito ancora? Il leader comunista è intervenuto dichiarando fallita l’esperienza di governo. Ora: a parte l’irritualità di una simile affermazione proveniente da un Presidente della Camera, ciò che mi preme tentare di comprendere è dove Fausto il rosso voglia arrivare con quell’uscita piuttosto sconcertante. Sarà la caduta a picco nei sondaggi della nascente “Cosa rossa”, che pare non si attesti neppure al 5%, e il conseguente tentativo di volersi ritagliare uno spazio in un panorama politico che allo stato rischia di estromettere definitivamente i neo e veterocomunisti? Sarà la ricerca di un messaggio da far pervenire agli elettori, sfiduciati dai risultati modesti che la compagine di Giordano ha fino ad ora ottenuto? Se tutto ciò vale, allora si comprende bene come il PrC abbia tutto l’interesse ad andare al più presto a nuove elezioni, possibilmente determinando la fine dell’esperienza prodiana, prima che questo governo determini la fine del PrC. E già: perché stare all’opposizione garantirà ai “kompagni” la sopravvivenza politica con qualche manifestazione di milioni di cittadini, per la pace delle dittature o per quella sindacale. Insomma, per Bertinotti meglio stare all’opposizione con percentuali prossime al 10% che stare al governo non sapendo dove andare, non riuscendo a tenere insieme senso dello Stato, coerenza programmatica e opposizione alle derive centriste.

martedì 4 dicembre 2007

Pillole di saggezza firmate Berlustroni.



«Noi siamo stati portati ad assumere la responsabilità del governo da un sistema che io chiamo la religione del maggioritario, che gli italiani avevano voluto per mettere fine ad un altro sistema: quello del consociativismo che attraverso il metodo proporzionale aveva portato l’Italia ad avere 50 governi in 50 anni. La stragrande maggioranza degli italiani aveva voluto il maggioritario anche per mettere fine al potere dei partiti che chiedevano il voto agli elettori e poi usavano questo voto come volevano, incuranti del mandato che avevano ricevuto, per fare invece posto, questa era stata la voglia di maggioritario, alla decisione diretta della gente che in ciascun collegio può individuare il candidato a cui consegnare la propria fiducia» (Silvio Berlusconi, 17 febbraio 1995).
«Noi dobbiamo andare avanti lungo la strada del bipolarismo. Lo dico perchè non è affatto scontato. Perchè vedo soprassalti diffusi, intensi, di recupero di proporzionalismo. Quello che vorrei dire è che se non si va avanti in questa direzione il paese tornerà indietro; il destino del centro-sinistra, della coalizione, della sintesi di cui stiamo parlando avrà un senso solo con un sistema più maggioritario. Io sono pronto a discutere di tutto ciò che va dal 75% di maggioritario in poi. Tutto ciò che va dal 75% indietro per me non è tema di discussione» (Walter Veltroni, 12 novembre 1999).

lunedì 3 dicembre 2007

Lettera al dott. Melazzini.


La seguente lettera è stata da me inviata al dott. Melazzini, malato di SLA e primario del day-hospital oncologico alla Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, il quale terrà questa sera 3 dicembre un incontro a Lecce su eutanasia e testamento biologico. Quest’uomo è stato definito “l’anti-Welby” in quanto ha espresso la propria volontà di continuare a sottoporsi a tutte le cure necessarie e di vivere nonostante le atroci sofferenze. Non potendo essere fisicamente presente, ho ritenuto di scrivere qualche breve considerazione, nella speranza di incontrarlo in futuro.


“Leggo con interesse la mail inoltratami da un caro amico, nella quale si dà conto di una iniziativa alla quale parteciperà domani 3 dicembre il dott. Melazzini.
Sono referente dell’Associazione Coscioni di Brindisi e seguo da tempo la questione eutanasia-testamento biologico, cercando di pormi con la dovuta delicatezza, senza presunzione, all’interno di un dibattito estremamente complesso e spigoloso.
Non conosco personalmente il dott. Melazzini, né la sua specifica vicenda. Ho costantemente a che fare con gente colpita dal suo stesso male, con famiglie distrutte da un dolore incomprensibile e indescrivibile.
Non mi nascondo dietro ad un dito perché non ne ho motivo: pur essendo cosciente dell’attuale immobilismo politico sull’argomento, io lotto perché in Italia vi sia una legge che regolamenti l’eutanasia, oltre ad una che riconosca valore legale alle direttive anticipate o testamento biologico.
Preciso altresì, e non in senso contraddittorio, di non essere semplicisticamente “a favore” dell’eutanasia: né io né la mia associazione spingiamo i malati di SLA o distrofia a chiedere la morte, ma molto più “laicamente” ci battiamo per la libertà di scelta. D’altronde, i mille casi di eutanasia (clandestina) che ogni anno pare si registrino in Italia non lasciano scampo alle posizioni ideologiche, ma richiedono una immediata regolamentazione della materia, come già avvenuto per l’aborto.
Ciò che, però, nella mail mi ha colpito maggiormente è stato proprio il passaggio nel quale si dice che il dott. Melazzini vuole convincere che “la vita non può essere soppressa mai e per nessuna ragione”.
Ho grande rispetto per il dolore che affligge quest’uomo e mai vorrei che qualcuno sminuisse il valore della sua vita: la mia associazione, fatta da e per i disabili, prima ancora che per l’eutanasia, si batte per la vita indipendente, per l’uso di antidolorifici ed ha recentemente registrato una grande vittoria a livello politico, essendo riuscita a far stanziare, a livello nazionale (grazie all’impegno dei deputati della RnP), fondi pari a 10 milioni di euro per l’acquisto di comunicatori attraverso i quali tutti i malati costretti all’immobilità possano esprimersi.
Ma il rispetto verso il dott. Melazzini (e verso la sua scelta di continuare a vivere nonostante la sofferenza) è esattamente identico a quello che nutro e ho nutrito nei confronti di Piergiorgio Welby o di Giovanni Nuvoli, persone che avrebbero potuto essere ricordate come uomini comuni (e morti clandestini, come tanti) ma alle quali la storia ha voluto ritagliare il ruolo di eroi, battutisi per il riconoscimento di un diritto semplice, elementare: il diritto a non soffrire, il diritto alla morte (non dignitosa ma) opportuna, intesa come porto al quale approdano le sofferenze del malato.
D’altronde, chi siamo noi per dire che “non si può”? Era forse mia o nostra la vita di Piergiorgio o di Giovanni? E quella del dott. Melazzini?
Concludo con le parole di Cesare Scoccimarro, malato di SLA, contrario all’eutanasia per sé: “Mettiamo le persone come me nella condizione di scegliere cosa fare, se vivere con tre tubi nel corpo, uno in gola e uno nello stomaco, senza deglutire, senza respirare e però con le tue cose attorno. Ecco, mettiamo le persone nella condizione di poter andare avanti e poi lasciamole libere di scegliere: il corpo può essere una prigione ma è una prigione che si può anche accettare a certe condizioni. Se no è opportuno morire”.
Nella speranza che nessun confronto venga sopito da convenienze politiche, come purtroppo sta accadendo a livello parlamentare e non, esprimo la mia totale disponibilità ad un pubblico dibattito sull’argomento.
Un saluto”.

venerdì 30 novembre 2007

Le convergenze sui problemi.


Grande successo ha riscosso l'iniziativa volta a portare attorno ad un unico tavolo tutte le forze politiche, a far convogliare positivamente e limpidamente le energie della città su un unico tema. Come preannunciato, la conferenza stampa si terrà in data 14 dicembre con la partecipazione del Sindaco, il sen. Curto (AN), l'On. Vitali (FI), l'avv. Resta (capogruppo del Pd al consiglio comunale), l'avv. Carlo Tatarano (presentatore dell'odg sulla moratoria in Consiglio) e un rappresentante del Prc.
Come da prassi radicale, una limpida, lineare, pubblica richiesta di partecipazione a tutte le forze politiche su problemi specifici, concreti, senza inciuci, senza accordi sottobanco, unico motivo molto spesso in grado di far convergere destra e sinistra. A Francavilla, probabilmente per la prima volta nella storia, tutti concordi nel sostenere una battaglia politica. Moratoria, subito.

martedì 27 novembre 2007

AI PARLAMENTARI, AL SINDACO, ALLA GIUNTA, AI CONSIGLIERI, AI PARTITI DI DESTRA e SINISTRA di FRANCAVILLA FONTANA



“Quando si renderà, come è giusto, onore all’Italia, per avere fatto strada all’opinione del mondo contro la pena di morte, sarà indispensabile ricordare come tutto questo è nato, come si è svolto e come è arrivato a prevale su difficoltà immense. Si dica e si ricordi che ha avuto inizio, al di fuori delle grandi potenze lungo il percorso della persuasione che si espande e che contribuisce ad alzare il livello di civiltà di tutti. È ciò che è accaduto”. Furio Colombo

