Mi spiace tanto non essere stato presente a nessuna delle giornate della festa della sinistra francavillese, ma impegni vari mi hanno impedito di prendere parte a questo appuntamento. Me ne scuso.
Da quanto leggo sul sito, mi pare che si sia registrata una buona partecipazione di pubblico. Approfitto di questa occasione per esprimere qualche osservazione e rivolgermi a questi cari compagni cercando il più possibile di interloquire con loro, impresa non sempre facilissima.
Se fossi stato presente il primo giorno avrei preso la parola per sostenere come un partito libertario dovrebbe muoversi verso la fusione di tutte le proprie componenti, senza essere la somma di varie riserve indiane fatte da donne o giovani, ma solo da persone. Chi mi conosce sa bene come la penso a riguardo.
Il secondo giorno avrei preso la parola per rimarcare la necessità di un regime fondato, in materia di ambiente, su qualcosa di diverso dalla protezione di casa mia e dal “no” a tutto, ma piuttosto sul miglioramento di ogni strumento di governo della normalità, a partire dalla raccolta differenziata, ad esempio.
Avrei anche cercato, l’ultimo giorno, di chiedere quale sia, al di là della contrarietà ideologica ad una legge che ha creato circa tre milioni di posti di lavoro, la soluzione alternativa da “sinistra”. Avrei invitato i convenuti a chiedersi se, piuttosto che sprecare energie a garantire il pensionamento a chi è ancora vivo e produttivo (avendo 58 anni), non sia il caso di investire negli ammortizzatori sociali e nel reddito di inserimento, preoccupandosi di chi un lavoro non ce l’ha (e rifacendosi a quel progetto di abolizione della miseria di rossiana memoria), piuttosto che paralizzare il sistema per tutelare chi è già garantito e sindacalizzato.
Avrei voluto dire tutte queste cose e so bene che mi sarei tirato dietro pernacchie, fischi e magari qualche insulto mal trattenuto.
E’ una mia supposizione, magari sbagliata. Ma certo quando si leggono alcuni articoli l’impressione che se ne trae è di avere a che fare con un interlocutore rimasto ancorato a uno stile un po’ vecchio e superato eppure nella continua e cocciuta preoccupazione di rinnovarsi per spaventare il meno possibile, andando ad esempio a seppellire quell’ingombrante falce e martello che non deve essere più vista.
In un articolo ho letto che qualcuno parlava di vassallaggio, di feudalesimo e di opposizione in consiglio comunale senza palle. Mi è dunque subito tornato alla mente Bertinotti e la sua performance a dir poco inopportuna sulla maggioranza e su questo governo: come poteva un Presidente della Camera tuonare in quel modo, definendo terminata l’esperienza del centrosinistra? Ragioni di comodo, ragioni di opportunismo elettorale, ragioni di cinismo aritmetico. Allora, cari compagni, la serietà del vostro progetto deve misurarsi su questo, sulla possibilità di stare al governo senza perdere la credibilità, senza essere costretti, ad un certo punto della legislatura, a scegliere tra la scomparsa elettorale e il realismo politico. Il senso dello Stato non può essere un alibi per accettare tutto e il contrario di tutto, per castrarvi fino a che i sondaggi non vi obblighino al “testa o croce”: superare il popolo su posizioni da duri e puri, per garantirsi il 10% alle prossime elezioni, oppure restare al governo per evitare il ritorno di Berlusconi?
Vi saluto.
Da quanto leggo sul sito, mi pare che si sia registrata una buona partecipazione di pubblico. Approfitto di questa occasione per esprimere qualche osservazione e rivolgermi a questi cari compagni cercando il più possibile di interloquire con loro, impresa non sempre facilissima.
Se fossi stato presente il primo giorno avrei preso la parola per sostenere come un partito libertario dovrebbe muoversi verso la fusione di tutte le proprie componenti, senza essere la somma di varie riserve indiane fatte da donne o giovani, ma solo da persone. Chi mi conosce sa bene come la penso a riguardo.
Il secondo giorno avrei preso la parola per rimarcare la necessità di un regime fondato, in materia di ambiente, su qualcosa di diverso dalla protezione di casa mia e dal “no” a tutto, ma piuttosto sul miglioramento di ogni strumento di governo della normalità, a partire dalla raccolta differenziata, ad esempio.
Avrei anche cercato, l’ultimo giorno, di chiedere quale sia, al di là della contrarietà ideologica ad una legge che ha creato circa tre milioni di posti di lavoro, la soluzione alternativa da “sinistra”. Avrei invitato i convenuti a chiedersi se, piuttosto che sprecare energie a garantire il pensionamento a chi è ancora vivo e produttivo (avendo 58 anni), non sia il caso di investire negli ammortizzatori sociali e nel reddito di inserimento, preoccupandosi di chi un lavoro non ce l’ha (e rifacendosi a quel progetto di abolizione della miseria di rossiana memoria), piuttosto che paralizzare il sistema per tutelare chi è già garantito e sindacalizzato.
Avrei voluto dire tutte queste cose e so bene che mi sarei tirato dietro pernacchie, fischi e magari qualche insulto mal trattenuto.
E’ una mia supposizione, magari sbagliata. Ma certo quando si leggono alcuni articoli l’impressione che se ne trae è di avere a che fare con un interlocutore rimasto ancorato a uno stile un po’ vecchio e superato eppure nella continua e cocciuta preoccupazione di rinnovarsi per spaventare il meno possibile, andando ad esempio a seppellire quell’ingombrante falce e martello che non deve essere più vista.
In un articolo ho letto che qualcuno parlava di vassallaggio, di feudalesimo e di opposizione in consiglio comunale senza palle. Mi è dunque subito tornato alla mente Bertinotti e la sua performance a dir poco inopportuna sulla maggioranza e su questo governo: come poteva un Presidente della Camera tuonare in quel modo, definendo terminata l’esperienza del centrosinistra? Ragioni di comodo, ragioni di opportunismo elettorale, ragioni di cinismo aritmetico. Allora, cari compagni, la serietà del vostro progetto deve misurarsi su questo, sulla possibilità di stare al governo senza perdere la credibilità, senza essere costretti, ad un certo punto della legislatura, a scegliere tra la scomparsa elettorale e il realismo politico. Il senso dello Stato non può essere un alibi per accettare tutto e il contrario di tutto, per castrarvi fino a che i sondaggi non vi obblighino al “testa o croce”: superare il popolo su posizioni da duri e puri, per garantirsi il 10% alle prossime elezioni, oppure restare al governo per evitare il ritorno di Berlusconi?
Vi saluto.