Come saprete, Giovedì 15 novembre la terza commissione delle Nazioni Unite ha approvato a maggioranza assoluta la risoluzione per la Moratoria Universale della pena di morte.
Il risultato è di quelli storici, siamo vicinissimi all’obiettivo che si spera di raggiungere definitivamente con il voto di fine dicembre all’Assemblea ONU.
Francavilla e il suo Consiglio Comunale hanno, nel loro piccolo, compiuto un gesto simbolico importante (anche se pressoché sconosciuto ai cittadini) votando un ordine del giorno a sostegno del Governo italiano nella sua azione pro-moratoria. Giunti a questo punto, così terribilmente, drammaticamente prossimo alla vittoria, in grado, come affermato dal Ministro Bonino, di segnare la fine di un’era come accadde per l’abolizione della schiavitù e della tortura nel mondo, non posso esimermi dal chiedere a tutti voi di compiere un ultimo, piccolo, coraggioso e unanime sforzo. Rivolgo pertanto a tutte le forze politiche francavillesi di dichiarare la propria disponibilità a prendere parte ad una conferenza stampa da tenersi intorno alla metà di dicembre presso Teatro Imperiali, per manifestare la vicinanza al governo e a chi in questi mesi si è battuto in favore di questo obiettivo, dimostrando come la politica possa davvero essere unita su obiettivi nobili e comuni.
Perché anche i Francavillesi possano dire un giorno di aver fornito un contributo visibile e concreto alla causa.
Per adesioni :
sergiotatarano@libero.it

lunedì 19 novembre 2007

Doppio appuntamento.


Doppio appuntamento in programma questa settimana.
Venerdì 23 novembre alle ore 18,30 presso il centro Culturale Rodio in Locorotondo
conversazione con Mina WELBY.
Conduce
Enzo Cervellera
Interviene
Mario Gianfrate (assessore alla Cultura- Locorotondo)

Sabato 24 novembre a partire dalle ore 10 presso la biblioteca comunale di Ostuni dibattito con gli studenti del Liceo Classico cittadino su
Disposizioni di fine vita-Testamento biologico- Eutanasia.
Introduce
Sergio Tatarano
Cellula Coscioni Francavilla Fontana
Membro Direttivo Ass. "Diritto & Libertà"

Intervengono
Mina WELBY
Don Piero Talamo - docente di religione presso il Liceo Classico cittadino.
E' prevista la partecipazione di Radio Radicale.
La cittadinanza è invitata a partecipare.

giovedì 15 novembre 2007

LETTERA AI COMPAGNI DELLA SINISTRA COMUNISTA.


Bazzico tanto sui siti internet locali, perché ritengo che lo spazio virtuale sia una risorsa da valorizzare e il modo migliore per confrontarsi senza grosse difficoltà, visto che a Francavilla non è consentito organizzare dibattiti con avversari politici, ma solo sfilare in parate di regime nelle quali l’unico obiettivo è rappresentato dal “fare numero”.
Ho criticato per mesi il progetto del Pd ritenendolo modesto ed ho ricevuto in risposta comunicati semiufficiali con i quali mi invitavano a deporre l’aspirazione di dare contenuti a quel soggetto di fronte alla massa dei 3 milioni, contenta della riuscita delle primarie. Beati loro.
Ma cosa succede se io, radicale, mi permetto di scrivere le mie opinioni, in maniera costruttiva, su un blog chiamato “casadelpopolo.myblog.it”, spazio virtuale della cosiddetta nuova sinistra francavillese? Si registra la peggiore forma di razzismo, di fascismo dei cosiddetti antifascisti, il radicale trattato come un appestato, un uomo da eliminare fisicamente, da ghettizzare, da escludere esattamente come i fascisti fanno e hanno sempre fatto con ogni etnia a loro invisa. Tutto ciò nei confronti del soggetto politico folcloristico, brancaleonesco, ai margini, odiato dai difensori della conservazione, dei monopoli, dei fannulloni, dell’ingiustizia antimeritocratica, della “Pace” contro la libertà, laici dell’ultima ora ( incapaci pure di votare recentemente un emendamento a favore dell’estensione dell’ici agli istituti ecclesiastici commerciali).
“Se il nostro avversario ha una matrice fascista per alcuni di noi democratici, esiste una pregiudiziale politica e morale”, “Le tue provocazioni, a cui già ho dato troppa attenzione, sarebbe meglio che tu le riservassi per il tuo fantomaticamente "libertario" blog”, o ancora “Invitando nuovamente tutti i compagni ed i visitatori di questo blog(…)a non assecondare queste inutili discussioni…”, “invito te (…)a utilizzare altri spazi come la piazza in cui i francavillesi usano ritrovarsi”.
Fino a dedicarmi niente meno che un Claudio Lolli del 1972: “Vecchia piccola borghesia, vecchia gente di casa mia,per piccina che tu sia, il vento un giorno ti spazzerà via”(!!). Vi chiederete perché: solo perché avevo osato tentare un dialogo sul tema della droga (sul quale, come sempre, meglio qualche slogan di qualsivoglia confronto) e avevo nello stesso tempo invitato pacatamente ad accogliere la critica coloro i quali, rispetto all’altrui opinione contraria, diciamolo pure, hanno sempre mostrato una certa insofferenza.
Il culmine è stato raggiunto quando qualcuno si è rivolto a me affermando “scusa se non ti chiamo compagno ma non ti considero tale”.
Marco Pannella tuonava (ed era il 1976) che questa condotta “è sintomatica di un modo padronale, proprietario e intollerante di agire addirittura a livello semantico, a livello delle parole” .
Allora, amici e compagni della sinistra comunista: chi è il vostro interlocutore? E’ anche colui la cui fede è stata alimentata per sessant’anni dalla ghettizzazione fintamente antifascista, in realtà traditrice della libertà? E’ il fascista, o il radicale o chiunque la pensi diversamente da voi? Il radicale, nonviolento, gandhiano, non sa cosa sia la provocazione fine a se stessa e non può che rivolgersi amorevolmente al suo interlocutore, chiunque sia: c’è, da questa parte, un invito, il voler misurare la temperatura democratica delle vostre menti; c’è il volersi mischiare negli altri da parte mia o nostra che sbatte contro la chiusura a riccio di una comunità, la vostra, che teme il contagio, teme il confronto, teme di perdere la purezza della propria specie. Così diversi eppure così uguali a chi vi proponete di combattere.
Con sincero affetto.

lunedì 12 novembre 2007

Emergenza perenne e Stato di non diritto.

Come si misura l’efficienza di uno Stato di diritto? O meglio: quando possiamo dire di essere di fronte ad uno Stato di diritto? Quali requisiti deve avere per poter essere classificato come tale? Uno Stato di diritto è quello Stato nel quale si realizza “la soggezione di tutti i pubblici poteri alle norme giuridiche”( Martines). Bene. Il nostro non è Stato di diritto. E badate, la mia è una definizione oggettiva, tecnica, non politica. E’ uno Stato di diritto quello che si regge sull’emergenza permanente, sulla riduzione dei diritti e della sfera della libertà del cittadino ogniqualvolta venga messa alla prova l’efficacia delle leggi? Ogni volta che ciò accade la risposta è la contrazione delle garanzie di legge. Prendiamo il caso più eclatante, come i reati di opinione. Uno Stato se è liberale dovrebbe consentire a chiunque di esprimere la propria opinione senza che tale opportunità sia da valutare volta per volta; insomma, non si può enunciare la libertà di parola e poi porre un limite (a meno che questo non si trasformi in offesa personale a terzi) quando si sostengono anche concetti assolutamente incomprensibili ai più, dimenticando tuttavia che la pericolosità di quel pensiero può essere accresciuta non dalla sua diffusione ma dal tentativo di soffocarlo. E allora non si comprende la schizofrenia di chi vorrebbe punire i tifosi che esibiscono le svastiche, andando a creare anche un parallelo con le falci e martello ed uno stravagante e inquietante paragone tra l’uno e l’altro simbolo (“la falce e martello sì, la svastica no”), tanto da rischiare di non uscirne più perché si entra in valutazioni della storia arbitrarie e faziose. Morti ne hanno provocati a iosa il nazismo, il fascismo e il comunismo.
Prendete la questione romena: si è votato un decreto in seguito ad un (efferato, tragico, bestiale) omicidio, uno! Vale a dire che la gente ha percepito (perché il governo ha voluto che la gente percepisse) che di fronte ad un gesto grave di una persona si possano restringere le libertà personali di un’intera etnia. Ora salterà fuori l'emergenza violenza negli stadi e verrà confezionato qualche provvedimento in grado di dimostrare che questo governo ce l'ha duro. Piccolezze.
Prendiamo un altro esempio, che ha a che fare con la pochezza della classe politica, con il suo voler rincorrere gli istinti qualunquistici e populistici che animano superficialmente larga parte della popolazione. Allora, quando Grillo e i suoi hanno denunciato lo strapotere politico, la politica come ha risposto? Una classe dirigente con la coscienza pulita avrebbe dato una maggiore pubblicità di sé (che ne pensano questi signori dell’anagrafe degli eletti?), avrebbe spalancato le porte ai cittadini e avrebbe chiesto loro di essere più esigenti, di vigilare. Invece il Parlamento ha deciso di ridurre per legge il numero di ministri, come se ciò non fosse una decisione politica della quale ogni governo si debba assumere la responsabilità. Invece di stabilire un rapporto diretto tra eletto ed elettore, come quello dei regimi anglosassoni in cui l’eletto risponde al suo territorio e non al partito di appartenenza. La prospettiva evidentemente è opposta. Non importa ridurre i parlamentari, importa che lavorino bene. Dov’è il respiro largo di certe scelte? Sembra di trovarsi dinanzi a quei genitori che per trasformare il pianto capriccioso del figlio in un sorriso superficiale e immediato gli comprano il giocattolo, trascurando di mostrare l’attenzione della quale un bambino avrebbe bisogno. Questo siamo: l’emergenza mafia, l’emergenza rumeni, l’emergenza “antipolitica”. Uno Stato di diritto non dovrebbe trovarsi mai davanti alle emergenze, dovrebbe possedere in sé gli anticorpi per gestire situazioni di difficoltà, dovrebbe saper governare i fenomeni estremi, non la normale amministrazione ma per governare c’è bisogno di riforme. Quelle che nessun Pd e nessuna CdL saranno mai in grado di fare.

martedì 6 novembre 2007

Invito per l'ass. Bungaro.


Ho letto con interesse ed attenzione l’intervista all’assessore Bungaro apparsa sul Quotidiano venerdì 2 novembre.
Anzitutto dobbiamo stare attenti ad affrontare i problemi in maniera differenziata, cogliendo, in primo luogo, che l’alcool è un fenomeno di gran lunga più pericoloso della droga pesante (24 mila morti nel 2007 contro i circa 500 per droga). Pur tuttavia, nessuno immagina di rendere illegale la vendita degli alcolici.
Diverso discorso ancora riguarda la marijuana, per l’uso o abuso della quale non si è mai registrato alcun caso letale.
Ecco perché è fondamentale partire da dati scientifici che chiariscano i costumi reali dei giovani e, nello stesso tempo, dotarsi di strumenti che forniscano informazione scientifica.
Quando l’assessore dichiara l’auspicio che le famiglie facciano la loro parte, io concordo, però, per riuscirvi, non si può prescindere dalla conoscenza della realtà: lasciando da parte blitz polizieschi inutili e inquietanti, se le istituzioni sapessero che l’uso della cannabis (che non c’entra niente con le droghe pesanti) è molto più diffuso di quanto pensano, capirebbero cosa si nasconde dietro ad ogni fenomeno e non cadrebbero in allarmismi spesso ingiustificati e deleteri. La politica del calderone ideologico e antiscientifico, per la quale tutto è droga, o addirittura quella pubblicizzata dall’ass. Bungaro, della “proiezione di scene drammatiche” per i giovani delle scuole, in stile lavaggio del cervello, non funziona, ma rappresenta anzi la produttrice prima della confusione mentale dei giovani. Le droghe non sono tutte uguali ma hanno tutte bisogno di essere affrontate con strumenti diversi, dalla legalizzazione di quelle leggere, alla riduzione del danno per quelle pesanti.
Nella speranza che anche i presidi dimostrino di voler collaborare a questa iniziativa e che i partiti politici locali la smettano di stare in silenzio anche su questo punto, chiedo all’assessore un pubblico dibattito, nelle forme che Egli riterrà, per poter confrontare le nostre diverse visioni e soluzioni e per non continuare a chiudere gli occhi di fronte ad una realtà che preoccupa tutti e ci impone un impegno serio e non ideologico.

martedì 30 ottobre 2007

Viva il farmaco immorale!


Nella continua progressione verso lo sconcio di un dibattito malato, ecco la nuova folgorante definizione coniata dal Papa: il farmaco immorale. Farmaco immorale sarebbe quello che consentirebbe di praticare, direttamente o indirettamente, aborto od eutanasia.
Fermo restando che non vi è alcuna possibilità di ricorso all’eutanasia nel nostro Paese, vediamo quali possono essere i farmaci a cui Ratzinger si è riferito.
Sul mercato esistono anzitutto i preservativi e le pillole che sono alcuni dei metodi anticoncezionali utilizzati per evitare gravidanze indesiderate. Poi abbiamo la cosiddetta RU486, vera e propria pillola abortiva in grado di evitare il ricorso all’aborto chirurgico.
Quest’ultima, di esclusivo uso ospedaliero, nulla avrebbe a che fare con l’obiezione di coscienza dei farmacisti, invocata dal Papa. Resta, come ultima spiaggia, la pillola del giorno dopo, che rappresenta un metodo non di tipo abortivo, ma appunto anticoncezionale, in quanto la sua azione interviene prima della ovulazione.
Resta da capire a chi e a cosa si riferisse Ratzinger quando ha invitato all’obiezione i farmacisti. Forse si vorrebbe bandire tutto ciò che è potenzialmente in grado di produrre “vita” (e dunque intervenire già alla fonte)? Anche la vendita di preservativi? Magari pure vietare, con rispetto parlando, le “pippe”? Non sarebbe più saggio attualizzare il proprio messaggio e rendersi conto che la strada della castità, oltre ad essere discutibile, è anche irrealizzabile? Perché non si comprende che invitare gli uomini ad una sana sessualità può solo produrre felicità e accrescere la responsabilità? Perché non educhiamo i ragazzi al sesso sicuro e responsabile e non entriamo nelle scuole? E perché, soprattutto, non lasciamo che il ricorso all’aborto sia l’ultimo dei rimedi ipotizzabili?
Pare di vedere la stessa distorsione del dibattito sull’eutanasia: chi vuole renderla legale, dicono, sarebbe contrario all’uso dei farmaci antidolore. Balla! Così chi vuole garantire la possibilità di ricorrere all’aborto sarebbe contrario all’incentivazione degli anticoncezionali. E invece no, sono sempre gli stessi a sostenere che l’eutanasia no, ma pure gli oppiacei no! L’aborto no, ma pure la pillola e il preservativo no! Solo abbracciare un sistema di vita basato sulla tortura, sempre e comunque. E, visto che ci siamo, nemmeno una parola contro la pena di morte.
Tuttavia, cosa c’è dietro questo atteggiamento sempre più violento di una Chiesa accerchiata da se stessa? Di una Chiesa sempre più vuota e distante dal vissuto dei propri fedeli? C’è l’isteria del non saper osservare la realtà con occhi non ideologici, ma solo generando perversione e favorendo la proliferazione della tragedia, la involuzione dell’uomo innaturalmente costretto a reprimere gli istinti più veri e sani che lo aiutano ad amare e lo differenziano dalle bestie.
Vietato dunque abbassare la guardia.

lunedì 29 ottobre 2007

Vespa sponsor dei radicali.

Vespa diventa lo sponsor migliore per il prossimo Congresso radicale in programma da giovedì 1 a domenica 4 novembre a Padova. E chi l'avrebbe mai detto...


http://www.youtube.com/watch?v=jPAgYCdeSWc

lunedì 22 ottobre 2007

Chi ha paura di sapere?


Qualche mese fa il Ministro Ferrero ha diffuso i dati relativi all’uso delle droghe nel nostro Paese. Tali dati, del tutto scontati per chi non si ostina a coprirsi gli occhi coi prosciutti, hanno evidenziato negli ultimi tre anni un aumento del 45% dei consumatori di marijuana, divenuti oramai un italiano su tre.
A ciò si aggiunga che sempre meno giovani considerano la marijuana una sostanza dannosa così come sempre crescente è invece il numero di ragazzi che avverte la dannosità del tabacco, segno del fatto che solo alla legalizzazione si può accostare una campagna di informazione scientifica. Quali proposte si possono formulare ad una società che appare sempre più incapace di fornire e ricercare strade alternative alla repressione, produttrice di tali disastrosi risultati? Come smuovere le Istituzioni nazionali impantanate in equilibri di comodo e allergiche alla risoluzione di qualunque problema del vissuto? E’ o non è un problema sociale quello che riguarda circa 4 milioni di Italiani?
Nel loro piccolo, le istituzioni locali hanno il diritto e il dovere di sviluppare strumenti di conoscenza e di informazione per i ragazzi, ma anche per esse stesse, per non rimanere staccate da un mondo che dovrebbero conoscere e “studiare” e per adoperarsi ad essere reale luogo di crescita educativa. Chiedo allora a tutti i capi d’istituto dei Licei e degli Istituti superiori di Francavilla Fontana di farsi promotori di una indagine conoscitiva volta a rilevare quanti ragazzi fanno uso o hanno, almeno una volta nella vita, fatto uso di sostanze stupefacenti, in particolare di marijuana. Ciò dovrà avvenire garantendo, nella maniera più assoluta, l’anonimato dei ragazzi e dunque la credibilità e attendibilità del risultato, che dovrà essere reso pubblico. Continuare a ritenere che il fenomeno droga possa essere affrontato con l’ideologica creazione di un tabù è solo da sprovveduti e da irresponsabili.

venerdì 19 ottobre 2007

Mafia, confronto e Stato di diritto.


Giovedì pomeriggio il Presidente della Commissione Antimafia ha fatto visita a Francavilla. Pur avendo pochissimo tempo a disposizione, mi sono recato a Teatro Imperiali, anche perché ero stato personalmente invitato (e di ciò ringrazio il PRC e il suo segretario). Grande partecipazione di pubblico per una iniziativa che ha visto l’intervento anche del Presidente della Provincia Errico e di altri esponenti, tutti (rigorosamente) di sinistra. Figurarsi se un confronto (sulla mafia, per giunta) poteva essere svolto stabilendo un dialogo o un dibattito con la destra (leggo che il Sindaco si sia presentato spontaneamente all’iniziativa). Meglio allora non avere interlocutori e adeguarsi alle parate in stile Curto-Vitali? Decisamente no. Ma tant’è.
Avrei voluto restare fino all’ultimo, ma non ho potuto. Avrei voluto domandare all’On. Forgione cosa ne pensa del regime del 41 bis e del carcere duro, ad esempio; se non ritiene che si tratti di una contrazione dello Stato di diritto e che quello creato per i mafiosi sia un regime che poco ha a che fare con la funzione rieducativa della pena e molto con la vendetta; se richiedere ai detenuti il pentimento non sia un modo di torturare qualcuno, chiunque egli sia. E siamo bravi a farci i democratici con i detenuti innocui. Perché poi non si capisce come possa essere a noi estranea la pena di morte ma si possa accettare l’applicazione della tortura, ossia la restrizione di alcune normali garanzie previste per il detenuto (ora d’aria, censura della corrispondenza ed altro) che possono essere ripristinate solo allorquando il mafioso dichiari di essersi ravveduto e di voler collaborare con lo Stato, mettendo in conto la possibilità di essere fatto fuori dalla mafia perché traditore.
Ma chiedere di rivedere un regime come il 41bis (speciale divenuto ordinario) vuol dire rendersi impopolari, vuol dire passare per amico dei mafiosi. Molto più comodo votare alla cieca tutti insieme in Parlamento per evitare attacchi demagogici o fare come Berlusconi che sostiene che si tratta di un provvedimento “illiberale ma necessario”.
Un mese fa un giudice ha negato l’estradizione in Italia ad un componente del clan Gambino citando il rischio che questi venga sottoposto ad una forma di tortura come il 41bis; si legge nella sentenza che la coercizione del carcere duro imposto ai detenuti per mafia “non è da considerarsi collegata a nessuna sanzione imposta o punizione e quindi costituisce una tortura”. Eppure ancora una volta la finta contrapposizione tra gli schieramenti si è palesata nel coro unanime di destra e sinistra. “Il fatto che venga da un giudice di un Paese come gli Stati Uniti che applica la pena di morte mi fa pensare”: queste le parole del Ministro della Giustizia sul tema. Bella consolazione. Come dire che non avendo loro, gli Americani, la coscienza pulita, noi possiamo consentirci di derogare ad un principio costituzionale.
Tornando a Francavilla, però, ciò che mi preme sottolineare non è tanto il merito, la sostanza, che, certo, mi stanno a cuore, quanto la forma: so che gli amici e compagni di Rifondazione sono attenti alle istanze e sollecitazioni che provengono da più parti, perciò chiedo loro se non sia giunto finalmente il momento di aprirsi al confronto su tutti i temi con ogni forza politica, innanzitutto invitando alle singole iniziative ogni soggetto esistente, senza una preventiva “analisi del sangue”. A ciò dovremmo cercare tutti di far seguire anche un confronto vero e in grado di evidenziare che le proposte che ognuno ha in coscienza di sostenere sono tanto valide da non temere quelle altrui, ma da cercarle per poterle abbattere.
Diversamente non crescerà nessuno. E le parate resteranno tali.

giovedì 11 ottobre 2007

"Perché mi torturate?"


Il bellissimo libro di Adolfo Baravaglio (“Perché mi torturate?”), è un pugno in pieno stomaco, uno schiaffo in faccia, una doccia fredda in una giornata invernale. Si tratta del dettagliato elenco di tutte le azioni che un uomo ridotto da 18 anni in un letto è costretto a svolgere ogni giorno (e può svolgere soltanto) grazie all’aiuto della moglie. In seguito ad un incidente stradale, Adolfo resta immobile, può muovere solo il collo e un braccio.
Già Piergiorgio Welby si era raccontato con grande coraggio e con la forza delle sue parole che oggi trovano una naturale prosecuzione in questo libro che non lascia nulla all’immaginazione: l’obiettivo di Adolfo è, in una sola parola, radicale, perché punta allo scandalo senza girare intorno ai concetti. E ci riesce. Ciò che suscita è una infinita ammirazione. Si tratta del riconoscimento di una persona che, proprio nella descrizione letterale delle scene più devastanti per il suo corpo e per la sua quotidianità, dimostra un'incredibile dignità (come dice la moglie, “se andasse a peso la sua dignità supererebbe il quintale”) di uomo che non nasconde nulla, che vuole l’immedesimazione di chi non lo capisce e lo critica, che chiede di essere ascoltato.
Probabilmente, il momento più forte è nel racconto di Agnese, il suo angelo custode, volutamente cruda quando spiega come fa a pulire il marito o quando confessa di prendersela con Adolfo che non sarebbe dovuto uscire a cena con gli amici quella sera disgraziata; oppure quando si espone alla critica pubblica certa dichiarando di avere un amico e di vederlo costantemente senza entusiasmo o, ancora, di essersi rallegrata per l’aborto spontaneo avvenuto 15 giorni prima dell’incidente.
Non potrà dunque mancare di suscitare la più completa disapprovazione clericale e bigotta, di destra e sinistra, di quelli che “Ado non è amato abbastanza”; e lì, anzi da subito, noi tutti (ma come sempre i soli e soliti radicali) dovremo essere presenti e, dopo aver ascoltato il grido di dolore di quest’uomo, incaricarci di non cedere al ricatto trasversale che tenta da un anno di affossare un dibattito nato grazie a Piergiorgio. E che oggi trova nuovo vigore. Per il futuro di Adolfo e per la memoria di Piergiorgio.
Nella tragedia, il libro si chiude con le parole di speranza dell’Agnese, tanto forti quanto azzeccate: “…e se non avete ancora capito che questo è un inno alla dignità, alla libertà e all’amore, sì, porca miseria, anche all’amore, allora mi viene il sospetto che gli ufo siate voi. Non io”.

Stanze buie e bocche chiuse.


Non mi ha sconvolto affatto il silenzio del Sindaco Marinotti rispetto alla mia proposta di tenere le stanze di Palazzo di Città illuminate nella notte del 10 ottobre, in occasione della giornata mondiale contro la pena di morte. Si trattava di un assist servito su un piatto d’argento, una vetrina luccicante dietro la quale mostrarsi ai cittadini, semplicemente inserendo la propria faccia. Insomma, avevo chiesto di strumentalizzare una mia idea, ma non si è disposti neppure a questo. Dopo il voto unanime del Consiglio Comunale sul sostegno alla moratoria delle esecuzioni capitali, della cui importanza lo stesso Consiglio non si è reso conto non avendo provveduto minimamente ad informare la cittadinanza, ritenevo che dovesse giungere un segnale di continuità dal Sindaco in persona. Invece non sono stato degnato neppure di una risposta; certo, mi rendo conto che non si trattava di un concorso di bellezza, sul quale è legittimo mettere il cappello chiedendo il tifo appassionato dell’intera cittadinanza, ma dare un segnale minimo e simbolico sull’argomento in discussione all’ONU, sarebbe stato un fatto culturalmente rilevantissimo, di cui avrei per primo ringraziato pubblicamente il Sindaco. Invece nulla.
D’altro canto sarebbe interessante che qualche voce di dissenso si levasse anche dalle sinistre pacifiste, sempre in milioni in piazza per difendere la “pace”, o ancora più interessante sarebbe conoscere la posizione della Chiesa per la quale è sacro perfino lo zigote, è sacra anche la (tortura della) respirazione artificiale, è peccato pure sorpassare in curva, ma la pena di morte evidentemente non è un problema su cui pronunciarsi. Chi sa perché.

martedì 9 ottobre 2007

PARLIAMO DI SESSO E DROGA NELLE SCUOLE.


Questa settimana doveva essere a Francavilla Mina Welby. Mi sembrava una buona occasione per proporre alle istituzioni, alle scuole, ai cittadini, un confronto, per tentare di provocare un dibattito sul tema dell’eutanasia e delle disposizioni di fine vita.
Armato di buona pazienza e cosciente ormai del grado di intolleranza trasversale a certe tematiche, mi sono messo a girare un po’ dappertutto per chiedere ai capi d’istituto delle scuole di presentare ai ragazzi un’iniziativa che fosse più neutrale e meno schierata possibile, assolutamente non pilotata, una conversazione con la vedova o un dibattito al quale invitare un esponente del mondo della Chiesa. Ma non è facile essere accolti negli studi e presentarsi in rappresentanza dell’associazione Coscioni. Quel crocifisso posto sul muro di ogni Istituto mi ha sempre fatto partire con una soggezione che quasi mai era ingiustificata, ma che anzi ha trovato sempre conferma nei fatti, mi ha dato costantemente l’idea di trovarmi dinanzi a qualcuno che in cuor suo, se avesse potuto, mi avrebbe urlato “vade retro, Satana!”, con la croce in mano. Invece, “Le faremo sapere” (un po’ come si fa con quelli che falliscono un colloquio di lavoro) è ciò che tutti costoro mi hanno sempre risposto (e ovviamente non hanno fatto sapere niente a nessuno), animati da una contrarietà antropologica all’educazione ed all’esposizione laica e non faziosa delle tematiche.
Mi chiedo perché ciò accade e non arrivo a nessuna risposta diversa dalla volontà di oscurare il dibattito sui temi che fanno paura. Mi si dirà, “Ma cosa c’entrano i Presidi con i politici?”. La prima reazione che una proposta come la mia suscita in un capo d’istituto è quella secondo cui la rivolta dei genitori sarebbe tale da rovesciare la scuola. E in questo sistema nel quale tutti sono uniti come in un grande girotondo, riuscire ad inserirsi per staccare quelle braccia incollate simbolo di conservazione consapevole, è dura.
Le scuole, luogo di educazione dove dovrebbero crescere le menti di domani, sono in realtà lo specchio della società italiana, allergiche all’idea di dibattito tanto quanto i partiti politici, immobili e che condannano questo Paese all’immobilismo.
Qualcuno mi dirà che da radicale sono vittima di quella sindrome di accerchiamento, di incomprensione che in realtà sarebbe la causa e non la conseguenza dell’impossibilità di essere conosciuti agli altri. Eppure l’esperienza mi dice che vale il contrario: provate ad entrare in una scuola e noterete che in bacheca sono affissi, a decine, pubblicità di convegni sulla famiglia tradizionale che alcuni (chi sa chi) cercano di sfasciare, o sulla via buonista, moralistica e ideologica (unica via che i ragazzi di tutte le generazioni conoscano) per vincere il fenomeno della droga o sul concetto indiscutibile di indisponibilità del bene “vita”.
Allora, qual è la soluzione? Beh, mi sembra evidente che la società si configura oggi sempre più come il prodotto di un luogo dove vige l'incapacità di far circolare proposte alternative al regime. Il regime ci impone una sola strada fintamente alternativa: quella del settarismo istituzionalizzato del quale alcuni compagni della sinistra si considerano fieri sostenitori. Perché questa società si nutre dei settari che “con il fascista (ma nemmeno col semplice avversario) non ci si confronta”, ed ha bisogno di mantenere intatto ogni rapporto di forza, culturale (ecco perché i digiuni e gli imbavagliamenti ed ecco perché la politica del “dentro tutti tranne”).
Non possiamo rinunciare allora a proporre idee e strade di alternativa reale al regime clericale, dove clericale vuol dire imposto dall’alto e allergico a tutto ciò che coincide con la libera informazione, il conoscere per deliberare. Ecco perché è necessario incalzare i partiti, democratici e non, e costringerli ancora una volta a non sottrarsi al dialogo e a non farci mettere nell’angolino delle iniziative di parte senza contraddittorio; ecco perché è indispensabile incunearsi nel confronto morto tra chi grida per conservare e spartire, ecco perché bisogna portare dappertutto, a partire dalle scuole, il dibattito relativo a ciò su cui non si può dibattere. Droga e sesso in primis.

venerdì 5 ottobre 2007

Lettera al Sindaco Marinotti.


Egr. Sig. Sindaco,

Le scrivo per manifestare innanzitutto il mio più vivo ringraziamento per il voto unanime espresso da tutti i consiglieri in occasione dell’ultimo Consiglio Comunale sulla proposta di ordine del giorno avente ad oggetto la moratoria ONU delle esecuzioni capitali: si è trattato di un grande momento di crescita democratica per l’intera città di Francavilla Fontana.
La battaglia che il nostro governo sta sostenendo, con l’aiuto prezioso dell’Associazione “Nessuno tocchi Caino” e dell’azione nonviolenta dei deputati radicali, ha bisogno tuttavia del supporto costante e convinto dell’intero Paese: il voto del Consiglio non può insomma rimanere un gesto tanto nobile quanto isolato.
E’ per questa ragione che mi appello nuovamente alla Sua sensibilità e Le chiedo formalmente un nuovo sforzo, simbolico quanto concreto. Mercoledì 10 ottobre, in occasione della giornata mondiale contro la pena di morte, La invito a voler lasciare che le stanze del Palazzo di Città restino illuminate per tutta la giornata e fino a notte fonda, in modo da far pervenire ai cittadini la contrarietà, Sua e della nostra comunità, ad ogni forma di omicidio di Stato, e in modo da infondere una luce di speranza per chi crede nella vita del diritto.
Il tutto potrebbe essere adeguatamente pubblicizzato con i mezzi e gli strumenti che Lei riterrà più opportuni e che sono sicuro non mancherà di utilizzare.
Certo dell’adeguata attenzione che presterà al presente appello, Le porgo distinti saluti.

lunedì 1 ottobre 2007

Anche Francavilla contro la pena di morte.


Approvata all’unanimità dal Consiglio comunale di Francavilla Fontana una risoluzione con la quale si chiede l’impegno del Governo italiano a proseguire la campagna per la moratoria universale sulla pena di morte, si appoggia quanto già realizzato in maniera encomiabile dal Presidente Prodi e dal Ministro D’Alema e si aderisce alla campagna sulla moratoria indetta dall’associazione “Nessuno Tocchi Caino” in tutte le città, Province e Regioni d'Italia. L’iniziativa è stata presentata a Francavilla dal consigliere della Margherita, avv. Carlo Tatarano, su invito dell’Associazione radicale “Diritto e Libertà” di Lecce, Brindisi e Taranto.
Finalmente un esempio di politica costruttiva ed un messaggio culturalmente significativo che giunge anche dal nostro Comune solitamente così pigro e incapace di fornire esempi dignitosi.

sabato 29 settembre 2007

Amato mio...


“Divieto con sanzione amministrativa applicabile dai vigili urbani per l'esercizio di quell'attività in strade frequentate da minori o vicino a luoghi di culto. E per i clienti multe non conciliabili, con il verbale che deve arrivare a casa”. E’ questa la soluzione che il Ministro dell’Interno ha proposto per combattere il fenomeno della prostituzione. La ridicolaggine della posizione di Amato è del tutto evidente tanto quanto ignorata dall’intero ambiente politico, che evita vilmente di riconoscere un principio tanto elementare di rispetto delle libertà.
Sostengo da tempo l’assurdità di una posizione repressiva, anche in tal senso, con provvedimenti volti a ledere la sfera individuale, e nello stesso tempo ritengo indispensabile una svolta antiproibizionista che da Stato liberale sappia evitare ogni intrusione in una sfera personale che si addice solo ad un regime totalitario e ad uno Stato etico.
Ho pertanto trovato perfettamente puntuali le parole di Piero Ostellino (Corriere della Sera 29 settembre 2007), parole dettate dal buon senso e dalla coerenza per i principi di libertà così vergognosamente svenduti per i soliti giochetti di opportunismo politico.
“Lo Stato ridotto a delatore delle mogli tradite è un’indecenza peggiore delle abitudini dei loro mariti. Dico di più, anche vendere il proprio corpo è un diritto soggettivo e come tale inviolabile”.
Tutto il messaggio dell’opinionista del Corriere (che sottoscrivo) può essere riassunto in queste semplici quanto ovvie conclusioni di persona rispettosa della privacy e delle condotte private altrui; ossia di persona laica (per curiosità: che ne pensano Veltroni e il suo Pd?).

giovedì 27 settembre 2007

Perché non voterò alle primarie.


Il percorso accidentato intrapreso dagli esecutori materiali (ma non ideatori)del PD è in realtà un viaggio già voluto e sognato molti anni fa da qualcuno che oggi viene escluso di fatto da ogni progetto che conta.
L’idea di un Pd quale partito aperto, nuovo e antiburocratico ha lasciato il campo ad una realtà purtroppo diversa e nota a tutti: gli elettori del 14 ottobre andranno a compiere un atto di pura presenza, nel quale l’unico risultato in bilico è l’ultimo posto. Nullo è il messaggio che viene da quelle stanze, umiliante ed umiliato è l’antico progetto che si sta tramutando in realtà, delusi sono tutti coloro che si sono addormentati con questa speranza di cambiamento (dai cosiddetti “giovani”, poveri loro, usati e snobbati, agli ulivisti della prima ora come Parisi) e si sono svegliati privati di quella creatura che altri hanno disprezzato per anni e oggi possiedono e plasmano indegnamente a loro piacimento; un Pd che non ha saputo aprirsi ad altri che non fossero figli di Dc e Pci, che ha escluso i cosiddetti figli di un Dio minore, di una storia altamente democratica e non degna di essere aprioristicamente ghettizzata. Sì a tutto e a tutti, tranne a Pannella, come fu per il rifiuto di Luca Coscioni e della sua faccia tra i simboli dell’Unione, come per le battaglie di libertà di Piergiorgio Welby. Non a caso si è sacrificato sull'altare di questo miserrimo compromesso ogni diritto civile, ma in generale ogni scelta riformatrice, ogni svolta antipartitocratica. Sarà una coincidenza se sono sparite a livello nazionale tutte le discussioni già poco tollerate su testamento biologico, “dico” e ogni argomento capace di dare un'impronta, di qualunque genere. L'incoronazione di Veltroni e un risultato già scritto sono ciò che resta di un progetto che non ha visto la contrapposizione di nessuna idea, che non ha visto neppure un confronto pubblico e che è il simbolo del berlusconismo della "nuova" pseudo sinistra.
Si può salvare il Pd da se stesso? Temo che siamo di fronte ad una storia vecchia di 60 anni, in cui il compromesso storico si ripropone in formato bonsai con un nome nuovo del quale costoro si servono illegittimamente. Allora, facciamo sì che anche gli esclusi da quello che da quattro mesi è l’argomento del giorno su tutti i giornali possano trovare spazio nel “non dibattito” per la nascita di un partito che per ora non è neppure un travaso di due apparati, ma è ciò che resta di una spietata selezione burocratica.

martedì 25 settembre 2007

Il liberismo è di sinistra?


Questa la domanda che Giavazzi e Alesina si sono posti nel loro ultimo libro. In realtà la loro è una affermazione vera e propria o, meglio, una conclusione preceduta da una lunga analisi nella quale si propongono di convincere il pubblico che l’apertura del mercato è una realtà tutt’altro che produttrice di ingiustizia.Oggi quale posto hanno vecchi stereotipi di (cosiddetta) sinistra come la lotta alla meritocrazia, come l’assistenzialismo, come la contrarietà ad ogni forma di apertura alla concorrenza? I due economisti portano l’esempio dei medicinali da banco il cui prezzo, in seguito alla liberalizzazione voluta da Bersani, è sceso del 20-30%, consentendo allo stesso tempo ad un numero notevole di laureati di inserirsi in un mercato che prima era chiuso.Soprattutto i più giovani possono sulla loro pelle confermare quale beneficio è stato creato in un mercato come quello telefonico (pensate se ci fosse solo la telecom)o quello aereo, in cui le compagnie come Ryanair e Easy-jet hanno sbaragliato il campo e sono divenute lo strumento grazie al quale oggi si può andare e tornare da Brindisi a Londra con poche decine di euro. Due estati fa sono andato a Stoccolma con meno di 100 euro; sul mio aereo viaggiava anche una giovane famiglia evidentemente modesta, che aveva trascorso la notte in aeroporto. Allora l’esistenza di queste compagnie si può dire che non sia dalla parte dei più poveri?E Alitalia? Si regge sui soldi degli Italiani e ormai con essa nessuno ci viaggia più.Perché questo sistema regga è indispensabile il lavoro delle autorità garanti, organi indipendenti tenuti a vigilare che il mercato non venga falsato a danno di chi se ne serve.La meritocrazia è un concetto di destra, dove per destra intendiamo conservatore, o di sinistra, ossia dalla parte del progresso, della giustizia? Beh, penso che se tanti settori del mondo del lavoro non funzionano lo si deve al fatto che si è trattati tutti allo stesso modo, chi rende e chi no, chi si impegna e chi no.Prendete la scuola: cosa succederebbe se gli insegnanti venissero retribuiti sulla base del loro rendimento? Oggi quelli che lavorano bene vengono inghiottiti dai nullafacenti. Licenziare un fannullone è un atto di giustizia tanto quanto lo è assumere un giovane brillante senza occupazione. La Danimarca resta il modello per tutta l’Europa in quanto permette di licenziare senza che però lo Stato lasci il lavoratore con le spalle scoperte, dandogli un sussidio di disoccupazione che può durare fino a tre anni, nei quali lo stesso lavoratore è tenuto a cercare( e a non rifiutare) un’altra occupazione. Alla legge 30, che ha creato tre milioni di nuovi posti, andrebbe affiancata allora una riforma proprio nel senso della creazione degli ammortizzatori sociali.E le pensioni? Si può pensare di smettere di lavorare a 57 anni quando l’età media arriva quasi a 90? Cosa è se non ideologia quella che impedisce di parlare di innalzamento dell’età pensionabile? D’altro canto, perché non si pensa ad un ribaltamento del concetto di pensione, da obbligo a facoltà? Perché si deve costringere un lavoratore a lasciare il posto una volta che ha raggiunto i 65 anni, obbligandolo a scegliere tra la depressione e il lavoro nero?E, ancora, perché le donne prima degli uomini, condannandole al lavoro a casa, alla dimensione di baby sitter e badanti?Insomma: il liberismo, inteso come superamento ed abbattimento delle lobby e dei monopoli(che significano ricchezza per pochi e servizi resi alle condizioni svantaggiose indicate da quei pochi), non può che essere una scelta votata alla creazione di nuovi posti di lavoro e nello stesso tempo all’abbassamento dei costi di tutti i servizi per coloro che se ne servono. Dunque non si può che concordare con le conclusioni dei due economisti.

martedì 18 settembre 2007

La Madonna non vuole.


Trovo francamente paradossale la polemica innescata nei confronti del Sindaco Marinotti e della sua assenza in occasione della processione della Madonna della Fontana. Ho tante volte sottolineato l’assurdità di questa usanza, della sfilata di amministratori e semplici consiglieri, ma come sempre la mia rimane una voce isolata, alla quale nessuno ha mai voluto replicare sia pure per dissentire.
Appare quanto meno singolare che la mia parola rischi di essere percepita quasi a difesa di Marinotti, il quale per la verità non ha saputo argomentare, se non con un lapidario “stendiamo un velo pietoso”, riuscendo così a scontentare tutti nel tentativo di non scontentare nessuno (pare non si sia recato alla processione per impegni personali e inderogabili e io, ahimè, ci credo). Una dolosa assenza ed una volontà di non farsi vedere in circostanze come quella suddetta è ciò che si imputa al Sindaco. Avrei tanto gradito che quest’ultimo ci avesse espresso la sua personale contrarietà a pubblicizzare la propria immagine in una occasione nella quale in molti hanno sempre attinto, burlando l’elettorato secondo una tattica tanto populistica quanto antipopolare. Non capisco perché i fedeli non si sentano offesi dalla presenza dei politici in veste ufficiale: non è facile per un Sindaco con l’operato di Marinotti recarsi alle Feste come il 1 maggio o il 25 aprile; ma a quelle è giusto che si esiga la sua presenza. Al contrario, dietro la processione religiosa credo che i rappresentanti delle istituzioni laiche, che pure non perdono occasione per confondere le acque, non dovrebbero marciare strizzando l’occhio alle autorità ecclesiastiche. Qualcuno dovrebbe invitare il Primo cittadino, insomma, a comunicare che la sua presenza non è affatto necessaria né opportuna, ma che alla processione, se riterrà, ci andrà il dottore Marinotti, non il Sindaco.

lunedì 17 settembre 2007

Grillo, indulto e populismo: viva Sergio D'Elia.


Sto seguendo silenziosamente e con attenzione il fenomeno Grillo venuto alla ribalta da un po’ di tempo. Quel fenomeno che avrebbe rivoluzionato la politica italiana, che avrebbe finalmente dato una ventata di aria nuova e pulita a questo mondo (politico, per carità!)sporco, fatto di ladri e imbroglioni. Serve una legge contro i condannati, contro i professionisti della politica, una legge che porti tanti Di Pietro a sedere tra i banchi del Parlamento. Basta con questi indulti, con le strade piene di gente che esce dalle galere…
Quanta tristezza, quanta rozzezza c’è nel messaggio grillino? Ora se ne sono accorti anche i compagni Ds, una volta pronti a cavalcare il becero populismo forcaiolo, oggi ben attenti a liquidare certi atteggiamenti che osano criticare anche la cosiddetta sinistra del futuro e il Governo presente. Ma torniamo a Grillo.
La sera del V-Day ero a Bari. Alcuni amici del tutto estranei ad un benché minimo interesse politico mi si avvicinarono entusiasti per comunicarmi di aver firmato l’appello di Grillo e per invitarmi a fare altrettanto. Fui colto da tanta delusione, da un sentimento di scoramento nell’accorgermi di come l’invito a mandare un deputato a quel paese sia di così facile presa su persone che non ne hanno mai fatta, di politica. Allora poi pensavo alla fatica immane che gente come me è costretta a compiere per convincere ragazzi o anziani, donne o uomini a firmare un appello sulla eutanasia o contro la pena di morte.
Ancora: possibile che quando il comico parla a vanvera di indulto, nessuno lo affronti per ricordargli che il nostro Paese era in condizioni di delinquenza conclamata, quando più di 2/3 del Parlamento votò a favore? Possibile che nessuno si assuma la responsabilità di affermare con orgoglio di aver sostenuto quel provvedimento? Possibile che nessuno sappia ricordare che in Italia i detenuti erano quasi ventimila unità oltre alla capienza delle carceri? E che solo il 17% degli detenuti è tornato a delinquere ( a fronte di una percentuale che si aggira normalmente intorno al 68% nei casi in cui la pena venga espiata completamente)?
Il carattere rieducativo della pena pare essere un elemento del tutto estraneo alla cultura reazionaria di Grillo, forte del qualunquismo giustizialista che sta provocando i soliti danni che si è sempre storicamente trascinato con sé. Sparirà, sia chiaro. E’ un vento che va e viene.
Lasciamo, nel frattempo, che siano i cittadini a scegliere se fidarsi o meno e votare per un uomo con una fedina penale pubblicamente conoscibile. Lasciamo che siano i cittadini a poter decidere se due stagioni trascorse in Parlamento siano un punto negativo o un elemento di esperienza utile. Occupiamoci di capire che non è importante essere politici per sentire un dovere di onestà e che la prova va data giorno per giorno, nel fare quotidiano, nelle azioni più piccole e apparentemente insignificanti. La politica è lo specchio della società e la società cosiddetta civile non è né meglio né peggio dei suoi rappresentanti istituzionali.

lunedì 10 settembre 2007

Il centrosinistra e la critica.


Quali sono le ragioni che portano oggi ad una mancanza di sintonia tra le teste libere e i partiti di centrosinistra di Francavilla?
Il ruolo di chi scrive e si rivolge, tendenzialmente ma non ciecamente, ad un certo schieramento politico, è molto delicato; tali personalità andrebbero trattate con grande attenzione, direi amorevolmente, dai vari esponenti di partito. L’intellettuale può essere un finto pensatore, un semplice sponsor di chicchessia, ed è un conto; ma è una questione di stile e di credibilità che non credo convenga a nessuno.
Se, invece, una personalità di indubbio valore, come il prof. Filomeno, si permette di muovere delle critiche nei confronti del centrosinistra penso che questa debba essere un’occasione sulla quale riflettere e non un motivo di rancore.
Questo centrosinistra merita delle critiche, allora? La lite furibonda che per oltre un anno si è stancamente trascinata fino alle primarie e il successivo inevitabile logoramento della coalizione, sono dati di fatto che certamente hanno reso impraticabile la nascita di un dibattito programmatico alternativo alla destra; durante le amministrative, l’unica “alternativa” che si pose, a sinistra, fu tra l’andare divisi tra più candidati (e riconsegnare, con le braghe calate, la città alla destra) oppure ritrovare l’unità con un unico candidato, senza che però ci si azzardasse a parlare di contenuti. Si optò per questa seconda soluzione, non meno suicida della prima.
All’epoca della campagna elettorale, suggerii che per il centrosinistra sarebbe stato utile ( anzi, indispensabile) formulare una proposta paradossalmente capace di far perdere definitivamente le già miserrime speranze di vittoria ( pensai, ad esempio, alla chiusura al traffico del centro storico, ma non fui degnato neppure di una risposta); insomma, la sconfitta era a portata di mano. Tuttavia, prevalse l’immobilismo e si preferì limitare i danni piuttosto che rischiare tutto.
Relativamente poi alla capacità di confrontarsi, anche nel mio impegno a favore della Associazione Coscioni, ho più volte sottolineato il sempre più speculare atteggiamento della sinistra rispetto alla destra nei confronti pubblici aperti e non faziosi, sabotati da quasi tutta la politica ufficiale, direi scientificamente ( come quello alla presenza di Mina Welby sull’eutanasia). E’ solo un caso che invece nessun esponente del centrosinistra manchi quando a giungere nella nostra città è un qualunque rappresentante di partito? Me la prendo con la sinistra perché mi aspetterei una maggiore predisposizione all’ascolto. Tutto qui.
Ora: ciò, non ha nulla a che fare con una volontà di silenziare le responsabilità della destra, che sono tante e tante, arcinote e scontate, ma che non sono sufficienti a colmare le mancanze del centrosinistra. Non basta non avere sulla coscienza la colpa della cattiva gestione: Parentopoli e discarica non possono essere più la trincea del centrosinistra e il suo unico messaggio propositivo per illuderci che le cose peggio di così non potranno mai andare.

venerdì 31 agosto 2007

Pd: lava via lo sporco in due secondi...


C’è qualcosa di assolutamente strano nella polemica innescata in questi giorni, che ha visto coinvolti molti amministratori di centrosinistra. Sia chiaro: ritengo che chiunque debba accettare le regole di convivenza e che non debbano esistere zone dove sia consentito non rispettarle. Ma ciò che mi pare stia accadendo è qualcosa di molto diverso dal semplice commento ad una ordinanza. Si è infatti dato vita ad un dibattito che ha il sapore di scelta politica legata strettamente alla nascita del Partito Democratico, un cambio di rotta allarmante per le sorti, prima di tutto “culturali”, non solo della sinistra ma anche dell’Italia. C’è un cambio di strategia schizofrenico e affrettato nei confronti delle realtà scomode e di disagio. Ciò che preoccupa non è il tentativo di voler far rispettare le regole: anzi, l'atteggiamento buonista è stato tante volte un limite della sinistra del nostro Paese. Sembra tuttavia paradossale che si debba discutere per giorni e giorni di una questione come quella dei lavavetri, attribuendole una enfasi piuttosto sospetta e quasi riducendo gli enormi problemi dell’Italia a questo solo fenomeno. Se ci fermiamo al divieto, allora capiamo bene che l’uomo di sinistra si trova in difficoltà nel riuscire a contemperare la tutela, da un lato, per le (sacrosante) esigenze di libertà di circolazione del normale cittadino e, dall’altro, per la sopravvivenza del lavavetri. La destra, però, è coerente con la sua storia quando non si cura del povero, del diseredato; la sinistra, no.
Vero anche che esistono fenomeni molto più gravi come quello dei parcheggiatori abusivi, pericolosi estorsori più che tollerati nelle grandi città amministrate dalla destra o dalla sinistra (penso a Napoli).
Allora si potrebbe pensare di trovare soluzioni più tolleranti e includenti, come “regolarizzare” la figura del lavavetri in alcuni postazioni delle città, seguendo l’interessante proposta formulata da un assessore fiorentino. E’ un’idea.
In definitiva, l’illusione ( certamente proibizionista, quindi buona per la destra tanto quanto per questa sinistra) di risolvere il fenomeno semplicemente cancellando dai nostri occhi lo “sporco” (che oggi è il lavavetri, domani il tossicodipendente e dopo domani la prostituta), è una pura chimera dal sapore assolutamente populistico: aggettivo, questo, che si addice sempre più e meglio alla politica dei futuri “proprietari” illegittimi del Partito democratico (bidone).

mercoledì 11 luglio 2007

Uno su tre...se le fa.


Dati “sconvolgentemente scontati” quelli diffusi dal ministro Ferrero in relazione all’uso di droghe nel nostro Paese.
Ancora una volta l’ideologia antiscientifica capitola di fronte ai risultati che non abbisognerebbero di alcun commento.
Nel 2006 i morti per overdose sono stati 517 contro i 24mila per alcool, a testimonianza della superficialità con la quale si continua a ritenere la droga, solo per concezioni ideologiche, più pericolosa rispetto all’alcool.
Negli ultimi tre anni sono poi aumentati del 45% i consumatori di marijuana, che ormai raggiungono l’enorme cifra di un Italiano su tre.
Di questi, l’87% non assume alcun altro tipo di droga, a riprova di come non è per nulla consequenziale, ma anzi del tutto sporadico e infrequente, il passaggio a droghe pesanti.
Il nostro Paese, secondo in Europa per consumo di cocaina, vede, accanto ad un netto abbassamento dei prezzi ( e quindi ad una possibilità sempre maggiore di accessibilità a tutte le tasche), un calo anche della purezza del prodotto ( con il rischio che anche le sostanze come le droghe leggere possano causare degli effetti più drammatici di quanto non produrrebbero in natura).
Infine, la politica repressiva e proibizionista non paga neppure dal punto di vista educativo, tutt’altro: sempre meno giovani considerano infatti la marijuana una sostanza dannosa ( molti di più quelli che considerano il tabacco un rischio serio per la salute, grazie ad una capillare campagna informativa) e ciò certamente non a causa di chi si propone di introdurre la legalizzazione, quanto piuttosto per colpa e responsabilità delle campagne ideologiche tendenti a gettare tutto in un unico calderone: non a caso lo stesso approccio si vive nella medicina dove l’uso di oppiacei e cannabinoidi per i malati terminali viene impedito e ostacolato solo in ragione di una campagna di demonizzazione contraria a quei prodotti solo in quanto definiti “droga” (e non a caso siamo il 100esimo Paese nell’uso terapeutico di tali sostanze). Poco importa se quella sostanza è un efficace antidolorifico per persone affette da Hiv, Aids, sclerosi multipla e demenza.
Stante la totale sfiducia che la destra genera in merito ad una proposta o soluzione decente del problema ( si veda la legge Fini-Giovanardi), mi chiedo se la politica italiana vorrà una volta per tutte trarre qualche dignitosa conclusione: in particolare, se il futuro Pd vorrà prendere il toro per le corna e comprendere che un partito riformista non può prescindere dall’affrontare in maniera laica una questione sociale come è quella sull’uso delle droghe, con la necessaria e primaria differenziazione tra leggere e pesanti. Che qualche esponente locale iniziasse a raccogliere l’appello.
Ancora una volta sono i dati a sconvolgere maggiormente. L’ipocrisia di uno Stato etico, che decide per noi, soccomba a favore di una responsabilizzazione dei cittadini, di un approccio educativo fondato sulla informazione scientifica e contrario ad ogni repressione tendente a punire chi procura (o non procura) un danno a se stesso.

giovedì 21 giugno 2007

L'ASSOCIAZIONE COSCIONI SCRIVE ALL'ASSESSORE TEDESCO.


Gentile Assessore Tedesco,

Le scriviamo perché pensiamo che dalle Regioni possa venire un contributo importante al dibattito sulle decisioni di fine vita che si è sviluppato nel nostro Paese a partire dalla vicenda di Piergiorgio Welby.
Piergiorgio Welby era co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e nella sua lettera al presidente della Repubblica del 22 settembre 2006 scriveva: “in Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non “esista”: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti”.
Il presidente Giorgio Napolitano scriveva nella sua risposta: “penso che tra le mie responsabilità vi sia quella di ascoltare con la più grande attenzione quanti esprimano sentimenti e pongano problemi che non trovano risposta in decisioni del governo, del Parlamento, delle altre autorità cui esse competono”; e invitava le istituzioni “a un confronto sensibile e approfondito, qualunque possa essere in definitiva la conclusione approvata dai più”.
Grazie a Piergiorgio Welby si è cominciato a parlare in Italia di eutanasia, di accanimento terapeutico, della sospensione delle cure, espressioni su cui certamente occorre fare chiarezza, ma ciò è possibile solo se esiste la volontà di aprire un dibattito pubblico approfondito che ha come presupposto la conoscenza di quello che accade in situazioni drammatiche nelle corsie dei nostri ospedali e fra le mura domestiche.
Se non vogliamo che questo dibattito sia inquinato da pregiudizi o posizioni ideologiche occorre prendere coscienza della reale consistenza del fenomeno dell’eutanasia clandestina nel nostro Paese attraverso una indagine conoscitiva anonima, condotta su scala nazionale.
Questa necessità è resa evidente anche dal fatto che l’Associazione Luca Coscioni in poche settimane è stata capace di raccogliere più di ventimila firme, comprese quelle di moltissimi medici, su una petizione che chiedeva al Parlamento italiano di realizzare una indagine sul fenomeno dell’eutanasia clandestina.
Il Parlamento italiano al momento ha preferito ignorare la richiesta, ma restiamo convinti della necessità di tale indagine e dell’opportunità che sia promossa da istituzioni autorevoli, al fine di offrire un contributo di chiarezza al dibattito sulle decisioni di fine vita, permettendo ai cittadini, qualunque sia la loro posizione, di attingere a dati scientifici attendibili, aggiornati e rilevati su scala nazionale.
D’altra parte alcuni studi scientifici hanno rilevato con una certa preoccupazione che nella clandestinità del fenomeno le decisioni di fine vita vengono prese troppo spesso dal medico e dai familiari più che dal malato, ma anche che i medici sono costretti in situazioni drammatiche a operare in completa solitudine, tra il timore di essere sottoposti a giudizio penale e la consapevolezza, maturata in scienza e coscienza, che è giunto il momento di aiutare la persona perché la sua malattia è irreversibile e senza speranza e le condizioni di sofferenza fisica e psichica non sono più accettabili.
Per questi motivi Le chiediamo di promuovere nella Regione Puglia una indagine conoscitiva anonima sul fenomeno dell’eutanasia clandestina. Tra l’altro, Lei è dinanzi ad una grande occasione e responsabilità: rendere la Sua regione la prima del Mezzogiorno d’Italia a intraprendere tale iniziativa e ad accogliere questa richiesta ( non ideologica ma scientifica, laica) per informare ed informarsi, senza preconcetti, sul dramma del sequestro del corpo dei malati terminali. L’indagine potrà essere preceduta, se riterrà, da un incontro che una delegazione della nostra associazione, guidata da Mina Welby, avrebbe l’onore di effettuare con Lei presso la sede della Regione.
Nel frattempo, noi, come Associazione Luca Coscioni, ci adopereremo perché analoghe indagini conoscitive siano realizzate nel maggior numero possibile di regioni (come già sta avvenendo in Emilia Romagna, Piemonte e Umbria), in modo che i risultati, presi nel loro complesso, abbiano una valenza nazionale. A tal fine sarebbe importante che il lavoro scientifico e la rilevazione dei dati statistici fosse coordinato da un’unica struttura in modo da ottenere dati omogenei e confrontabili: fra gli istituti di ricerca a cui si potrebbe affidare il compito, segnaliamo alla Sua attenzione il Centro Interdipartimentale di Biostatistica e Bioinformatica dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Il Centro ha le competenze adeguate per svolgere una simile indagine, che rientra tra le attività previste dal suo Statuto.
Restiamo in attesa di una Sua gentile risposta.
Molti cordiali saluti,

Wilhelmine Schett Welby

Marco Cappato, MEP e segretario dell’Associazione Luca Coscioni

Giulia Simi, vice segretario dell’Associazione Luca Coscioni

Sergio Tatarano, Associazione Coscioni Francavilla Fontana (BR)

Andrea Trisciuoglio, Membro Consiglio Generale Associazione Coscioni (Foggia)

Aldo Bigini Majani, Segretario Associazione Bruno Leoni Club (Bari)

Francesco Mauro, Segretario Associazione Diritto e Libertà (Lecce)

Salvatore Antonaci, Membro Comitato Nazionale Radicali Italiani

martedì 19 giugno 2007

Devozione personale? No. Solo pubblica ostentazione di potere.


Non sono mai intervenuto nella discussione che ha animato il dibattito sui giornali in queste settimane, in quanto l’ho sempre ritenuta una questione che riguardava e riguarda il mondo della Chiesa, i fedeli e coloro che credono. Tuttavia, la guerra così decisa che Mons. Bentivoglio ha instaurato nei confronti della pratica dei cortei funebri e soprattutto le motivazioni addotte alla base di tale decisione, mi portano a riflettere su un punto, che invece mi sta a cuore e sul quale dovrebbe convenire la massima autorità ecclesiale di Francavilla Fontana.
Ho tante volte, anche pesantemente ed isolatamente, denunciato la squallida usanza di posizionarsi dietro le processioni religiose da parte dei rappresentanti delle istituzioni francavillesi (presunte laiche), ma non ho mai ricevuto alcuna considerazione, né dalle autorità ecclesiastiche, né dai politici, che motivasse la necessità per questi ultimi di rappresentarci in un rito a carattere religioso.
Da qui mi sorge naturale una richiesta da rivolgere a tutti e che già, per la verità, avevo effettuato più volte in passato, ma che mi pare opportuno richiamare alla luce di questa nuova discussione: il silenzio dei politici è stato fino ad ora assordante e non ho speranza in una loro manifestazione di interesse e attenzione. A questo punto quindi non rimane che ribaltare la prospettiva e chiedersi: perché le varie parrocchie non si astengono dall’invitare assessori e parlamentari a prendere parte ai riti religiosi in veste ufficiale? Perché non lasciano che i politici lo facciano, se lo ritengono, da semplici cittadini e nel completo anonimato? Mi auguro che, assieme ad un’autorevole risposta, possa giungere un segnale, una manifestazione di volontà inequivocabile dalla quale risulti chiara la distinzione tra le istituzioni politiche e la Chiesa: ciò in quanto si tratta di due entità che non hanno alcun bisogno l’una dell’altra ma che guadagnerebbero a vivere nel reciproco riconoscimento e rispetto dei ruoli.